Caritas lombarde: 50° festeggiato a Milano Presentato il report sulla povertà, realizzato dal Gruppo regionale coordinato dal cremasco Claudio Dagheti

Caritas lombarde: 50° festeggiato a Milano Presentato il report sulla povertà, realizzato dal Gruppo regionale coordinato dal cremasco Claudio Dagheti

La Caritas regionale venerdì 2 luglio ha festeggiato il 50° di fondazione con una Santa Messa nel Duomo di Milano presieduta dall’arcivescovo Mario Delpini e concelebrata dai vescovi delle 9 diocesi lombarde e 9 ausiliari, da diversi presbiteri e vicari episcopali di zona e di settore, tra cui il presidente della Fondazione Caritas ambrosiana monsignor Luca Bressan, e da monsignor Angelo Bazzari e don Roberto Davanzo, predecessori dell’attuale direttore Luciano Gualzetti.

Nel dare il benvenuto ai tanti volontari e operatori di Caritas Lombardia partecipanti alla celebrazione, insieme ad autorità militari e civili e fedeli, monsignor Erminio De Scalzi – vescovo incaricato per la Caritas della Conferenza episcopale lombarda – ha tenuto a puntualizzare che “La Caritas, come tante altre imprese che rendono vive le nostre comunità, non deve essere solo il pronto soccorso per le emergenze o l’ospitalità per quelli che nessuno vuole ospitare. Siamo convocati per l’impresa di costruire un modo nuovo di convivere in questa città e in questa società”.

“La Caritas – ha aggiunto – non svolge un compito che deve restare nei settori in cui si sente capace e organizzata, ma deve indicare la via che può consentire di aggiustare il mondo. Tutti gli aspetti della vita invocano un salvatore: noi che siamo stati salvati, dobbiamo essere voce, profezia, seme.” E nell’omelia l’arcivescovo Delpini gli ha fatto eco sottolineando che “quello che ci importa è farci avanti, ancora, a uno a uno per praticare la logica del seme e non accontentarci di operare bene facendo il bene, piuttosto ci sentiamo parte dell’impresa di aggiustare il mondo praticando l’amore. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”.

Dopo la Santa Messa il delegato regionale Caritas Luciano Gualzetti ha presentato il report “Gli effetti del Coronavirus sulla povertà”, realizzato dal Gruppo regionale degli Osservatori delle povertà e delle risorse, coordinato da Claudio Dagheti, direttore della Caritas della nostra diocesi. Dalle 34 pagine del documento emerge come alle persone che già si rivolgevano alla “rete” lombarda – 1.689 Caritas parrocchiali, 672 centri d’ascolto e una molteplicità di “opere segno” nei territori delle dieci diocesi della regione – si sono aggiunti gli “impoveriti da Covid”: quanti, per la prima volta, hanno sperimentato condizioni tali da costringerli a chiedere aiuto. “Fra settembre 2020 e marzo 2021 – ha evidenziato infatti – la rete delle Caritas lombarde ha accompagnato 78.882 persone. Di queste, il 51% erano donne, gli stranieri il 49,8%. E il 13% ‘nuovi poveri’. Mentre nel periodo marzo-maggio 2020, quello del primo lockdown e della piena emergenza sociosanitaria, erano state circa 77mila le persone aiutate, di cui 27.901, pari al 36%, i nuovi poveri.” “È in corso una crisi sanitaria, economica e sociale di cui è difficile prevedere la fine. Il rischio è produrre ‘fratture insanabili’. Ancor più – si mette in guardia – con la fine del blocco dei licenziamenti. E la prospettiva di una ripresa economica che rischia di lasciare indietro i più ‘fragili’.”

La crisi non ha risparmiato nessuno: chi vive di lavoro nero spazzato via dal primo lockdown, chi di contratti a termine mai più rinnovati, ma anche chi attendeva di ricevere la cassa integrazione o il Reddito di cittadinanza. A destare preoccupazione, per il prossimo futuro, sono infatti anche le famiglie e i piccoli imprenditori titolari di attività commerciali o artigianali che non sono in grado di restituire i prestiti contratti in questi mesi, né coi propri redditi, né con il patrimonio: almeno 20 mila persone in Lombardia (90 mila in Italia) tecnicamente definite sovra-indebitate, potenziali vittime di usura. Nove diocesi su 10 hanno segnalato l’aggravarsi delle difficoltà abitative delle famiglie e delle condizioni occupazionali dei giovani; otto, le difficoltà lavorative delle donne e la povertà educativa che – assieme al disagio psico-sociale delle nuove generazioni – è fra le ‘novità’ più drammatiche della pandemia.

Nel primo lockdown, alle difficoltà economiche – perdita di lavoro e reddito, fatica a pagare affitti e mutui – si sono aggiunte quelle scolastiche e psicologico-relazionali con aumento di solitudine e depressione, oltre all’incremento delle difficoltà per le persone disabili e le loro famiglie. “Restano purtroppo le preoccupazioni per il futuro: l’imminente sblocco dei licenziamenti, i contratti di lavoro non rinnovati, le famiglie che lasciano indietro affitti e mutui, i cinquantenni che si trovano senza lavoro e con la necessità di riqualificarsi, gli adolescenti e i giovani che perdono il piacere delle relazioni sociali, i vaccini che ancora non raggiungono i più poveri in Italia ma anche nel mondo, e molte altre grandi sfide che ci troveremo ad affrontare nei prossimi tempi”, fa osservare nelle sue conclusioni del report il coordinatore Claudio Dagheti. “Allo stesso tempo, come comunità cristiane, abbiamo imparato qualcosa di prezioso: abbiamo capito che per essere una Chiesa ospedale da campo è importante trovare sempre il modo di ‘esserci’… sempre e comunque!”

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