Doppia voce, equilibrio precario sull’accattonaggio

Doppia voce, equilibrio precario sull’accattonaggio

Provare pietà davanti a chi soffre credo sia inevitabile per qualunque essere umano dotato di una sensibilità equilibrata. Quando mi capita di leggere o sentire affermazioni del tipo “Facciamo affondare i barconi di immigrati” o “Chissenefrega dei profughi siriani” resto incredula e mi interrogo se queste persone realmente sono convinte di ció che esprimono. Allo stesso modo sono consapevole che ciascuno di noi non puó sperare di alleviare i problemi di tutti e che una svolta in tal senso è solo utopia.

Crema ultimamemte presenta un numero elevato di mendicanti, che con una spartizione geometrica presidiano parcheggi, mercati e ogni via del centro storico.
Le etnie sono varie, come diversa è l’educazione e l’approccio ai passanti per la questua che questi poveretti manifestano.
Condannare la maleducazione e l’aggressività è semplice e condivisibile, ma io credo che questo assalto continuo, seppur in alcuni casi gentile, sia una ingiusta limitazione della libertà per più di un motivo.
Pochi di noi possono infatti permettersi di dare una moneta a tutti i mendicanti che ogni giorno trovano per strada. Ovvio che questa ragione non viene compresa da chi ha la sua sussistenza da conquistare giorno per giorno, ma non è tollerabile essere fermati e seguiti in ogni spostamento per la città.

Esagero? Assolutamente no. In un quieto lunedì mattina percorrendo le vie del centro, dal parcheggio di Porta Nova a piazza Duomo sono stata fermata da ben sei questuanti di colore (non posso dire che erano caucasici, non essendolo e ai sostenitori del “sei razzista” ad ogni costo, chiedo di evitare di lanciarmi l’ennesima fatwa antispecista). Due erano insistenti. Gli altri ripetevano la loro richiesta come un mantra al passaggio di chiunque, ma se ignorati, non tentavano l’assalto. E il lunedì non c’è il mercato e il fatto che alcuni negozi sono chiusi ne fa per molti un giorno di riposo.
Sicuramente molti di loro sono schiavi di un racket che sarebbe opportuno non alimentare, altri preferiscono questa forma di non fatica piuttosto che scaricare cassette ai mercati all’alba, ma per qualcuno di loro la nostra carità è davvero l’unico modo possibile di sopravvivere e se si pensa a ció, il fatto di non poterli aiutare diventa un tarlo che rode l’anima e che non ha soluzioni per le coscienze individuali.
Io condannerei e vieterei l’accattonaggio molesto, pur sapendo che per molti di loro una denuncia non ha conseguenze concrete, ma forse scoraggerebbe gli assalti più tenaci. Ai questuanti educati non è corretto mettere divieti e nemmeno si potrebbe trovare una legge che ne limiti l’attività.
Da combattere è il racket che li tiene schiavi, la vendita abusiva di oggetti e prodotti e le attività spesso illegali che si nascondono dietro apparenti capannelli di innocui mendicanti.
Troppo facile a scriversi e missione quasi impossibile a farsi, soprattutto  fino a quando le leggi sull’immigrazione non saranno sostenute da programmi internazionali e fatte rispettare nella vecchia Europa come sanno fare negli Stati Uniti.
Fatta la legge, trovato l’inganno? Il problema è che attualmente i secondi prosperano, mentre per la prima speriamo che un Godot esista davvero.

Barbara Locatelli

Djeng è tornato a casa. Riapparirà al suo posto puntuale attorno a marzo. Da anni staziona di fronte alla chiesa di Santa Trinità la domenica, durante la settimana si porta verso il mercato, il sabato sulle quattro vie. Non so dire quanti anni abbia. Credo attorno ai 50. E’ sempre gentile. Mi chiede come sto. Da anni gli do un euro la domenica mattina. Quando ci si incrocia durante la settimana mi fa gesto con la mano non adesso, sa che arriverò la domenica mattina.

A fine settembre torna a casa in Senegal dalla famiglia per poi tornare a Crema a marzo. Credo che abbia problemi di salute. Domenica l’ho salutato, gli ho allungato una banconota da 5 euro e gli ho augurato buona fortuna, “salutami tutta la tua famiglia”.

Djeng è una presenza fissa e costante che mi ricorda che in questo mondo la vita ha distribuito l’equilibrio sociale in modo diverso in base al luogo dove siamo nati. Lasciamo perdere tutti i discorsi sul fatto che 100 anni fa eravamo noi gli emigranti, che bisogna avere pietas sociale…

Mi domando solo una cosa. Se fossi io un giorno a trovarmi in questa situazione? E’ così impossibile? Abbiamo una rete sociale così solida da proteggerci davvero?

Queste domande me le sono fatte per la prima volta un paio di anni fa a Torino. Sotto gli eleganti portici che portano alla centralissima piazza Castello c’era una signora italiana che cercava di raccattare qualche spicciolo. Evidentemente imbarazzata per la situazione. Avrà avuto 50 anni. Mi sono chiesto che storia avesse alle spalle. Di certo nella vita non avrebbe pensato di trovarsi in quella situazione.

Allora trovo che sia veramente disumano cercare di varare ordinanze contro l’accattonaggio. Perché questo rivolo di spiccioli che drenano dai portafogli di chi ancora ha un portafoglio con degli spiccioli permettono a Djeng di tornare dalla sua famiglia come un normale lavoratore che per sei mesi l’anno vive all’estero.

em

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