I racconti del Motel, le urla attraenti di Ekaterina

I racconti del Motel, le urla attraenti di Ekaterina

Premessa

Ѐ risaputo che i grafomani si prendono molto sul serio e Calvo Pepàsh non sfugge alla regola. Dagli un tema e lui parte per la tangente. Così è stato per quel giochino a sfondo erotico proposto da Sussurrandom e che aveva per protagonista il Motel sull’autostrada: raccontateci le vostre storie. Forte di circa cinquanta anni di esperienze, qualcosa in più che in meno (sia come addetto ai servizi per pagarsi gli studi, sia come gaudente cliente in compagnia di amiche che… “Cazzo parli come un libro stampato, però adesso svegliati”), il nostro collaboratore si è lasciato prendere la mano. In maniera sconclusionata.

 

Per capire, eccovi l’incipit proposto da Sussurrandom.

Vista sull’autostrada. Tutto scorre. Le tendine di plastica beige plastificate, l’aria condizionata a palla e la tv sul canale porno a pagamento che trasmette solo hard di terza categoria degli anni 90 con le modelle cecoslovacche (ancora non erano divisi) che non si bagnano neppure se usi l’olio di palma. E poi in un angolo il copriletto ocra buttato per terra e le lenzuola di cotone misto acrilico che ti sbucciamo le ginocchia come quando cadevi sulla ghiaia. Il menù con la lista dei piatti surgelati, marca due salti in padella, dove non mancano mai lasagne e cannelloni. E poi ovviamente la cosa più terribile: la tua lei che soffoca sbadigli mentre ci dai dentro e dalla stanza accanto una urla come se non ci fosse un domani.

 

 

Capitolo primo

Le urla della stanza accanto, quasi che non ci fosse un domani, giungevano fino al banco di registrazione. L’addetto, per la verità assonnato e maleducato,  mi guardò come se fossi un marziano: “Non accettiamo extracomunitari né terroni.”  In verità il mio gabardine grigio topo lasciava alquanto a desiderare, come se ci fosse passato sopra un carro armato appena uscito dal fango. “Tutto occupato”, disse. Ci vuole altro che un portinaio scorbutico per scoraggiarmi e tirai fuori la solita frase ad effetto: “Giovanotto, lei non sa chi sono io.” L’essenziale dei miei documenti e un paio di centoni lo convinsero: “Voglio la stanza accanto a quella della tipa che urla come una matta, quasi che non ci fosse domani.” “Okkèi capo. Con coperta o senza?” “Senza, sono in servizio.”

Di lì a poco giunse un tipo molto britannico. Poi uno che sembrava francese, almeno dalla pronuncia. Altri se ne aggiunsero: un croato, un portoghese, un greco, tedeschi non ti dico, e via via altri strani individui, tanti comunque da riempire l’atlante geografico.  Tutti con la medesima richiesta: una camera accanto a quella da dove giungevano le urla della stanza accanto, quasi che non ci fosse un domani: “Nessuna coperta, grazie, siamo in servizio.”

Delineato il quadro, che stava letteralmente facendo impazzire il portiere di notte, è necessaria una precisazione. L’enorme Motel, situato alle porte di Milano, raccoglieva clientela internazionale durante la stagione delle fiere alla Campionaria, ma in seguito si accontentava di qualche coppia con gli ormoni in subbuglio. Dunque, in quella situazione d’imprevedibile emergenza, la direzione non trovò di meglio che collocare le richieste in forma di assedio attorno alla stanza in questione, dal primo all’ultimo piano e anche da destra a sinistra, ché intanto le urla si potevano sentire ovunque.

Verso le sei del mattino il silenzio cadde sull’intero monoblocco. Dalla camera… quella lì, insomma, giunse la richiesta di un taxi. Vi salì una donna, sola, e avvolta nel mistero, in tutti i sensi. E si scatenò un altro finimondo, perché tutti i taxi in servizio a Milano vennero dirottati sul Motel con precedenza assoluta. Ricche mance in vista: “Non perda d’occhio la vettura del suo collega.”

Verso le otto l’auto pubblica che chiameremo “Tango 4” scaricò la donna avvolta nel mistero di fronte al tempio della musica lirica milanese. Ne scese Ekaterina Kattacikova in tutto il suo splendore di soprano senza uguali.  In quel Motel era andata soltanto per fare dei gargarismi lontano dai rumori della città, in attesa della prova generale de “La Traviata”.

Calvo Pepash

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