Chico Coti Zelati, da sabato 21 ottobre la mostra in Sala Agello

Chico Coti Zelati, da sabato 21 ottobre la mostra in Sala Agello

A seguire  l’introduzione a cura del professore Cesare Alpini alla mostra di pittura del  collaboratore del Centro Galmozzi Chico Coti Zelati. L’inaugurazione avverrà sabato 21 ottobre alle ore 17 presso la Sala Agello di Crema.

A casa del pittore.

Quando vado da un pittore per preparare la presentazione di una mostra, guardo e, in genere, faccio domande all’artista per capire meglio il suo lavoro. Da Chico Coti Zelati, invece, mi è bastato vedere. Certo ho poi parlato con il pittore, ma i suoi quadri, in pratica, hanno assorbito completamente il mio interesse, raccontando da sé e facendomi provare un vero piacere visivo e uno stato di serenità e di benessere direi fisico. Le opere di Chico sono esattamente quello che ci si aspetta dalla buona pittura: una raffigurazione chiara e comprensibile, ottenuta con una tecnica abile e sicura, usando con sapienza i colori, costruendo con la luce i volumi e la spazialità, cioè con armonia e sensibilità gli aspetti del visibile nel tema scelto.

Persona timidissima Chico, è sempre stato incerto se presentare al pubblico e al suo giudizio, i suoi lavori; in effetti è con i suoi dipinti che parla e si relaziona con gli altri, ben consapevole dei risultati raggiunti, frutto di impegno e di una matura e profonda percezione della natura e dell’uomo. Ora grazie alla considerazione e alla pressione degli amici, dopo anni dall’ultima esposizione, si è deciso ad allestire una mostra personale nella sua città. Con “timore e tremore” ha seguito la mia visita e soppesato ogni osservazione, avendo accanto la rassicurante presenza della moglie e dell’amico (dai tempi del liceo) Felice Lopopolo.

Solo nel momento della positiva valutazione dei suoi quadri, fatta in modo semplice, spontaneo e amichevole, si è rilassato lasciandosi andare a ricordi, commenti, sul suo iter creativo, parlando, sempre poco ma con piacere, della sua passione per la pittura, e dei risultati in essa cercati e spesso ottenuti. Il timore del giudizio critico è tipico in chi, come lui avendo una formazione da autodidatta, cioè non certificata da scuole o accademie, dimentica che tra i più grandi pittori (e penso in particolare alle generazioni dell’Ottocento e del Novecento), molti si sono creati da sé con impegno e capacità,
liberi dai vari condizionamenti educativi.

Nella sua auto presentazione non fa alcun cenno a maestri, ma i maestri ci sono e si vedono nei suoi quadri. Chico si è scelto liberamente quelli che gli erano più affini, vicini ai suoi interessi per la natura e l’indagine dei sentimenti umani. E si è preso la parte migliore nella storia: Monet e la sua pittura colorata, luminosa, en plein air; Cézanne con la sua strenua ricerca della forma e della verità nella natura, come una missione totale e sacra, dove vita e arte erano un tutt’uno; Van Gogh con la sua emozione primaria e lo stupore primordiale, accentuati da una enorme sensibilità, davanti al creato. Infine, accanto a Van Gogh, in certi ritratti o negli autoritratti, con la loro indagine psicologica e la ricerca materica, compare lo studio di Rembrandt nei bellissimi volti.

Sulla traccia di questi “suoi maestri”, sapendo aggiornare la loro lezione con l’attenta conoscenza delle espressioni figurative del Novecento (anche cremasco, Martini, Boriani, Fayer) e attraverso una sua personale sensibilità, ha a poco a poco costruito una sua pittura e, con essa, la sua naturale percezione visiva e artistica. Non poteva
che dipingere così e così bene. Tocchi di spessore materico, dissolvenze e sfumature atmosferiche, frazioni di luce e riflessi, tensioni nella stesura cromatica o pacificanti ampie campiture di colori, inquiete vibrazioni della mano come a registrare quello che gli occhi indagano nell’uomo ritratto, e l’impressione di sentire, odorare la natura, comprendere e essere presenti in quello che vediamo.

Molti pittori all’epoca delle avanguardie (Astrattismo in particolare), per essere accolti dalla critica e considerati moderni, adottarono tali modelli e motivi, tradendo magari
la loro vera dimensione figurativa e facendo modesti dipinti. Solo con la caduta di certi dogmi avanguardisti, hanno potuto tornare alla rappresentazione naturale
e alla spontanea “mimesis”della vita e della realtà.

Chico, da artista appartato per carattere e per umiltà, indifferente a indirizzi politici decisamente orientati, ha dipinto la sua verità con adesione fedele alla pratica della pittura, offrendoci con i suoi quadri e con le sue poesie (è anche questo: pittore poeta) una confessione di sé, un segreto sentire, profondo, colto, sincero che sa comprendere
la vita e dirci che ci si può anche trovare a disagio in questa società dell’apparenza.
Con introspezione e un dialogo onesto e sommesso con se stesso (e penso con la moglie), ha dato una testimonianza di ciò che sono stati i nostri decenni di cultura e arte,
da un angolo quasi “marginale”, ma per questo non sottoposto alle mode
e alla conseguente superficialità.

Ne sono prova gli intensi e bellissimi ritratti, una lettura psicologica di se stesso
e degli altri, e la consonanza con la natura, il suo silenzio, la ricerca di pace nell’inquietudine esistenziale e la serenità nella bellezza. Ora è tempo,
passate la schermaglie critiche che volevano orientare la creatività degli artisti,
di far partecipi tutti, oltre la stretta cerchia degli amici ed estimatori, di far conoscere
la sua pittura, di far sentire la sua voce autentica e poetica, cremasca,
per una migliore e intima consapevolezza dell’oggi.

Cesare Alpini

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