Dal ritorno di Soneri alla povera Yara: intervista con Valerio Varesi

Dal ritorno di Soneri alla povera Yara: intervista con Valerio Varesi

Questa settimana abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il giornalista scrittore Valerio Varesi, inventore, tra le varie (tante e belle) cose che fa, del commissario Soneri, il poliziotto malincoaffascinante reso mediatico dalla fiction televisiva interpretata dall’attore Luca Barbareschi.

Come vive il tuo e nostro poliziotto questi tempi troppo socialvirtuali e poco socialreali?

Soneri non si è mai trovato troppo bene nel mondo multimediale non essendo un nativo digitale. Lascia questo tipo di indagini all’ispettore Juvara che è giovane e naviga con facilità. Non ha nemmeno grande fiducia nella polizia scientifica, nel senso che la considera un coadiuvante di per sé monco in mancanza di un’idea investigativa. Ecco, lui è un cultore dell’indagine fatta scarpinando, parlando con le persone, immedesimandosi in un contesto culturale essendo fermamente convinto che i delitti nascano per una serie di ragioni che ineriscono certamente alla responsabilità del soggetto, ma anche al mondo in cui il delitto stesso matura.

Il commissario Soneri e la strategia della lucertola (Frassinelli) è il titolo del tuo ultimo romanzo: giallo particolare ambientato nella Bassa Emiliana che però potrebbe essere inserito in un’altra, una qualsiasi, provincia italiana?

Parma e il suo malaffare è, in scala ridotta, lo specchio dell’Italia.

Verrai anche a Crema per la presentazione?

Sto preparando un giro di presentazioni e se mi inviteranno verrò molto volentieri a Crema dove, peraltro, mi sono trovato sempre bene. Così come a Cremona dove sono quasi di casa.

Hai altri profetti editoriali in cantiere?

Sì, ho un progetto a cui sto lavorando che esula dal giallo ed è la prosecuzione della disamina della storia d’Italia cominciata con La sentenza e proseguita con Il rivoluzionario. Cercherò di raccontare gli anni dal 1980 alla discesa in campo di Berlusconi.

Come indagherebbe Soneri sulla tragedia, ahimè reale della povera Yara?

La vicenda di Yara mette in luce come l’indagine scientifica manchi sempre di qualcosa. Se è vero il risultato del Dna, abbiamo o no l’identità biologica dell’assassino? E’ possibile escludere che una parte organica di qualcuno che non è l’omicida possa essere finita sul corpo della povera bimba? Tempo fa l’ex comandante dei Ris Luciano Garofano, finissimo investigatore e uomo di grande intelligenza, mi raccontò il caso di una donna di oltre 70 anni violentata e uccisa in una valle trentina. Col liquido seminale isolarono il Dna dell’assassino, ma non sapevano da che parte cominciare per aggiungere alla identità biologica un’identità anagrafica. Fu un’idea investigativa a risolvere il dilemma, vale a dire l’ipotesi che i Dna in una valle, potessero assomigliarsi. Attraverso questa intuizione si arrivò a isolare 5 persone sospette indagando nelle cui vite, saltò fuori l’assassino. Questo per ribadire che la conduzione dell’indagine è preminente su tutto il resto con buona pace per Csi e compagnia. 

Stefano Mauri

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