“Stiamo vivendo un periodo di crisi caratterizzato dall’esplosione delle emergenze sociali. La natura strutturale della crisi economica, la sua durata e le difficoltà nel fronteggiarla hanno messo in evidenza non solo la fragilità del modello socio-economico, ma anche i paradigmi culturali su cui si fonda il nostro sistema sociale.

Questa crisi non è solo economica, ma anche culturale: essa riflette una crisi più profonda che coinvolge il modo di pensare dominante. La comunità in cui viviamo è composta da una rete ampia e articolata di relazioni, e in questa prospettiva diventa essenziale unire le forze e le risorse per costruire un modello sostenibile. Occorre ripensare il concetto stesso di welfare, poiché nelle attuali condizioni esso non è più in grado di garantire il benessere atteso, se non in un contesto culturale e valoriale rinnovato.

Gli enti locali devono collaborare con le altre istituzioni e ricevere il supporto della comunità. In questa ottica, è necessario sviluppare interventi integrati, superando la frammentazione delle risorse e dei servizi. Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo adottato il metodo della co-progettazione e della co-programmazione, coinvolgendo il privato sociale non solo come semplice erogatore di servizi, ma come un vero e proprio partner con cui realizzare interventi mirati al benessere della comunità. Attraverso il Piano di Zona, abbiamo valorizzato le risorse specifiche di ogni realtà locale, redigendo un unico documento strategico capace di orientare risorse e politiche verso uno sviluppo omogeneo e trasversale.

Garantire l’efficienza dell’azione sociale non significa ridurre la spesa, ma piuttosto investire in modo adeguato ed efficace per rispondere meglio ai bisogni effettivi della popolazione. Per questo motivo, in qualità di Comune capofila, abbiamo avviato un percorso condiviso per la costruzione del Piano di Zona, promuovendo la partecipazione attiva degli attori sociali, degli operatori, degli enti del Terzo Settore e degli amministratori locali. Il confronto e il coinvolgimento di queste realtà sono stati strategici per la costruzione di un progetto con una visione territoriale ampia.

Alla co-programmazione del Piano di Zona hanno partecipato circa 100 realtà del Terzo Settore, oltre agli amministratori del territorio. Questo Piano introduce tre elementi di novità:

  1. Integrazione socio-sanitaria: è necessario attivare politiche che integrino le risorse, specialmente in un periodo di scarsità, per evitare la sovrapposizione dei servizi e garantire una lettura del bisogno a 360 gradi.
  2. Analisi dei bisogni legati alla povertà e all’emarginazione: è in aumento il numero di persone a rischio povertà ed esclusione sociale. Questo fenomeno comporta diverse forme di disagio:
    • Povertà abitativa;
    • Necessità di sostegno per l’inserimento lavorativo e l’autonomia;
    • Povertà educativa, con particolare attenzione ai giovani in fase pre-adolescenziale e adolescenziale. Questa condizione preoccupa famiglie, scuola e comunità, rendendo fondamentale investire nei giovani per garantire un futuro solido.
  3. Il tema degli anziani: l’invecchiamento della popolazione è una questione centrale e strategica. Il nostro territorio soffre di una carenza di posti nelle strutture residenziali e nelle RSA, una problematica che il Piano di Zona dovrà affrontare con interventi mirati.

Strategie

A livello strategico, è fondamentale rafforzare il territorio attraverso il consolidamento dei subambiti, ovvero l’aggregazione dei comuni, che devono dialogare costantemente con Crema, Comune capofila con il ruolo di leadership territoriale. L’obiettivo è un welfare basato sulla corresponsabilità.

Molte delle politiche sociali sono state affrontate a livello territoriale per superare l’autoreferenzialità e la frammentazione, le quali, in un contesto di risorse limitate, rischiano di compromettere l’efficacia degli interventi. Ad esempio, nel settore della lotta alla povertà e delle politiche abitative, la gestione delle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi popolari è stata centralizzata a livello territoriale sotto la guida del Comune capofila, così come la gestione delle emergenze abitative e degli sfratti. Anche le politiche di orientamento giovanile devono essere condivise e rese strutturali per l’intero territorio.

A livello organizzativo, sono in corso riflessioni sulla governance, che si muove su due assi fondamentali:

  1. Rafforzamento dei subambiti, per garantire un migliore coordinamento tra i comuni;
  2. Potenziamento dell’Ufficio di Piano, con un incremento delle risorse disponibili per migliorare l’efficacia dell’azione sociale.

La sfida di un welfare territoriale richiede una regia forte e un coordinamento saldo, affinché le politiche sociali possano rispondere in modo concreto ed efficace ai bisogni della comunità.”

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