Vi riconosceranno da come vi amerete: i cattolici e la politica. Michele Gennuso non ci sta alla polemica

Vi riconosceranno da come vi amerete: i cattolici e la politica. Michele Gennuso non ci sta alla polemica

Gentile Marco Mantovani, innanzitutto grazie per la stima che mi dichiara nella sua lettera e mi permetta di iniziare la mia riflessione proprio dal sottolineare il valore della stima tra le persone: io credo che la stima reciproca sia oggi un anticorpo necessario contro ogni forma di scontro ideologico e fine a se stesso; l’assenza di stima genera acredine, distanza, incapacità a guardarsi con serenità negli occhi senza per forza pensare di avere di fronte un avversario o peggio un nemico: tutte malattie del nostro secolo (ahimè).

La stima nasce dal dialogo, dal confronto, dalla condivisione non  solo di idee ma anche di esperienze quotidiane che consentono di conoscersi davvero e di apprezzare l’uno dell’altro pregi e difetti in una dimensione di crescita che trova la sua massima espressione nella viva relazione umana. Mi permetto di fare questa premessa perché, proprio a motivo della stima che si nutre di incontri “veri”, faccia a faccia e non mediati da strumenti virtuali, non intendo in questa sede

entrare nel merito della mia storia personale – come lei sembra chiedermi di fare -, delle mie scelte personali, anche politiche. Queste scelte sono espressione di una storia talmente intima che non può né deve diventare oggetto di discussione in un contenitore elettronico ad alta velocità, letto magari con distrazione dai “naviganti” della rete. A chi vorrà, e a Lei in primo luogo, non negherò senz’altro un confronto e uno scambio d’idee in proposito: ma, appunto, magari davanti a un caffè, guardandosi negli occhi.

Avendo però lei scelto comunque di utilizzare questo strumento di comunicazione per un riflessione legittima sull’impegno dei cattolici in politica, credo sia assolutamente giusto risponderle, ,nel rispetto suo e di tutti coloro che come me sono alla ricerca di una risposta sul ruolo che oggi i cattolici in generale devono avere nella società; di questa domanda e di questa sollecitazione la ringrazio ancora.

Mi permetto di partire da una affermazione probabilmente banale ma vera: i cattolici sono uomini e donne che vivono nel contesto di una società complessa, liquida, cangiante, piena di stimoli e di opportunità, che affascina ma al tempo stesso spaventa. Le ansie e preoccupazioni che la nostra società genera, legate all’individualismo sfrenato, alla scarsa/nulla ricerca di senso, a una evidente assenza di rapporti stabili e duraturi in contesto familiare, sono condivise da molti cattolici, ma – mi permetta di dire – non solo dai cattolici.

I cattolici oggi hanno il dovere di esserci nelle trame di questa società complessa e di esserci in maniera significativa con il Vangelo in una mano e un quotidiano nell’altra.

La questione dell’impegno dei Cattolici nella vita politica non è certo nuova, ed è stato spesso (troppo spesso, secondo me) oggetto di scontro proprio tra i Cattolici. Mi permetto però di riflettere su un dato importante: il Cristianesimo è in primo luogo una religione e per molti è un dono; per me, come credo per lei, rappresenta un elemento fondamentale nella vita, nelle scelte quotidiane, nell’educazione dei figli e nel rapporto con le altre persone (tutte senza nessun tipo di esclusione). Nel corso della sua storia il Cristianesimo ha anche sviluppato una dottrina sociale: non mai, però, una ideologia politica, e meno ancora una forza politica, si chiami essa movimento, partito o in qualunque altro modo.

Anche Papa Francesco il 30 aprile del 2015, in occasione dell’udienza alla Comunità di Vita Cristiana e alla Lega Missionaria Studenti, organismi della famiglia dei Gesuiti, ha affermato non solo che la Chiesa non è un partito ma che l’impegno politico è un martirio, che i cattolici devono impegnarsi in politica e infine che non serve un partito dei cattolici.  Papa Francesco ribadisce le parole pronunciate da San Giovanni Paolo II nel 1995 al Convegno ecclesiale di Palermo che hanno indicato con chiarezza la strada, dopo il difficile passaggio degli anni 1992-1994: “La Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito”. Si tratta dello stesso indirizzo tracciato dalla Evangelii Gaudium per cui “dare priorità al tempo significa intraprendere processi più che occupare spazi di potere” (223).

Quindi “destra” e “sinistra” sono categorie della politica e, pertanto, nulla hanno a che fare con il Cristianesimo, se non parlando e ragionando in modo estremamente approssimativo.

La verità è, riprendendo le parole di Lamendola, che il Cristianesimo, come tutte le religioni, pur avendo sviluppato una propria filosofia e anche una propria dottrina sociale (che rifiuta sia il comunismo, sia il capitalismo “selvaggio”, perché pone al centro della società e dell’economia il concetto di “persona”), non appartiene a un piano di realtà che si possa definire politico e, quindi, che si possa caratterizzare come destrorso o sinistrorso. Questo non significa, ovviamente, che i cattolici debbano restare indifferenti, neutrali o ai margini della vita politica e sociale: significa, piuttosto, che in qualsiasi contesto in cui si trovino a operare devono far sentire e cercare di testimoniare il “Principio” che li guida, che è una Persona Viva, Cristo, e non una ideologia di destra o di sinistra. Le questioni che lei pone sono tutte rilevanti: utero in affitto, unioni civili, eutanasia, aborto, liberalizzazione delle droghe leggere sono argomenti molto complessi e che destano preoccupazione, poiché mettono al centro della discussione una visione antropologica che ovviamente condiziona e condizionerà tutte le scelte politiche del prossimo futuro. È chiaro che è necessario interrogarsi su quale tipo di società stiamo lasciando alle future generazioni e bisogna entrare nell’agone politico e nel confronto a schiena dritta ma con la consapevolezza che non possiamo sottrarci al dialogo e al confronto.

Perché un cattolico si schiera a sinistra? E soprattutto con il Partito Democratico?Innanzitutto mi permetto di fare una precisazione per me molto importante (e qui devo per forza di cosa parlare di me): io non sono un uomo di partito, non ho mai fatto parte di un partito, benché ovviamente non biasimi coloro che invece nella loro vita hanno sperimentato la bellezza di appartenere a un partito o movimento politico. Mi sento di dover ribadire la mia provenienza dalla realtà sociale, quella in cui si respira nel quotidiano la fragilità e le fatiche delle persone.Mi permetta però di notare che il PD è ben lungi dall’essere un monolite: a livello di storia politica contemporanea le sue varie anime sono sotto gli occhi di tutti e una di queste è senza alcun dubbio la tradizione del cristianesimo sociale.

Il Cristianesimo è animato da un moto centrifugo non centripeto, Gesù Cristo è venuto per i lontani non per i vicini, per sporcarsi le mani nel mondo ed è arrivato il momento di provare a mettere in atto quella Chiesa in Uscita che tanto ci viene sollecitata dall’attuale Papa Francesco; una Chiesa che si fa compagna di viaggio delle persone, di tutte le persone condividendone le fragilità e le difficoltà.È chiaro che un cattolico a sinistra non potrà mai dichiararsi a favore dell’aborto ma dovrà adoperarsi, anche a sinistra, per tutelare la maternità, per favorire la maternità e la conciliazione tra famiglia e lavoro, senza dimenticare che l’aborto rimane sempre una dramma per ogni donna; è chiaro che un cattolico a sinistra non potrà sostenere l’eutanasia, perché la vita è degna di essere vissuta a prescindere dalle condizioni in cui ci si trova, ma questo stesso cattolico potrà interrogare e interrogarsi sui limiti della medicina moderna, sulla necessità di una seria riflessione sull’accanimento terapeutico, sul reale (reale!) sostegno alle famiglie che quotidianamente sostengono disabili gravi; è chiaro che un cattolico a sinistra non potrà sostenere la legalizzazione delle droghe ma questo stesso cattolico dovrà adoperarsi per stimolare riflessioni sul ruolo educativo degli adulti, sugli spazi educativi e di crescita da offrire alle nuove generazioni; è chiaro che un cattolico a sinistra non potrà appoggiare la pratica dell’utero in affitto che svilisce la dignità delle donne ma quello stesso cattolico dovrà interrogarsi ed interrogare sul significato che oggi ha la parola genitorialità (tra l’altro è noto come la pratica dell’utero in affitto è spesso più utilizzata dalle coppie eterosessuali piuttosto che da quelle omosessuali).

Tutelare la famiglia non potrà che essere una priorità per un cattolico a sinistra: non solo tutelarla, ma anche sostenerla e valorizzarla. Un cattolico a sinistra, tuttavia, (e non solo a sinistra secondo me) non potrà non interrogare ed interrogarsi sulle relazioni affettive che coinvolgono due persone dello stesso sesso e che devono essere anch’esse tutelate, rispettate e non giudicate. Io non temo il dialogo e il confronto; non mi crea ansia ascoltare, accogliere le istanze di chi non la pensa come me perché io stesso desidero ogni giorno essere accolto ed ascoltato. E la fede è una bella opportunità che abbiamo, perché la fede si oppone all’ansia, all’angoscia, all’ossessione, all’inquietudine, ma non all’impegno, al confronto, alla testimonianza, al dialogo, all’apertura all’altro. Aldo Moro ci insegnava: ” Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino, ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo.” Mi permetto anche io di concludere con una citazione: “Vi riconosceranno da come vi amerete” e l’esempio che ci è stato dato è quello di un Amore donato a tutti senza se e senza ma, e qui mi sa che lo sforzo diventa di tutti ma proprio tutti, cattolici e non.

 

​Michele Gennuso

 

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