Secondo uno studio dell’Università di Harvard, il legame affettivo con la figura paterna influisce direttamente sull’autostima, sulla sicurezza emotiva e sulla capacità di costruire legami sani.

Un pugno nello stomaco. Un grido silenzioso. Una lettera mai spedita. “Mi avevi perso già” (Pako Music Records), il nuovo singolo di Vi Skin, è tutto questo e molto di più. È la storia di una bambina che ha cercato per anni lo sguardo di un padre fisicamente presente, ma emotivamente assente. È la voce di chi cresce nel silenzio di chi dovrebbe esserci, ma non c’è stato come avremmo voluto. È un pezzo che scuote, scava nell’anima, risveglia ferite sopite e le lascia respirare per trasformarle in consapevolezza e, finalmente, guarirle.

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Un colpo al cuore, una canzone che squarcia il silenzio: «Sai, papà un giorno ti mancherà la tua bimba che ti chiederà “Ti va di giocar con me, papà?”». Ferite invisibili che segnano l’intera esistenza e che Vi Skin racconta senza filtri. Senza retorica, senza edulcorazioni, senza paura.

Perché il bisogno di essere visti, accettati e amati non è mai un capriccio. È una necessità che definisce chi siamo. In un’epoca di apparenze, superficialità, like e filtri, l’attenzione è diventata una moneta di scambio. Ma qui non si parla di visibilità effimera: si parla del bisogno viscerale di essere visti da chi, per primo, ha il compito di insegnarci a guardare noi stessi e il mondo con occhi curiosi e comprensivi.

Ma cosa succede quando quella comprensione e quell’amore non arrivano nella maniera sperata? Vi Skin risponde con versi che graffiano.

«Quanti “Non posso”, “Non voglio”, “Non posso”» sono le parole non dette, i gesti mancati, gli sguardi sfuggiti. Il testo di “Mi avevi perso già” si sviluppa come un monologo interiore che ripercorre l’infanzia di una bimba in cerca di attenzione, fino alla presa di coscienza di un’adulta, una donna che ha imparato a bastare a se stessa: «Mi voglio bene quando scrivo, allora scrivo, scrivo, scrivo, scrivo».

Vi Skin non cerca pietà né vuole dipingersi come una vittima. Al contrario, attraverso questo brano, si fa portavoce di chi si sente inascoltato. Una realtà che accomuna molti giovani, spesso incapaci di trovare il sostegno emotivo di cui avrebbero bisogno all’interno delle mura di casa. Non è un atto d’accusa, ma una riflessione sincera su un’ombra invisibile più comune di quanto si creda.

Lo dimostrano i numerosi messaggi che l’artista ha ricevuto da ragazzi e ragazze che si sono riconosciuti nelle parole delle sue canzoni. Giovani che hanno trovato nella sua musica quella comprensione e vicinanza che non riescono a trovare in famiglia. Per loro, la musica diventa un rifugio, uno spazio sicuro in cui sentirsi visti e ascoltati. E “Mi avevi perso già” è anche per loro, come afferma la stessa Vi Skin:

«Con questo brano ho cercato di dare voce alle grida silenziose dei molti giovani che mi scrivono, raccontandomi di non sentirsi compresi, capiti, accettati dai propri genitori. Spero che i versi e le note che ho scritto, possano rompere quei muri di incomprensione e indifferenza che sembrano insormontabili, portando le persone a riflettere e ad avvicinarsi, convertendo i silenzi in parole comprensive e accoglienti.»

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