Critica musicale

Critica musicale

Ѐ bella la sottile musica di Debussy? Direi che dipende dagli stati d’animo di chi la ascolta. Il mare suscita qualche emozione laddove cresce in un’onda più focosa, ma nell’insieme la visione è sottomarina, come quella di un delfino che a volte emerge per raccontare storia di un altro mondo. Debussy usa gli archi a suo uso e consumo, ma non convince. Almeno chi conosce il mare, sa che la nota è sfuggente, guarda soltanto l’onda e neppure quando è incazzata. Solo la immagina. Debussy è come farsi una tirata di oppio.

Erik Satie suona il pianoforte come se guardasse a se stesso. Poi scopre di essere triste e ci regala Gymnupedies, forse una delle più sublimi tastierate amate dagli innamorati. Sono stato innamorato e, una tantum, corrisposto: Dio lo abbia in gloria.

Ravel entrò nella mia vita come un uragano, ma con La Valse, che raccontava della puzza di kerosone che lustrava il Ring di una Vienna ormai morente. Ravel mi piace perché ti racconta come vanno le cose a poco a poco, però non rinuncia a essere quello che in fondo non è. Uno spagnolo e vi assicuro che non è facile.

Neppure per Joaquin Rodrigo che spagnolo era e non sapeva ancora se era vero o no, perché la poesia si sa che è una bestia strana, turba i giovani. Il “Concerto di Aranjuez” ferisce a morte e chi lo ha ascoltato, innamorato e certamente non corrisposto, avrà turbe oniriche fino alla morte.

Di Mahaler conosco soltanto ciò che è stato scelto da Luchino Visconti per “Morte a Venezia”, ma siccome sono uno zoticone senza arte né parte, il resto lo trovo palloso quasi quanto la lettura dell’elenco telefonico. Uno sfarinamento di palle che applico anche alla minuziosa ricerca pianistica di Schubert, un cacastecchi che è riuscito a mettere insieme uno spartito per soli mignoli. Stava sul cazzo a Beethoven e sono d’accordo.

Il Sordo era un genio ma anche, nell’intimo, un godereccio mistico al pari di Mozart. Non so se a voi è mai capitato di dirigere l’orchestra davanti a uno specchio. Roba da far venire la pelle d’oca. Personalmente ho diretto anche il Bel Danubio Blu di Strauss (che non c’entra un cazzo con i Maestri) ma ho avuto il raro privilegio di un giro di walzer con Sissi l’imperatrice. Al termine lo specchio era esausto.

Concludo questa breve escursione in un mondo che non conosco con un tocco popolare. Vi è anche una musica malandrina, che e a volte scaturisce da un bicchiere di troppo e allora “vai col liscio”. Un dramma per la ballerina, sia pure di virtù negoziabili almeno sulla pedana in cemento, perché deve sopportare almeno due cose: le pestate di piedi e, soprattutto, l’alito puzzolente di chi non è più in grado di condurre la danza.

  Beppe Cerutti

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