Si è tenuto qualche giorno fa a Cremona presso lo Spazio Comune, messo a disposizione dal comune e organizzato da Sabrina Vernaschi, il consueto appuntamento semestrale con gli incontri “Spazio all’informazione” per dare risposte ed approfondimenti sui crimini che hanno scosso l’opinione pubblica e sono poi diventati casi mediatici. Il caso criminale stavolta preso in esame è stato il delitto di Garlasco (l’omicidio della giovane Chiara Poggi) avvenuto il 13 agosto del 2007, uno dei casi giudiziari che ha avuto un lungo iter investigativo e processuale e numerosi colpi di scena durante i cinque processi che hanno portato alla definitiva condanna di Alberto Stasi (allora fidanzato della vittima) a sedici anni, senza l’aggravante (decisione molto discussa) della crudeltà.  A dibatterne di fronte al numeroso pubblico presente c’erano, anche stavolta, il Primo Capitano Antonino Di Mora, presidente dell’associazione UNUCI e membro dell’Accademia Italiana di Scienze forensi, insieme all’avvocato Michela Manganati e a Gianpaolo Saccomano, regista internazionale che ha diretto l’apprezzato e pluripremiato film “Nero Fiorentino-il caso Mostro di Firenze” e che ha collaborato a lungo per riviste specializzate sul crimine e sul mistero e, per conto di privati, ad alcune indagini investigative. “Se solitamente l’omicidio è come la scena finale di un film che si è svolto secondo un copione ignoto – ha affermato Saccomano in una sua recente intervista – uno dei metodi per risolverlo, per arrivare ad individuare il colpevole, dovrebbe essere quello di ricostruire le azioni della vittima e dell’assassino”. In modo da ricomporre a ritroso, fotogramma per fotogramma, l’intera sequenza… “purtroppo -continua Saccomano – nel caso di Garlasco questo metodo non ha funzionato del tutto e ci ha condotto alla condanna di Alberto Stasi, dopo due assoluzioni, come unico autore del delitto, lasciando ancora molti punti non chiariti e il dubbio che forse l’assassino non sia davvero stato lui”; dubbi, dettagli e piste alternative che proprio il regista ha avuto il compito di esporre ad un pubblico cremonese particolarmente attento. A far conoscere, nel dettaglio, la scena del crimine e le modalità omicidiarie derivanti dalle indagini delle autorità e della polizia scientifica, RIS di Parma compresi, ha invece provveduto egregiamente e con l’ausilio di fotografie il Capitano Di Mora, mentre la avvocata Michela Manganati ci ha aiutato a districarci nel complesso iter giuridico-giudiziario che ha portato alla condanna dell’unico imputato, Alberto Stasi, il 15 dicembre del 2015 come autore dell’efferato omicidio della giovane fidanzata Chiara Poggi. Stasi, che si è sempre dichiarato innocente, rappresenta dal punto di vista mediatico il “colpevole ideale”: personalità ombrosa, poco empatica, calcolatore e molto freddo, occhi di ghiaccio e vagamente “viscido” , da subito è finito nel mirino degli inquirenti che, seppur non abituati ad affrontare un caso di quella portata (Garlasco è un paese della sonnolenta Lomellina che conta diecimila anime!) hanno compiuto tanti e tali errori e disattenzioni, soprattutto nella prima (importantissima) fase delle indagini, al punto da far esclamare al magistrato del tribunale di Vigevano  se “ad indagare fosse stato fino allora Topo Gigio!”. Il regista Saccomano ha tentato di esporre al pubblico alcune piste, sorvolate o mai vagliate dagli inquirenti, che prendono in considerazione altre persone che facevano parte della vita, assai morigerata, della povera Chiara …e dal dibattito col pubblico ne sono poi usciti alcuni spunti davvero interessanti, dei quali scriveremo in un prossimo articolo basato sulle considerazioni del regista cremasco.

stefano mauri

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