Caffè Letterario di Crema, lunedì 27 marzo, il treno dei bambini salvati dalla furia nazista

Caffè Letterario di Crema, lunedì 27 marzo, il treno dei bambini salvati dalla furia nazista

La storia dimenticata di Nicholas Winton, lo Schindler britannico, raccontata nel romanzo «Se esiste un perdono», in cui ricorda la drammatiche fasi salienti dell’epico sforzo di un piccolo gruppo di eroi che a Praga, tra il 1938 e il 1939, fecero espatriare centinaia di bambini. A scriverla è Fabiano Massimiautore di grande successo in tutta Europa, vincitore del Prix Polar 2022 e, in passato, del cremonese Premio Giallo a Palazzo. Ne parlerà, conversando con Paolo Gualandris, al Caffè Letterario di Crema lunedì 27, in sala Bottesini del teatro San Domenico, con l’accompagnamento musicale di Clarissa Demurtas e Matteo Bacchio. L’appuntamento è per le 20,45 e l’ingresso è libero.

Come per tutte le manifestazioni del Caffè Letterario, anche questa è stata resa possibile dal contributo delle aziende che sostengono l’associazione culturale: Associazione Popolare di Crema per il territorio, Banca Cremasca e Mantovana, Sparkasse, libreria La Storia di Crema, il quotidiano La Provincia di Cremona e Crema Icas di Vaiano Cremasco.

Una storia di grande umanità e di amore totalmente altruistico, tornata alla luce grazie a un commovente video della Bbc dove, ottantenne, incontra a sorpresa i “suoi” bambini ormai adulti. Massimi accompagna il lettore in un viaggio fra storia e finzione, rischiarando una delle pagine più oscure del nostro passato con la luce della speranza. È il 1938, il furore nazista incombe sulla Cecoslovacchia e Hitler è alle soglie della città. La paura dilaga, soprattutto fra gli ebrei del Ghetto. Non c’è tempo, bisogna fuggire. Bisogna salvare i più deboli, come i bambini senza famiglia, come la Bambina del Sale. Un’impresa impossibile. Eppure c’è un uomo che ci crede, un inglese di origini ebraiche, Winton, che tenta il miracolo: allestire treni diretti nel Regno Unito per mettere in salvo quanti più bambini possibile. Tra mille ostacoli logistici e politici, e con l’aiuto della giovane Petra che lo guida in una città a lui sconosciuta e colma di fascino, Winton sta per riuscire nel suo eroico intento. Ma la Bambina del Sale sembra non voglia farsi salvare. Perché quello sguardo sfuggente? Quale segreto nasconde? In questo romanzo, che racconta la vicenda vera e dimenticata di sir Nicholas Winton.

Protagonista, dunque, è anche la Bambina del Sale, chiamata così perché tutte le sere, quando il buio allaga la città, la si incontrava all’imbocco di un vicolo dove vendeva ai passanti sacchetti in tela azzurra con dentro una manciata di sale, introvabile da tempo. Nessuno a Praga conosce il suo nome. Nessuno sa come si procura quella preziosa merce. La Bambina compare dopo il tramonto e scompare prima dell’alba, senza dare confidenza a chi incontra. Una moneta, un sacchetto. «Quando parlo di lei mi emoziono perché non lo so da dove è venuta.- ricorda commosso Massimi-. Volevo scrivere un romanzo ambientato a Praga e ci sono andato per documentarmi, perché i luoghi sono personaggi, genius loci dai quali non si può prescindere. Sono arrivato in una città magica, sospesa nel tempo dei prodigi, di esseri fatati e di fiabe; la città di Kafka e del triangolo magico, del Golem, ricca di incredibili vibrazioni. Una sera mi aggiravo nei vicoli, d’improvviso calò una nebbia, il centro divenne un labirinto. Mi ero perso, giravo a vuoto. Poi, come in un film, d’improvviso ‘vidi’ sbucare una bambina vestita di bianco, incappucciata, con in mano un canestro di vimini: dentro sacchetti di tela azzurra, riempiti di sale. Non so da dove sia venuta, ma so che è diventata il centro focale del romanzo. Nella storia è l’unica bambina di Praga che, alla vigilia dell’invasione nazista, non vuole essere salvata. Il perché si scoprirà leggendo. Ed è quindi la bambina che tutti vogliono salvare. Lei è diventata, in maniera magica, il bambino universale». Sir Nicolas mise in salvo 669 bambini, per la maggior parte ebrei, minacciati dall’avanzata del nazismo. Lo fece allestendo una serie di treni che da Praga portarono questi bambini in Inghilterra e poi nel Commonwealth, in America affidato dai loro genitori a nuove famiglie, nell’eroica rinuncia pur di dare loro una speranza di futuro. Un romanzo storico perfettamente ambientato e documentato, ma soprattutto una storia di cuore e amore. «Questa vicenda ha un tratto straordinario aggiuntivo: compiuta l’impresa, Winton e i suoi due sodali, Doreen Warriner e Trevor Chadwik, non ne parlarono, neppure con i loro famigliari, per oltre cinquant’anni». Una storia che oggi Massimi ha deciso di raccontare perché «per me è stata un raggio di speranza. Marzo 2020, scatta il lockdown e mi rinchiudo nella casa di montagna con la famiglia. Fuori il buio dell’inverno e in casa ancora più buio: tutti davanti alla tivù ad ascoltare il bollettino dei morti. Ero disperato. Un amico mi ha mandato il video di una trasmissione della Bbc del 1988. In prima fila un signore molto in età, invitato senza che nessuno gli avesse spiegato il perché. La conduttrice mostra una lista dattiloscritta con migliaia di nomi di bambini praghesi, racconta del loro salvataggio e annuncia che quel ‘nonno’ era l’eroe che lo aveva fatto. Grandi applausi, lui sbalordito, ha le lacrime, le asciuga con le dita sotto gli occhiali. E già lì ti si spezza il cuore. La ‘Maria De Filippi all’inglese’ fa qualcosa che strizza il cuore appena spezzato: chiede se nel teatro c’è qualcuno che deve a quest’uomo la sua vita. Tutta la platea si alza, decine decine di uomini e donne ai capelli bianchi e con gli occhi umidi: i suoi bambini di cinquant’anni prima. Un raggio di luce e di speranza incredibile. In quei giorni di lockdown è stata questa storia a tenermi a galla». Il filmato diventa virale, Winton grazie agli eventi ricordati, che sono anche l’asse di gravitazione del romanzo, diventa famoso e passa il resto della propria esistenza – lui che aveva ottant’anni quando viene riscoperto e che ne vive 106 -, a girare il mondo per conoscere i «suoi» bambini cresciuti, i loro figli e i loro nipoti. E a fare il testimone di questa grande impresa. Ma Dorian e Trevor sono completamente dimenticati, perché mancati molto prima, negli anni Settanta. «Il romanzo è per loro, che possano vivere nel ricordo di questo grande amore».

Dal passato all’oggi: «Quando ho iniziato a scrivere il libro – ricorda Massimi-, era il Natale di due anni fa. Pochi la ricordano, ma c’era la crisi al confine tra Polonia e Bielorussia, con migliaia di migranti che cercavano di passare e il governo di Varsavia ha tenuto i confini chiusi. Migliaia di famiglie e migliaia di bambini sono rimasti al gelo. E poi l’Afghanistan ripreso dai talebani, da cui arrivavano reportage di ragazzini randagi, abbandonati a se stessi, affamati, sporchi, addolorati. Poco dopo è scoppiata la guerra in Ucraina e io rivedo le scene di bambini che da sopra un treno o un pullman salutano con la mano contro il vetro i genitori rimasti sul binario straziati, che cercano di sorridere perché li stanno mandando verso un futuro sapendo che probabilmente non li rivedranno mai più. Aveva ragione Eugenio Montale, la storia non è magistra proprio di niente».

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