Il 12 maggio ricorre la giornata mondiale della Fibromialgia ed è con molta emozione e con un pizzico di pudore che ho ritenuto opportuno espormi in prima persona per dare un senso a questa patologia, per darle un volto, una storia tra le tante: la mia, che è la stessa di altre migliaia di donne come me.

La chiamano la malattia fantasma, c’è ma non si vede, non ci sono esami strumentali che la rilevino, eppure esiste ed è proprio questa subdola condizione a renderla ancora più terribile. Il percorso per giungere alla diagnosi è lungo e tormentato ed una volta constatata la malattia si apre un altro baratro: non esiste cura e non esistono tutele.

È una patologia che ti toglie la dignità, letteralmente, che ti porta ansia sino ad arrivare alla depressione, che non è altro che il risultato di anni ed anni spesi a vuoto nel cercare di farsi ascoltare da un medico, il quale, dopo aver prescritto le visite più disparate, nella stragrande maggioranza dei casi conclude che si tratta di ipocondria!

La cosa più terribile per una persona in questa situazione è essere etichettata come malato immaginario, è qui che inizia il vero dramma, la consapevolezza di avere dei dolori reali ed insopportabili ma non essere creduta, né dal proprio medico, men che meno dai propri familiari ed amici che pensano tu sia “solo” pigra. Il medico ti prescrive ansiolitici e magari anche antidepressivi e tu rispondi: “No grazie! Non mi servono, il problema è un altro.” È evidente che si tratti di una patologia che ha dei risvolti psicologici importanti, ma non sono la causa della malattia che non è psicosomatica, è esattamente l’opposto.

In oltre vent’anni di esperienza con la “bestia” ho vissuto sulla mia pelle situazioni al limite dell’assurdo, maturando una consapevolezza di abbandono totale che è l’apice di tutto, ci sono voluti esattamente vent’anni per avere una diagnosi! Nel frattempo, la malattia è progredita e peggiorata. Ignoranza, mancanza di ascolto, disinteresse ed una visione preconcetta sono, di fatto, l’ostacolo contro cui combattiamo davvero, ancor prima di poter combattere contro una patologia di cui ancora non conosciamo il nome.

Esiste un momento nella vita di un fibromialgico nel quale passa dall’estenuante insistenza nel far capire agli altri il suo stato di malessere, al mutismo assoluto, perché impara a soffrire in silenzio, sino a diventare un eccellente dissimulatore, bello fuori e distrutto dentro, tanto che spesso gli altri non si accorgono neppure che sia affetto da questa patologia.

In Italia la fibromialgia non è riconosciuta come malattia invalidante, siamo indietro anni luce, mentre Regione Lombardia ha fatto passi importanti riconoscendola come tale e sono certa che, con il nuovo consiglio, si tornerà al tavolo dei lavori, dalla nostra regione può partire il volano per il riconoscimento a livello nazionale, abbiamo bisogno che sia inserita nei Lea, abbiamo bisogno che ci vengano riconosciute esenzioni, tutele sul lavoro, sino ad arrivare all’invalidità vera e propria nei casi più gravi.

La fibromialgia ha nel dolore cronico e diffuso il sintomo più rilevante, ma è una sindrome che colpisce molti organi, procurandoci sintomi apparentemente del tutto scollegati tra loro, difficilmente i medici collegano i puntini e capiscono con che cosa hanno a che fare, per questo il sistema va cambiato, va evoluto a partire dalla cultura del medico di base.

Abbiamo bisogno di un centro specialistico multidisciplinare che sia in grado di seguirci adeguatamente, ma occorre davvero un cambiamento culturale rivoluzionario, trasformando chi ne è affetto da fantasma ad essere umano, che ci consenta di avere la stessa dignità di chi soffre di patologie largamente conosciute.

Al lavoro ci considerano negativamente se non riusciamo a mantenere il ritmo degli altri, non apparteniamo a categorie protette, non siamo protetti da nessuno, purtroppo.

In una società che non ama le persone imperfette, noi, che neppure possiamo contare su quel minimo di tutela, siamo in una condizione psicologica devastante. La fibromialgia è una malattia sociale, non è solo una serie di sintomi, distrugge le nostre relazioni in ogni ambito ed è molto faticoso conviverci, estenuante, per questo ci definiamo guerriere e ne parlo al femminile poiché è una sindrome che colpisce quasi esclusivamente le donne, anche questo non aiuta.

Quando si parla di donne ci si limita a pensare al tumore al seno od al collo dell’utero, malattie terribili e potenzialmente mortali, ma non le uniche decisamente femminili. Di fibromialgia non si muore, per fortuna, ma la qualità della nostra vita è pessima.

La misoginia che serpeggia ancor oggi si riflette in maniera silente anche in questo ambito, non ce ne accorgiamo, non è palesata, perciò ancor più subdola, lede la nostra dignità nel profondo, ci fa sentire meno importanti perché donne, siamo già malati di serie B e come donne veniamo maggiormente retrocesse, messe in panchina a fremere mentre guardiamo gli altri che giocano e noi no, inchiodate al palo.

L’unico modo per tenerla un po’ a bada è mantenerci attive ed assecondare le proprie passioni, non sempre ci riusciamo appieno, ma ci impegniamo moltissimo, non vogliamo essere identificate con la nostra malattia, noi siamo altro, la fibromialgia è solo un ospite indesiderato che ci portiamo dietro nostro malgrado.

Per portare avanti questa vera e propria crociata, anche contro il pregiudizio, sto organizzando degli eventi sul territorio, al fine di sensibilizzare per prima l’opinione pubblica, così che questa patologia non sia più sconosciuta, che se ne parli, che la si affronti con la serietà che merita. La mia voce si unisce alle altre che prima di me si sono impegnate in questa battaglia, poiché ognuna di noi, nella propria disponibilità ha il dovere verso gli altri di fare emergere dal sommerso questa condizione terribile nella quale viviamo.  Essendo un consigliere comunale, impegnata politicamente è per me necessario metterci la faccia, l’impegno ed anche avere il coraggio di espormi al giudizio o pregiudizio altrui. Ciò che conta è combattere per ottenere un risultato, facciamolo insieme e ne usciremo tutti più forti, perciò, parliamone affinché nessun malato di fibromialgia si senta più invisibile!

Monica Riccardi

Lega e Consigliere Comunale di Chieve da Vivere

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