Elezioni e leadership nel Cremasco

Elezioni e leadership nel Cremasco

Quale leadership per il Cremasco? La domanda si ripropone  e ritorna d’attualità dopo i risultati delle elezioni nazionali e regionali. La questione merita una riflessione serena e tranquilla e una risposta  netta. In caso contrario, si proseguirà a traccheggiare e il territorio continuerà ad essere marginale rispetto alle alleanze e alle scelte strategiche e programmatiche sovra comunali.

Oggi, piaccia o meno, il  comune di Crema non rappresenta il Cremasco, anche se si arroga questo diritto e lo esercita, forte della sua indiscussa superiorità numerica. Un peccato di presunzione sul quale si potrebbe sorvolare se i risultati fossero soddisfacenti,  ma la realtà non permette questa rimozione. Due esempi che non concedono di assolvere la città. Il territorio ha perso il tribunale  senza lottare è l’università pronta ad abbandonerà la riva del Serio.  Si potrebbe obiettare che ha vinto la battaglia dell’autonomia dell’ospedale. Verissimo, ma il leader della resistenza non era Crema, ma  Casaletto Ceredano.

La città invece di anticipare gli accadimenti, li rincorre. In balia delle decisioni altrui,  interviene quando il malato è in rianimazione.  Ignora   che la prevenzione sia  meglio della cura.

Affetta da un ego smisurato, sproporzionato alle proprie capacità,  la città si crede l’ombelico del mondo e impone le scelte anche a coloro che dovrebbe considerare alleati.  Un esempio paradigmatico dell’arroganza cittadina  lo si estrapola dalla gara per l’appalto di igiene urbana. In quell’occasione Crema impose ai comuni soci di introdurre, tra i servizi base del capitolato d’appalto, la pulizia dei mercati.  Decisione che metà dei presenti alla votazione non condivideva.

Si può obiettare che  s’è costituita l’Area omogenea e, pertanto,  la questione della leadership è superata, ma è un’illusione. Un ologramma.

Un organismo costruito con il bilancino del farmacista e lo schema 7-7-1, dove 7 sono i membri di Centrodestra e Lega, 7 del Centrosinistra e 1 di un comune che ha dichiarato di non sentirsi cremasco, non può funzionare. Al primo refolo di vento  salta l’omogeneità. Le elezioni del 4 marzo non sono state un refolo, ma uno tsunami e la formula 7-7-1 è già fuorigioco. Anche qui un esempio. La Lega è rappresenta nell’Area Omogenea da un solo membro. Il centrosinistra  da sette. Non serve commentare.

Ma non sarebbe un problema se Crema esercitasse una leadership politica con una parziale autonomia dai partiti,  ma più che una speranza è un’utopia. E sia chiaro l’osservazione  non  riguarda solo il passato prossimo, ma anche a quello remoto.

Manca una cultura del territorio.  Prevale quella del particulare di guicciardiniana memoria, dell’interesse di bottega.

Una leadership per il territorio è tale se resiste a refoli di vento e tsunami. Questo è possibile?

Difficile rispondere. I riscontri non sono incoraggianti e si potrebbe citare quel che avviene per Scrp.

Per chiudere il cerchio e tornare all’inizio: Crema è il naturale soggetto al quale affidare la leadership del territorio, ma questo ruolo non le è riconosciuto, anche se lo esercita.

E’ un generale con un esercito non motivato.

«Al mio segnale scatenate l’inferno» comanda il generale Massimo Decimo Meridio, poi Gladiatore, alle sue truppe che obbediscono senza un attimo di esitazione. Ora, se Crema lanciasse lo stesso segnale ai Comuni cremaschi, non solo dovrebbe ripeterlo più volte, ma si ritroverebbe anche con qualche  diserzione. Si scatenerebbero pretoriani e mercenari,  categorie sulla cui fedeltà è meglio non scommettere.

Vogliamo discuterne? Con pacatezza. Per il bene del territorio.

 

Antonio Grassi

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