Quella volta che passai la notte di Natale in un night della bassa

Quella volta che passai la notte di Natale in un night della bassa

Credo di non aver mai sentito suonare peggio di così il Saint Louis Blues di Bessie Smith. Uno standard ridotto in poltiglia da questa cazzo di orchestrina. Sono le tre. Le messe di mezzanotte sono finite da un bel po’ e non farò davvero in tempo a raggiungerla neppure per un giro al presepe. Mi ero del tutto dimenticato che domani, pardon oggi, è Natale. Dopo quattro margarita credo sia davvero difficile mettere in fila dei pensieri sensati. E alla fine davvero credo che altri posti dove andare non ce ne sono per questa santa notte di cui davvero: non mi fotte un cazzo.

In fondo forse mi piacerebbe essere un po’ più personaggio e un po’ più vagabondo e fare una bella vita da viveur. Mi guardo intorno e tutte queste signore ingioiellate e vestite di lamé mi lasciano davvero senza parole, un tempo forse mi avrebbero lasciato senza fiato. L’ennesima notte uguale alle altre. Una sigaretta dietro l’altra, un bicchiere dietro l’altro. Le rughe più scavate. Alla fine penso a te, che anche la notte di Natale sei rimasta sola in attesa.

Che faccio le telefono? Certo dovrei urlare davvero forte per farmi sentire in questo filo diretto da un night. E forse si accorgerebbe che non sono del tutto apposto. Mi fa male il fegato, sono sull’orlo di una crisi nervosa. Una volta con un abile giro di battute l’avrei stupita. Adesso anche se baro alla fine vince lei. Figuriamoci stanotte che è Natale.

Forse dovrei ammettere che questi segreti piccoli e insignificanti sono ben radicati nel cuore e nella pancia e sarebbe meglio non rivelarli. Soprattutto la notte di Natale, quella in cui si pensa che siano tutti più buoni, invece io penso a tette morbide e  culi tondi. Lo so, sono didascalico, sono le solite cose sottolineate e dette. Forse ancor più chiaramente stanotte che la gente va a messa e al presepio per scandalizzare i benpensanti.

Certo che Les Feuilles Mortes di Yves Montand non avrebbe di certo potuto essere cantata peggio di così. Parole storpiate in un francese onomatopeico che davvero fanno venire i brividi. Mi accendo una Gauloises caporal senza filtro. Una boccata profonda e incollo gli occhi nella scollatura di una stagionata e abbondante signora che balla qui di fronte.

La cassiera dalle chiome biondo ossigenate non la smette di parlare. Ha un delizioso accento francese e un sorriso cavallino che ricorda Fernandel. Parla di Parigi come se uscendo dalla porta di questo night di provincia potessimo trovarci immersi in Bois de Boulogne, laggiù al limite occidentale del XVI arrondissemen. Invece siamo a Casalpusterlengo. Ha un bel profumo però per dio. Anche se non riesce a togliermi dalla testa che dovrei telefonarle per chiederle scusa di averla lascata da sola anche la notte di Natale.

“Pronto, sei tu? Alza la voce non ti sento. Sono al night. Sono ubriaco. Lo so che mi capisci ma volevo chiederti scusa per questa notte. Come dici? Fa nulla? Tu sei sempre troppo buona con me. Lo so bene. Era bello il presepe? Davvero? Dai domani quando mi sveglio passo a prenderti per andare al cinema. Cosa c’è di meglio per il pomeriggio di Natale?”.

em

liberamente ispirata alla canzone Night di Sergio Caputo, clicca QUI per sentire il brano
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