Ah … che bella melodia letteraria è New York raccontata da Antonio Bozzo e Roberta Schira …

Ah … che bella melodia letteraria è New York raccontata da Antonio Bozzo e Roberta Schira …

New York New York… Quante cose viste, quante strade percorse. “Vorrei comprare una strada nel centro di Nuova York, la vorrei lunga e affollata di gente di ogni età. E tanta luce, nei buffi tubi di vetro colorato”, cantavano i New Trolls (tra gli autori della canzone dimenticata c’è anche Fabrizio De André). Da New York siamo tornati, stasera Crema, contrasto massimo con i grattacieli di una metropoli-mondo. Quando il Duomo di Crema veniva inaugurato (1341) mancavano quasi duecento anni al giorno in cui un europeo (l’italiano Giovanni da Verrazzano) vide per la prima volta l’isola di Manhattan, coperta di alberi e abitata da pochi nativi, chiamati Indiani per errore. I due mondi, il nostro e l’America, restano ancora per fortuna diversi: mi è sempre piaciuto mettermi nei panni di un americano, immaginare che cosa significhi per lui passeggiare o vivere in luoghi di storia sedimentata da millenni, con pietre e monumenti che ne ricordano lo svolgersi nei secoli. Certo, anche nelle Americhe, dal Perù al Messico, ci sono segni di potenti civiltà: ma non essendo state quelle civiltà a “scoprirci”, ma gli europei a conquistare le terre lontane (e stendo un velo pietoso sulle inumane violenze che hanno soggiogato popoli e culture), la storia parla con la lingua dei vincitori. Ma non è mia intenzione discutere di questo, anche se la scoperta dell’America, le peripezie degli avventurieri che si spinsero in quel continente sconosciuto, sono vicende sulle quali ho letto molti libri. Da sempre, fin da quand’ero ragazzo del Nautico di Camogli (intitolato guarda caso Cristoforo Colombo), mi fanno sognare e riflettere. A New York, però, ho tenuto per me queste rimembranze storiche, noiose e probabilmente sconosciute a milioni di persone che nella Grande Mela vivono. Non però a Tony Verga, che ho visto per un caffè al ristorante Amaranth della cremasca Paola Pedrignani, imprenditrice della ristorazione (ha sei ristoranti molto avviati a Manhattan). Tony è stato per anni il prezioso corrispondente da New York per il Gruppo Rizzoli. Era a lui che tanti anni fa, da Sette o da Amica, io e i miei colleghi ci rivolgevamo – buttandolo giù dal letto anche in piena notte – per organizzare servizi e avere notizie fresche da New York sul mondo dello spettacolo e della moda. Tony, che ho rivisto con grande piacere, vive a New York da quando aveva dieci anni. Suo padre, pugliese, pagò uno sproposito un passaggio clandestino su un piroscafo, che lo sbarcò vicino a New York. Dopo fatiche inenarrabili, e un’espulsione, il padre di Tony creò dignitose condizioni, a Brooklyn, per fare arrivare in America l’intera famiglia. Era un facchino del porto, non imparò mai l’inglese (“vietava a me e ai fratelli di parlarlo in casa”, mi ha detto ieri Tony), ma aveva trovato il mondo di vivere una vita dignitosa e dare un futuro ai figli. Ecco, sono queste storie che legano il nostro vecchio mondo a quello, sempre nuovo e in corsa, degli Stati Uniti. Tony è americanissimo. Ama il suo Paese adottivo, ha fatto il militare in Turchia e stava per partire, senza protestare, verso il Vietnam ai tempi della guerra. Ma ama sempre il suo luogo di nascita, Mola di Bari, e nella sua casa in alto, con vista sull’Hudson e il vicino New Jersey, cucina specialità pugliesi, che gli insegnò la mamma. “Peccato che tu e Roberta torniate, mi sarebbe piaciuto prepararvi qualcosa”. Sarà per la prossima volta. Con Tony all’Amaranth, mentre Roberta chiacchierava con Paola e la madre di Paola, Perla, abbiamo ricordato i vecchi tempi rizzoliani. Dico ai miei ex colleghi: Tony non ci ha dimenticato, e sa sempre tutto di noi.

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