L’Osteria Bassano di Madignano secondo l’artista “FotoScrittore” Arrigo Barbaglio

L’Osteria Bassano di Madignano secondo l’artista “FotoScrittore” Arrigo Barbaglio

La cucina, il territorio da difendere e il prode cavaliere contro la calata del Barbarossa

 

I tortelli di Bassano sono un grande cavallo da battaglia per la difesa del territorio cremasco. E, in tempi in cui l’argomento torna di grande attualità tra referendum catalani & lombardo-veneti, ci sembra di vederlo, lui il prode chef con la lancia in resta a cavallo del suo destriero bardato e pronto alla singolare tenzone. Ci piace immaginarlo in campi dissodati, avvolti dalle prime nebbioline d’autunno e calpestati dalla frenesia dei destrieri impazienti di lanciarsi a rotta di collo contro il rivale da disarcionare. Ci piace pensare di poter piazzare il torneo appena prima della calata del Barbarossa su Crema con le sue possenti mura medievali pavesate da stendardi e bandiere colorate. Aria di torneo cavalleresco, aria di festa. Quindi ancora prima, molto prima della calata austriaca e dei suoi “gustosi” impasti per i tortelli in questione. Perché a ben analizzare il loro ripieno, si trovano palesemente (oltre al ben noto “gusto” austriaco) le sfumature ombrose & sabbiose di certe nebbie padane. E, siccome in ogni torneo cavalleresco che si rispetti ogni cavaliere ha diritto a uno scudiero,  eccola allora apparire dal nulla al  fianco di Bassano, la fedele scudiera di sempre Mariella.  E insieme pronti a partire alla carica contro le ombre indefinite dei MULINI A VENTO DELLA CUCINA CREATIVA. Già la cucina creativa… Impossibile sfuggire alla diatriba mentre si predispone il palato con tocchelli di grana doc & pere di stagione adagiati su un tagliere di legno. Tutti rigorosamente a “km-zero”, come le altre materie prime in uso nella trattoria di Madignano.

È lunedì sera, giornata tranquilla, più che altro dedicata  al “giro di assaggi tra ristoratori e affini”, per cui il tempo per le discussioni sull’arte culinaria non manca. E se da una parte si mettono in campo la capacità d’aggregazione socio-culturale del territorio, dall’ altra parte rimane però sospeso nell’aria il gesto estroverso del “creativo” fine a se stesso. Impossibile non infilarci allora (favoriti dalla degustazione  dei sedimentati, corposi vapori  del frizzante Trebbianino di Graziella Borri  con quel loro lasciarsi andare a riposare, adagiandosi dentro tutta la cavità orale, in maniera “umile, profonda e arcaica” come dice il nostro amico Franz), anche il percorso di riferimento di certa pittura astratta o il guizzo molto poco artistico, ma  platealmente azzeccato del “taglio della tela”, tenuto conto delle convenzioni del tempo, della voglia di andare oltre sperimentando… ma anche dell’ altro, estroso, contrario sperimentare tornando indietro, alle origini di un territorio ormai in via di estinzione o comunque sottoposto a continui, pressanti, radicali mutamenti.

Discutere di queste amenità che hanno anche contribuito a fare l’uomo un po’ più grande nei secoli, gustando il “salva con le tighe” di due diverse annate e stagionature differenziate, è sempre un piacere. E non distrae per niente dal cogliere la succosa, quasi croccante consistenza del peperone verde marinato al punto giusto nella salamoia d’aceto in agrodolce.  Impeccabile anche la variegata, solida stagionatura del Salva. Arriva anche un assaggio di polpette di patate saltate in crosticina croccante, accompagnate da un “fico malato” (sempre rigorosamente dall’orto retrostante ) e da un peperoncino rosso sottolio e infarcito di polpa  d’acciuga. Guardandosi intorno, inseguendo il profilo di tutte le bottiglie di vini sparse su tutti i davanzali, mensole e tavoli d’arredo, l’occhio arriva a un dipinto di Hopper. Ma sì proprio lui, quello di gran moda, l’americano Edward e al suo celebre bar desolato, tutto vetrate, tinte forti alla pareti, due soli avventori e un barman… dai tratti impazienti di Bassano. Impaziente di saltare fuori dal dipinto (una gustosa imitazione), per infilarsi tra pentole e fornelli a scodellare manicaretti di stampo per niente newyorkese (come  l’atmosfera del quadro), ma rigorosamente cremasco.

E tra un aneddoto e l’altro sulla ridondante ricchezza della cucina cremasca nei confronti della pur  ricca cucina milanese, per non parlare di quella più scarna della vicinissima Lodi, dentro una smagliante marmitta di porcellana bianca arriva lui “Sua Maestà il Tortello Cremasco”. Mariella col suo sorriso incantato e un po’ diafano alza il coperchio e i vapori che circondano il prezioso manicaretto si fanno meno densi e svaniscono sotto i tavoli in attesa di rivincita, proprio come i richiami segreti delle terre padane d’autunno. Predispone le singole porzioni nei piatti e cospargendole con abbondante grana grattugiato, aggiunge “sutracc an dal grana” (sotterrati sotto il grana), la stessa ricetta che dicono le casalinghe dei campanili locali, riunite in oratori e sacrestie a confezionare a mano il tortello della “aggregazione social-culinaria”.

Quelli di Bassano, i tortelli di sua produzione, hanno una giusta, equilibrata calibratura anche quantitativa tra ripieno e crosta di pasta. E mentre si degustano, capitano a tratti tra i denti mini cubetti di cedro candito capaci di sprigionare il richiamo sconfinante nell’esotico-indefinito tipico del tortello di Crema, per poi essere subito riequilibrato dalla rispettosa sabbiosità fuori manuale del biscotto d’amaretto grattugiato. Anche la giusta cottura del burro fuso aggiunge un ulteriore tocco d’invisibile nebbia padana e per chi è nato in zona ( e fin da piccolo ha abituato il palato alla dimestichezza con questo stravagante ripieno e i suoi palesi rimandi al cioccolato fondente, all’uva passa, alla noce moscata e al mostaccino), sembra per davvero un alimento insuperabile, da incoronare subito come Sovrano Assoluto degli Alimenti, e (girando le pagine della Storia indietro e di tutta fretta per permettere alle diverse epoche storiche di sovrapporsi senza ritegno) di schierarlo in campo anche contro la famigerata calata del Barbarossa in Lombardia.

La CUCINA DEL TERRITORIO  e le sue origini di nebbia contro il Barbarossa. Trovata non da poco sull’arduo percorso di ricerca nel perenne, costruttivo confronto  con la CUCINA ARTISTICO CREATIVA. Il prode cavaliere e la sua fedele scudiera, sono pronti a partire per il torneo cavalleresco. Lance in resta e nel tascapane un’ abbondante porzione di Bertolina calda. La torta del territorio a km zero, anch’essa sabbiosa al punto giusto e con incorporato quel retrogusto della nebbia nascosto nelle bucce dei chicchi d’uva nera lasciati cadere a cascata nell’impasto della farina e che solo i NATI SUL TERRITORIO possono cogliere a 360°. Lasciamo la trattoria di Madignano in orario decoroso. Fuori, nella notte l’autunno comincia a farsi sentire in tutta la sua portata ottobrina. Teniamo gli occhi ben aperti, ma sotto le antiche mura (“venete”) difensive di Crema, nessuna traccia di tornei cavallereschi e tanto meno del Barbarossa. Può anche darsi che abbiamo sbagliato serata, ma noi all’ ARMAGEDDON DELLA CUCINA DEL TERRITORIO (capace anche di cambiare il percorso della Storia) contro il Barbarossa… ci crediamo e torneremo presto a verificare di persona!

 

Arrigo Barbaglio

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