Ah che poesia l’Antonio Bonetti in versione panettiere artigianalcasalingo, no? Ah …come manca la Gnocca del Bistek …

Ah che poesia l’Antonio Bonetti in versione panettiere artigianalcasalingo, no? Ah …come manca la Gnocca del Bistek …

… prove di “panetteria”
“Sono nato panettiere!”
Primo Aprile 1951: dopo tre anni di matrimonio per Ines e Francesco arriva il primo figlio: Antonio. La casa è piccola e modesta; casa e bottega ereditata dalla zia Placida, vedova dello zio Bernardo. Placida Leoni senza marito, senza figli, con piccola drogheria da aprire tutti i giorni, cede volentieri il negozio al nipote Francesco, detto Bistek, soprannome suggerito dalla sua alta e sottile statura, uno stuzzicadenti, in dialetto “steck”. E’ arrivato da lunga prigionia in Inghilterra con tante idee per la testa, vuole portare novità e innovazione nel piccolo paese di Trescore. Il negozio di scatolame, dolcetti, merluzzo e arringhe, vino, saponi e detersivi, ha il suo bel giro di clienti, ma lui ha in mente il pane: un bel forno moderno e funzionale per far “concorrenza” alla storica panetteria delle sorelle Mulazzani, “le benedete”, negozio e forno in centro paese.

Così dopo il matrimonio con Ines, sorella di Gianni e Franco Bolzoni, ebbene sì, i titolari della trattoria Fulmine sono miei zii, e firmando una montagna di cambiali, nel retro di casa, al posto di vecchia stalla in disuso, i miei nel 1950, “fabbricano” grande caseggiato con pianoterra adibito a laboratorio e forno per il pane, e al primo piano ampio magazzino per la farina. Nelle case di allora, famiglie con tanti figli, nonni e nipoti, zii, zie vedove o zitelle, l’appetito si placava con grandi quantità di pane. Il fornaio Tugneto, a spalle portava ceste e ceste di pane: michette, biove e “pà da mistura”, con farina di granoturco e frumento, e nei fini settimana dolci “chisole” ricche di zucchero, strutto o grasso d’oca. In Inverno la famiglia Bistek viveva nel laboratorio annesso al forno, l’unico ambiente di casa ben caldo, con forno per cucinare e tanta acqua calda per salutari bagni in tinozza di legno.

Sono passati tanti anni ma la bianca farina mi è rimasta addosso; ecco forse spiegata la mia insaziabile voglia di pane e dolci, e mi commuovo pensando alle lucide piastrelle bianche e azzurre del mirabile Forno 900, orgoglio di famiglia, alla braccia vigorose dell’impastatrice meccanica, e al pane, chili e chili di buon pane, ore e ore di lavoro incessante, dalle ventidue per la “bigha lievitata” sino alle undici del giorno dopo, quando finalmente vedevo Tugneto inforcare la Vespa per tornare a casa, a Vailate: che tempi!

Chapeau all’ Antonio Bonetti, appassionato cuoco ricercatore del Bistek di Trescore Cremasco e … poeta.

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