La memoria della ringhiera, toni appesi

La memoria della ringhiera, toni appesi

A Milano e dintorni il tòni era la tuta da lavoro, prevalentemente usata dagli operai delle ultime officine ferraiòle e delle fabbriche metalmeccaniche. L’etimologia dialettale è incerta.

Dônca, ciapêmèla a la lûnga, partendo dalla lingua italiana.

Il sostantivo Tòni veniva usato per definire, in generale, i pagliacci del circo, personaggi sempre negletti ma insostituibili in quelle arene, oltre che per le doti comiche anche, e forse soprattutto, per il loro singolare e inconfondibile abbigliamento.

E veniamo al meneghino. Nel dizionario redatto da Francesco Angiolini a partire dall’ultimo scorcio dell’Ottocento (circa 1890) il termine non è menzionato. Una prima possibile derivazione potrebbe essere quella del Tògn (dal nome proprio Antonio, Tonio), che era anche sinonimo di persona malaccorta e grossolana: te see prôpi on tògn… Nell’odissea di Giovanni detto il Coppi è raccontato che gli bastava suonare il campanello del suo triciclo… e ghe pàrêva de vévs bèll. Come si vede, siamo nel campo delle metafore, con personaggi molto diversi tra loro e che però, loro malgrado, indossavano abiti confezionati dalla vulgata popolare.

Tuttavia vi è un altro riferimento che potrebbe calzare, soprattutto se pensiamo alle difficili condizioni di lavoro di quei tempi: fà tonîna, far tonnina (riferito alla mattanza dei tonni) di cose e/o persone, tagliarle a pezzi, trattarle senza riguardo. Osservando numerose immagini fotografiche di quel lontano periodo, notiamo che molti degli uomini adibiti ai lavori più umili e pesanti (dallo stradino al falegname, dal làmpedee al ciabattino…) indossavano la giacchetta (per la verità striminzita, sbrindellata) e alcuni addirittura la cravatta. Perché? Perché ânca quând te vêtt a botêga bisognâ vèss in ôrdin. Una regola di buona educazione che però strideva con la realtà: perché la mûda del mè òmm lè sêmper boisênta côme ‘na tôla de grâss. E anche il povero cristo: sporco, unto, dalla cima dei capelli alle unghie dei piedi.

La tuta da lavoro, dunque, semplificò un poco le cose, perché mai come in quel caso l’abito faceva il monaco in tutte le sue accezioni. Tòni, con le donne che però continuavano ad avere il loro gran daffare con le mani arrossate: nella stessa tinozza, infatti, acqua bollente e sôda, lesîva e sàòn per ammansire el vunc del tessuto e anche la pelle nera dei mariti.

“El tòni che g’hoo lâvà

l’è quèl del tò papà

ch’el tira la lima

de la sira a la màtina.

El tòni che g’ho lavà

l’è quèl del tò papà

ch’el tira la lima

per faagh màngiâ.”

Beppe Cerutti

La foto è stata presa dalla pagina facebook Milano sparita e da ricordare
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