Il capitano Moresco stava cercando una scusa plausibile per strappare il padre dal letargo invernale e riportarlo per pochi giorni alla vecchia vita di caserma.

D’accordo, un maresciallo in pensione, vedovo un po’ immusonito, e uno scapolo  sempre alle prese con indagini e camicie da stirare, non è che abbiamo poi molte cose da raccontarsi, però davanti a una pizza surgelata riscaldata al forno microonde e a una birra, qualche argomento sempre lo si poteva ritrovare,

altrimenti che cazzo di carabinieri sarebbero?!

L’esca capitò a proposito: “Papà, abbiamo fermato una tua vecchia conoscenza, Aristide Galbiati. Una cazzata, però, magari, ti piacerebbe rivederlo, ti manda i suoi saluti.”

Mica un pirla qualsiasi, il Galbiati, e se il mio figliolo l’ha fermato stai certo che… “Sola andata, grazie.”

Tutum tutum tutum faceva il treno: “Negli ambienti dove non è vietato fumare il nome di Aristide Galbiati era rispettato. Non era un “soffia” perché s’era fatto alcuni soggiorni al 2 di via Filangeri al posto di altri: alcuni perché erano amici, altri perché erano troppo pirla per finire in galera.

Anche i banditi hanno un cuore. però di soprannome faceva “Policlinico”, perché quei tre o quattro che avevano voluto fare i furbi e fregarlo, a distanza di anni sono ancora ricoverati al reparto traumatologico del suddetto reparto e l’osteoporosi c’entra un cazzo. Non so se mi spiego, ma il suo era un ‘pitigrì’ della madonna. Tanto ‘della madonna’ che era finito anche sulle scrivanie di mogano di alcuni padrini residenti in America. Declinò gli inviti per incompatibilità ideologica, poiché aveva un debole per le bandiere rosse. Di quel che era non né aveva mai fatto mistero, né in casa, né all’osteria né in Caserma o in Questura. Non aveva mai creduto nel grande colpo risolutivo, di quelli che ti sistemano per il resto della vita: ‘Perché se uno nasce come me, dopo un po’ finisce che s’annoia, anche di essere ricco e sfaccendato.’ ”

E così ci si rivede di nuovo!

Maresciallo, tutto sommato il piacere è anche mio. Sono anni che non ci ‘bazzicchiamo’… Comunque il bimbo aveva le sue buone ragioni. E se te lo dico io, Calabiano, tu mi devi credere. Lo sai come son fatto: canto solo se c’è un torto da raddrizzare e poi, recentemente, il dottore m’ha detto che soffro della sindrome di Robin Hood.

Galbiati… Non fare il pirla. L’ultima volta che ti ho beccato, anni fa, ti sei fatto un anno di galera mentre i tuoi soci…

Dettagli trascurabili, caro il mio Moresco, dettagli trascurabili… Il malloppo non l’avete mai trovato e adesso te lo posso anche dire: detratte le spese primarie (Costa Azzurra, buon vino e belle donne) il resto… Il resto, tutto in borse di studio per i figli di quelli che abitavano sulla mia ringhiera e andavano a farsi il culo in fabbrica. Un paio forse li conosci, i “piscinéla” intendo: oggi sono avvocati. Penalisti!

Aristide, accidenti alla santa donna che t’ha “quagliato”, ma ti rendi conto di che cosa sei accusato?!

‘Na cazzata. Ho fatto del bene.

‘Na cazzata’ dici!? Ricapitoliamo, mannaggia a te.

Il maresciallo Calabiano Moresco finse di trafficare con le varie carte sparse sulla scrivania, che l’appuntato gli aveva sistemato per fingere che il caso fosse serio. Adesso ti dico…

“Richiesta di autorizzazione per l’acquisto di carta igienica in dotazione alla caserma”; non è questa.

“Richiesta di autorizzazione per l’acquisto di saponette in dotazione alla caserma”; pure questa ci voleva…

“Richiesta di autorizzazione per l’acquisto di…”

Vabbè, non è cambiato un cazzo.

Eccola! Pratica aperta intestata ad Aristide Galbiati: ‘Ristide, qui c’è il rapporto, mica puoi scherzare, ‘sta roba è sul tavolo del sostituto Procuratore della Repubblica.”

La facciamo breve, perché altrimenti con i carabinieri, cagacazzo come sono, chiedo scusa, meticolosi, tiriamo Pasqua.

Riassunto: Ormai in pensione, il suddetto A. G., decise di dare una mano al nipotino (buon sangue non mente), al quale era venuto in mente di fregare la merenda a un suo compagno d’asilo, perché gli era sembrato che da quel cestino continuasse a saltar fuori roba da mangiare:

“Non è per caso che la mamma ti dà poca roba?”

“No nonno, e la mia è anche più buona della sua. Ma quello lì continua a far andare la bocca, anche quando è passata l’ora della colazione, l’ora del pranzo e l’ora della merenda.”

“Sarà grosso come un pallone” dichiarò  il dichiarante aggiungendo “cazzo” come rafforzativo per enfatizzare il concetto.

Così A. G. decise d’indagare.

A una certa età è difficile passare inosservati all’asilo, anche sotto le mentite spoglie di pediatra nutrizionista alla ricerca di dettagli per la messa a punto di nuove combinazioni in materia di alimentazione bilanciata dedicata all’infanzia. La marmaglia ti tiene d’occhio e c’era voluto del bello e del buono per convincere il nipotino: “Tu non mi conosci. Non mi hai mai visto. Chiaro, sì?! No, accidenti, non sai chi sono! No, cioè, io sono il dottore, capito? Il medico, quello che se lo fai incazzare ti fa la puntura e se apri il becco la prima tocca a te. Adesso è chiaro? Bene.”

Stiamo valutando anche l’ipotesi di introdurre animali domestici nei momenti ludici della classe, aggiunse la direttrice del manicomio, perché un conto è giocare con cani e gatti, ma altra cosa è quando il piccolo ti chiede perché non è possibile giocare con gli elefanti.

Il Galbiati venne così a conoscenza del fatto che il piccolo Sempronio (quello che fa’ andare la bocca dalla mattina alla sera) era figlio di Tizia e Caio, (omissis) laureati in Zoologia (specializzazione Pachidermalogia) presso l’università di Capetown e master a New Delhi, ricercatori di lungo mestiere laddove vivono gli elefanti, sia in Africa che in Asia.

Dal rapporto: “Luoghi rimasti impressi nella mente del bimbo. Luoghi abitualmente frequentati da elefanti ma decisamente inconsueti dalle nostre parti. I genitori, al fine psicologico di attenuare progressivamente quelle reminescenze ludiche sono usi introdurre nel cestino della colazione anche un piccolo, piccolissimo pupazzetto, innocente elefantino di gomma. Ma siccome i bambini sono spacca cazzo sotto qualsiasi latitudine, sorse la necessità di provvedere al nutrimento del suddetto gommoso”.

Perché? “Va be’, visto che da queste parti ci chiamano scimmie, tanto vale riempirgli il cestino di noccioline.”

Maresciallo Calabiano Moresco, cazzo, le noccioline creano problemi agli intestini, se ne mangi troppe non caghi più e va a finire che ti scoppia la pancia. Potevo permettere una cosa del genere a mio nipote? E al piccolo Sempronio? Poverino. Una a te una a me, non ti piace, elefantino? Allora la mangio io. Sarebbe esploso. Così ho sottratto il malloppo al piccolo. Il quale s’è messo a frignare e mi ha accusato di furto. Ma la refurtiva me la sono mangiata io, quindi non c’è il corpo del reato. In quanto ai genitori del piccolo depredato… ho proposto un menu alternativo che piaccia all’elefantino e non faccia male al bimbo.

Appuntato, scriva che Aristide Galbiati è accusato di furto di arachidi ai danni di minorenne figlio di migranti. Aggiunga che il suddetto A. R. è tuttora irreperibile. Aggiunga inoltre che le noccioline fanno male. Naturalmente ometta che adesso il maresciallo in pensione Moresco Calabiano e Aristide Galbiati vanno in pizzeria e ricorderanno i tempi belli.

Maresciallo, ma se l’indagato è irreperibile, come cazzo faccio?

Appuntato, se non ricordo male tuo padre preferiva la pizza Margherita. Una anche per te e acqua in bocca.

Maresciallo, mi scusi, ma se tengo l’acqua in bocca come faccio a mangiare la pizza?

“Dio mio. Ci risiamo con le barzellette sui carabinieri. Aristide Galbiati, se apri bocca ti sbatto in galera e butto via la chiave, chiaro?!”

 

 

 

 

 

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