Una segregazione verticale ed orizzontale

Una segregazione verticale ed orizzontale

La dott. Antonia Carlino lo riconosce: le donne, nella “professione più bella del mondo”, ne hanno fatta di strada se pensiamo che in Italia cinquant’anni fa costituivano solo il 10%, mentre oggi hanno superato i colleghi medici. Tanta strada anche nel riconoscimento delle loro qualità: negli anni Settanta, per essere apprezzate la metà, dovevano “dimostrare di valere il doppio”.

Tuttavia, lo afferma con amarezza, le donne medico sono ancora pesantemente penalizzate: solo il 14% di loro ricopre ruoi apicali nelle strutture complesse e il 28% in quelle semplici.

E non siamo di fronte soltanto a una “segregazione verticale”, ma anche a quella “orizzontale” in quanto determinate figure professionali sono pressoché appannaggio dei maschi. Una segregazione che si riflette anche a livello contrattuale: i medici precari sono per il 60% donne e il part time è utilizzato per il 90% da donne, il che denota la grossa difficoltà di coniugare attività professionale e famiglia. Una difficoltà che emerge anche dal fatto che le donne medico registrano un tasso di fecondità – soprattutto tra le radiologhe – che è significativamente inferiore alla media nazionale.

Una situazione, quindi, tutt’altro che esaltante. È opportuno, poi, ricordare che il doppio carico di lavoro genera spesso un “esaurimento emotivo e motivazionale” che può mettere in discussione la maggiore efficacia – che risulta da numerosi studi europei – della cura delle donne medico rispetto a quella dei maschi grazie alla loro maggiore “empatia” e “disponibilità all’ascolto”: non a caso le donne medico italiane sono all’ultimo posto in Europa in termini di gratificazione percepita (ai primi posti la Romania, la Repubblica Ceca e la Croazia). Una percezione determinata anche, nell’ultimo decennio, dalla “iperburocratizzazione” del Servizio sanitario nazionale, da un “mancato turnover” e dalla “proliferazione di contratti atipici”.

Così la dott. Carlino (presidente della sezione di Crema dell’Associazione italiana donne medico): “il talento femminile non è un onere ma una risorsa per la società e in particolare per la sanità e, come tale, va rispettato e valorizzato”.

piero carelli

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