Da Castelleone al calcio che conta: La Gazzetta intervista il Mitico Renato Villa

Da Castelleone al calcio che conta: La Gazzetta intervista il Mitico Renato Villa

Una carriera passata per gran parte tra i dilettanti, vestendo le maglie di Soresinese, Pergocrema, Pizzighettone, Pontevico. Poi, nel 1986, il grande salto, in serie B, nel Bologna di Gigi Maifredi, l’uomo che lo consigliò, a sorpresa, all’allora presidente rossoblù Gino Corioni. E dopo una sola stagione, alla soglia dei 30 anni, ecco che arriva la serie A dei grandi nomi: Maradona, Gullit e Van Basten, giusto per citarne qualcuno. “Facevo la raccoltà delle figurine, e a 30 anni mi sono ritrovato a giocare contro quelle figurine”.

La storia di Renato Villa ha qualcosa di romantico. Il “Mitico”, come ancora oggi lo chiamano, ora è il responsabile del settore giovanile del Real Casalecchio ed organizza diversi stage calcistici per i ragazzini, “gli unici che mi regalano un’emozione”. L’ex difensore si è raccontato in un’intervista a La Gazzetta dello Sport.

“Non ce n’è uno che mi chiami Renato Villa: qui a Bologna per tutti, anche a 25 anni dal mio ritiro, rimango ‘il Mitico’. E la cosa non può che farmi sorridere. Secondo me i motivi sono principalmente tre. In campo ho sempre dato tutto quello che avevo. Ho sempre mantenuto la mia semplicitò, mi fermavo a parlare con tutti, E poi, cosa più importante, ero un ragazzo della curva che ce l’aveva fatta. Quando arrivai in B il molti mi scrissero, volevano fare il mio stesso percorso. Quando mi chiamò Corioni per portarmi al Bologna gli risposi: ‘Non mi prenda in giro’. E invece era tutto vero. Con Maifredi sono cresciuto molto, la sua difesa a zona sembrava fatta apposta per le mie qualità. E pur essendo alto solo un metro e settanta, su ogni angolo mi trovato a marcare i più alti”.

E con il Bologna fu A al primo colpo. E lì il “Mitico” sfidò alcuni tra i giocatori più forti di sempre. “Van Basten, Gullit e tanti altri. E poi c’era Maradona. Ho sempre sognato di marcarlo, mi è capitato di farlo per 5-6 volte. Era un giocatore di un altro pianeta. Prendeva botte e non diceva nulla, perchè aveva pazienza con noi umani”. Ma quando gli viene chiesto chi lo ha messo più in difficoltà, Villa non ha dubbi. Sauro Frutti, attaccante del Modena in Serie B. In un anno mi segnò sia all’andata sia al ritorno. Poi Gullit, con il suo scatto micidiale. Nel Bologna simile a Ruud c’era Turkylmaz, ma non aveva la testa”. Mentre un giocatore che avrebbe voluto al proprio fianco è “Baresi, insieme avremmo potuto difendere in due”. Villa riflette anche sul cambiamento della serie A. “Si dice che nel calcio di oggi si corre di più, ma la verità è che i ritmi attuali sono più alti perchè si gioca in 30 metri. Siamo pieni di stranieri, quando sarebbe meglio pescare un po’ tra i giovani. E poi c’è la VAR: quello che serviva per rendere il calcio un gioco telecomandato. Prima c’erano le gare vere, con episodi dentro e fuori dal campo. Io stesso mi sono picchiato a pallone lontano. Poi si restava comunque amici”.

In chiusura, Villa si concede una riflessione sul suo rapporto coi tifosi. “Mi ricordo che a chiamarmi ‘Mitico’ fu un sostenitore del Bologna. Si tratta di Lucio Dalla. Una volta disse: ‘Villa mi fa impazzire’. Anche se in realtà per la prima volta vidi quel soprannome su uno striscione a San Benedetto in serie B. Ricordo che chiamorono perfino una squadra di basket “Mitico Villa”. Quando, dopo il primo anno di A, Corioni sembrava intenzionato a vendermi, i tifosi del Bologna scrissero su tutti i muri della città: ‘il mitico deve restare’. Lì capii che mi volevano davvero bene”.

La versione completa dell’intervista è stata ospitata dall’edizione di lunedì 15 gennaio de La Gazzetta dello Sport

Stefano Mauri

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