Senza fame e oratorio difficilmente nascerà un nuovo Dario Hubner

Senza fame e oratorio difficilmente nascerà un nuovo Dario Hubner

Ha ragione da vendere il giornalista scrittore Luigi Garlando quando scrive su Sport Week (settimanale del sabato della Gazzetta dello Sport,) che per imparare a fare i gol bisogna riscoprire gli oratori. Si perché oggi ahimè, le (troppe) scuole calcio bruciano i tempi, tolgono giovani calciatori dall’oratorio, dalla strada e dei parchetti per forgiare, spesso avvalendosi di tecnici estremisti, poco preparati e poco allenanti, “marionette” belle da vedere, plasmate, ma prive di malizia e istinto guizzante del gol.

Certe per così dire “accademie calcistiche”, compreso ahimè determinati settore giovanili, profumano di triste malinconia con i genitori che obbligano i figli a tirare calci al pallone e con istruttori consacrati al falso mito della tattica esasperante. Insomma in giro ci sono troppi attaccanti da salotto (fisico fashion da “tronisti” incluso), ma pochi goleador preparati e prolifici, al punto che il commissario tecnico Antonio Conte, nei giorni scorsi, preoccupato si è sfogato più o meno così: <Non ci cono più centravanti>. Ridateci gli oratori e il marciapiedi quindi, posti questi dove una volta, liberamente, affinando grinta e fantasia, ci si sfidava in fide epiche che mano una finale di Coppa Campioni era in grado di emozionare così.

 

Stefano Mauri

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