Il francese adottato da Crema scrive al sindaco e dice no alla moschea

Il francese adottato da Crema scrive al sindaco e dice no alla moschea

Arriva da Facebook è da un cittadino francese residente a Crema da 15 anni il contributo forse più interessante al dibattito moschea si moschea no. Lui si chiama  François-Régis Prévot e ha scritto una lettera al sindaco Stefania Bonaldi che apre nuovi squarci nel dibattito… Eccola…

Cara Sindaco,
Sono un cittadino francese, sposato con una cremasca. Abito nella nostra città da oltre 15 anni. E la amo. La sento mia.
Ho letto le sue parole e davanti a questa predica, non riesco a restare in silenzio. Non voglio entrare nel merito degli ultimi eventi di Parigi o della potenziale guerra di civilizzazione in atto: oggi cavalcare l’emotività sarebbe troppo facile, tuttavia La prego di riflettere sul fatto che non esiste nessun Paese la cui costituzione sia basata sulla bibbia, al contrario dei paesi islamici che si attengono al Corano. Voglio concentrarmi sul suo ragionamento, che, sotto sotto, cerca di convincerci che la costruzione di una moschea sia giusta, ma la realtà è ben diversa. La domanda che mi faccio è: che tipo di esperienza di multiculturalismo e di integrazione lei può avere ? Su quali basi, quali analisi o confronto con i suoi cittadini, lei prende delle decisioni così importanti e cariche di conseguenze a medio e lungo termine per tutta la sua comunità? Leggendo la sua presentazione su internet, vedo che ha sempre vissuto a Crema, e quindi per questo motivo, essendo francese, vorrei farle presente la mia esperienza, vissuta, in termini di multiculturalismo e di integrazione.
Facendo questa battaglia, Lei sta replicando gli stessi errori commessi in Francia negli anni Mitterrand, errori iniziati col movimento chiamato “touche pas à mon pote”. Questo movimento nato nell’80, a matrice “Gauche caviar”, nel nome del multiculturalismo e dell’integrazione di una comunità ormai arrivata alla terza generazione di figli di immigranti, ha provocato nei francesi occidentali la sensazione di essere obbligati a fare concessioni, a nascondere la loro identità storica e cristiana per aiutarli ad integrarsi.
Allora mi chiedo, Le chiedo, perché la prima generazione di immigrati magrebini, si era così integrata e/o fusa nel paesaggio francese? Io dico: solo perché non si sarebbero mai sognati di chiedere una moschea o qualche riconoscenza della loro diversità, figuriamoci se De Gaulle l’avrebbe ammesso! L’immigrazione italiana, portoghese, spagnola, nata nello stesso periodo degli algerini, ha oggi si, il nome che suona ancora del paese di origine, ma coloro figli di immigrati oggi si sentono orgogliosi di essere Francesi. La ragione è semplice: abbiamo gli stessi valori. Prima di concedere un luogo di culto (in Italia sono presenti solo 8 moschee ! Perché una in più in una cittadina come Crema?) uno straniero deve integrarsi lui stesso. Non capisco perché dobbiamo prima accettare di vedere dei minareti, delle donne nelle ns strade coperte completamente o a metà, accettare che in ospedale una donna musulmana non possa essere visitata da un medico maschio, di chiederci se dobbiamo cambiare i temi o le canzoni dei ns figli a fine anno. No, questa è la ns cultura che invece deve essere rispettata. Ci deve essere reciprocità. Se vado in un paese musulmano, so che devo rispettare il loro stile di vita e la loro fede, cambio il mio modo di essere o di vestirmi, allora perché quando i musulmani sono in occidente, dobbiamo accettare noi la loro diversità? Mi dispiace, ma facendo così perdiamo la nostra identità e diventiamo deboli.
Questo errore anche gli inglesi stanno scoprendo di averlo fatto. La prego di informarsi sull’infiltrazione di musulmani estremisti nelle scuole pubbliche di Birmingham che diffondevano negli altoparlanti delle scuole stesse il richiamo alla preghiera. Adesso anche in Inghilterra, il dibattito sul multiculturalismo è stato rilanciato. Lei sta seguendo lo stesso sentiero sbagliato per una sola ed unica ragione: che il suo principio è sbagliato, do prima di ricevere. Queste persone, che hanno deciso di vivere in Italia, prima di tutto non sono state obbligate, e quindi devono sposare i valori dell’Italia, paese che hanno scelto. Su questo, non dobbiamo derogare, non dobbiamo essere deboli o superficiali sui fondamenti della ns identità, se no dovremo sempre più concedere fino che la ns società non si riconoscerà più.
Per prendere in considerazione tutte le implicazioni della sua decisione per i suoi cittadini, La invito prima ad impregnarsi di multiculturalismo, di spendere un po’ di tempo in alcune città francesi, come può essere Roubaix per esempio, banlieu dell’islam, che conosco bene essendo cresciuto in parte li, e magari dopo potremo considerare la sua posizione come più fondata.
Inoltre, forte dei risultati delle elezioni di Crema, dove la sua lista e’ stata accredita di solo 50,64%, senza che nel suo programma, credo, risultasse l’argomento moschea, penso che non possa esprimersi su un tema così importante senza chiedere a tutti i suoi cittadini, attraverso un referendum, la loro opinione, almeno di ritenerci non in grado di giudicare.
Mi sembra in questo periodo così difficile che la ns città ha altri bisogni, priorità per la maggioranza dei cittadini cremaschi, come lavoro, sviluppo, sicurezza, prima di questa moschea.
Un cremasco

Arriva a stretto giro di posta la risposta del primo cittadino. Eccola…

Gentile signor Prévot,
la ringrazio per le sue parole garbate e civili, su cui rifletterò con il dovuto interesse. É vero, come lei mi fa gentilmente osservare, non possiedo molte esperienze di multiculturalismo, ma approfittando del tempo non dedicato ai viaggi, mi sono buttata sulla storia che, certo, non insegna tutto ma qualche piccola lezione la offre.
Tanto per dire, certo lei lo saprà, la Francia per secoli è stata una potenza coloniale, ad esempio è stata presente in Algeria dal 1830 al 1962, in Marocco dal 1904 al 1956, in Tunisia dal 1882 al 1956, in Madagascar dal 1895 al 1960, non parliamo dell’Africa equatoriale francese (1910-1960) e dell’Africa occidentale francese (1895-1956).
Mi piacerebbe sapere quanti morti si sono lasciti alle spalle queste occupazioni, di sicuro non poche decine. Certo, se si guardano solo gli ultimi fotogrammi di un film, la trama non risulta mai chiara. Intendo dire che, pure condannando l’integralismo fanatico senza se e senza ma, i morti dei giorni scorsi non sono stati gli unici in questo corpo a corpo tra Europa e paesi islamici; inoltre non mi risulta che Algeria, Tunisia e Marocco abbiano occupato in armi la Francia o qualche altro paese europeo.
Lei, sicuramente, era tra i francesi che nel 1998 esultavano per la vittoria dei mondiali della nazionale di calcio francese che, è persino inutile ricordarlo, era zeppa di calciatori provenienti da quelle colonie, in particolare colui che fu determinante per quel successo ossia Zinedine Zidane. Altrettanto sicuramente era tra coloro che si preparavano a festeggiare il secondo mondiale nel 2006, con una nazionale fatta per molta parte di calciatori con la stessa provenienza di cui sopra. Quella volta e’ andata meglio a noi!
Questi sono i frutti buoni dell’integrazione, che tutti abbiamo apprezzato, lo stesso vale per il mondo culturale francese, che si è alquanto arricchito dell’apporto di uomini di arte e di pensiero stranieri, molti dei quali provenienti da paesi musulmani, Albert Camus tra tutti. Uomini che sono alla base delle fortune della Francia di oggi. Le chiederei anche di dirmi se, tolti i pittori stranieri dai musei parigini, varrebbe lo stesso la pena visitarli. Veda lei.
Non si può parlare di multiculturalismo senza parlare di storia, sono certa converrà.
Quanto alla Musalla (si chiama così) vorrei ricordarle che è un luogo di preghiera di 200mq per una comunità presente da vent’anni sul nostro territorio, non una moschea né un centro di addestramento reclute; quando dovesse mai rivelarsi un luogo di tale fatta, ci avvarremo delle misure di polizia adeguate e lo chiuderemo.
É vero, forse siamo degli ingenui, crediamo che gli uomini sono tutti figli dello stesso Dio e che nel loro cuore vogliono le stesse cose, la pace prima di tutto, per loro stessi e per i loro figli. Se alcuni di loro non sentono di dovere aderire a questa premessa, noi ne prenderemo atto, facendo ciò che è necessario perché non ledano gli interessi del resto della comunità. Ma quello lo decideremo quando ci saranno reati, non quando presumiamo che che ve ne saranno. La nostra legge non punisce le intenzioni o le fantasie, per ottenere una modifica di tale principio temo si debba rivolgere al legislatore oppure rassegnarsi al mondo di Minority Report, che non è quello in cui vorrei vivere.
La ringrazio per la sua attenzione
Stefania Bonaldi

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