Riccardo Ferri parla dell’Inter, dell’epocale svolta cinese e del football italiano

Riccardo Ferri parla dell’Inter, dell’epocale svolta cinese e del football italiano

Direttore dell’attuale Inter Academy Florida, ma soprattutto ex difensore del team nerazzurro, e della nazionale, e, intramontabile bandiera dell’Inter e di un football che ahimè non c’è più, con Riccardo Ferri, in questi giorni frenetici e di cambiamenti  per il sodalizio meneghino del Biscione, abbiamo scambiato volentieri due chiacchiere, così, per dire … interessate.

Cosa pensi dell’avvento del gruppo Suning di mister Zhang Jindong all’Inter?

Fiducioso poiché il nuovo acquirente potenzialmente può far bene ed ha innanzitutto i requisiti per fare qualcosa di positivo. In Italia l’avversario da battere è la Juventus, poi bisogna fare strada subito in Europa League, questo perché lavorare tanto, partire benissimo e giocare per provare a vincere, senza dubbio agevola e agevolerà tutto il resto.

Non fa tuttavia strano che il football milanese debba rivolgersi a fondi stranieri per rilanciarsi?

Altre squadre importanti europee sono gestite e vivono grazie a soldi extraeuropei, ergo l’Italia si sta adeguando al trend. E’ comunque in un certo senso fisiologico che se, causa crisi economica o altro, grandi investitori italiani non possono o non vogliono investire nel calcio ecco, che ci si rivolga altrove per reperire risorse.

Da Thoir ti aspettavi di più?

Aveva iniziato col piglio giusto l’ex patron, poi probabilmente sono sopraggiunti nuovi fattori e beh ha deciso di vendere la maggioranza delle quote interiste. Ma non ha fatto malissimo. Tutt’altro.

Mette un pochino di triste malinconia un Inter senza un Moratti nel Cda, no?

E’ il percorso della vita che prende queste strade. Moratti, o meglio, i Moratti hanno fatto cose straordinarie per l’Inter ma tutto ha un inizio e una fine, così come altri cicli presidenziali, penso per fare un esempio a quello di Ernesto Pellegrini, sono incominciati e terminati.

E’ dai tempi del Triplete dell’Inter del 2010 che un team italiano non vince una coppa europea. L’Italia è davvero così distante dai top club calcistici europei?

No ma bisogna invertire la rotta, cambiare mentalità e soprattutto proporre, incentivare e sostenere profondi cambiamenti strutturali iniziando dai vertici della Federcalcio. Germania, Spagna, Francia e in un certo senso persino in Inghilterra nel recente passato si è agito in tal senso. E da quelle parti i riultati positivi o si vedono o stanno arrivando.

Stefano Mauri

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