Il ritorno di Calabiano Moresco, il movente

Il ritorno di Calabiano Moresco, il movente

“Questo è l’ultimo post che ha pubblicato su Facebook, ai primi di novembre, dopo di che, bada che nel frattempo sono passati diversi giorni, su segnalazione dei vicini di casa lo abbiamo trovato putrefatto e puzzolente seduto davanti al computer ancora acceso.”

Non ci vedo nulla di strano. Meglio morire davanti a una virtuale finestra aperta sul mondo piuttosto che seduto sulla tazza del cesso.

“Certo, a volte la morte si degna di rispettare l’intima dignità delle persone, ma il nostro amico aveva un buco in testa.”

Un buco da morto ammazzato o un buco da suicida?

“Morto ammazzato, nessun dubbio. Colpito dall’alto verso il basso. Probabilmente un punteruolo, un cacciavite o qualcosa del genere, penetrato con inaudita violenza proprio al centro della capoccia. Le copiose macchie di sangue appartengono alla vittima.”

Cazzo!

“Eh, appunto. E non c’è l’arma del delitto. Sul video è rimasta però quella che riteniamo possa essere la firma del carnefice: ‘Brucia in eterno tra le  fiamme dell’ Inferno, ignorante figlio di puttana!’ Ma anche in questo caso il condizionale è d’obbligo, perché sulla tastiera non abbiamo trovato altre impronte se non quelle dell’assassinato, il cui profilo è facilmente ricostruibile. Vanitoso quel tanto che basta per poter reggere il ruolo dell’intellettuale scapestrato, bohemién e commentatore di cose d’arte, quasi sempre astioso; sbevazzone quel che è necessario per non essere preso sul serio e grafomane aspirante a futuri riconoscimenti nella scolastica letteraria del terzo millennio. Galante sottaniere, giusto per completare il quadro.”

Direi di lasciar perdere le sottane. Per me è una questione tra spara seghe mentali. Lì l’orgoglio vale molto di più d’una erezione occasionale, per quanto la donna possa essere attraente. Quella è gente che gode molto di più nel commentare le pagine dell’Horcynus Orca e della letteratura postmoderna italiana.

“Porcino che?”

Lascia perdere, per fortuna non è materia di studio nei corsi per allievi ufficiale dell’Arma. Quando gli appartenenti a quella categoria entrano in contrasto tra loro, gli insulti che volano, sia pure degni della migliore e consapevole etimologia, fanno impallidire gli arguti toscani, i veneti un poco grossolani ma anche i Camalli genovesi. Non so se mi spiego. Secondo me è lì, nel cosiddetto mondo della critica, come sempre permalosa, che bisogna andare a cercare.

“E che cosa te lo fa pensare?”

Quella scritta rimasta sullo schermo del computer. La firma del boia: Inferno, con l’iniziale maiuscola, quindi nome proprio e non sostantivo. Quanti sono coloro che conoscono la sottigliezza, ne specificano il luogo e la relativa sofferenza? Cerca in quel mazzo, perché i libri sono simili a vulcani. E in quanto all’arma del delitto, verifica se per caso manca il cavatappi, gran arrotatore di sugheri. Dopo un paio di bottiglie può succedere di tutto, sia che si parli di donne o di motori; ma anche la letteratura non scherza.

 

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