Il sito internet pianuradascoprire.com, recentemente al Cremonese e al Cremasco, ecco ha dedicato uno straordinario contributo. Ah, per la serie, grandioso a Crespiatica, Borgo Lodigiano a pochi metri dal Granducato del Tortello, il GastroPub “Tarantasio”, a modo suo, omaggia la leggenda, intrisa di storie e tradizione, che andiamo ora a leggere: “Nella zona tra le province di Bergamo, Milano, Cremona, Mantova e Lodi, nel tratto che da Cassano d’Adda va fino quasi a Cremona per una lunghezza totale di circa 60 km, nel Medioevo, esisteva un lago chiamato Lago Gerundo (dalla voce dialettale lombarda gèra, gerù, gerùn che significa “ghiaia”) al cui centro si trovava l’Insula Fulcheria, isola dal toponimo longobardo su cui nacque la città di Crema.
Il lago occupava un ampio tratto di territorio che iniziava a nord poco dopo Brembate per raggiungere a sud Pizzighettone, estendendosi ad ovest lungo l’attuale corso dell’Adda sino a lambire la città di Lodi.
La costa est del lago, secondo alcuni autori, raggiungeva Fara Olivana e proseguiva, passando ad est di Crema, sino a Grumello Cremonese; continuando poi ad occupare parte delle valli del Chiese e dell’Oglio sin quasi alla sua immissione nel Po.
In particolare, si può osservare una vasta zona delimitata da una scarpata che indica l’antico alveo del lago, o meglio la zona più profonda; tale demarcazione è oggi fortemente visibile nei pressi della sponda occidentale dell’Adda.
La sua scomparsa è da attribuire al lavoro di bonifica dei monaci delle abbazie e in particolare i lavori di potenziamento del canale della Muzza da parte dei lodigiani, oltre a fattori di drenaggio e assestamenti geologici, come il livellamento di depositi morenici nei pressi dell’immissione dell’Adda nel Po.
Molti reperti dimostrano l’esistenza del lago Gerundo, come il ritrovamento di numerose piroghe rinvenute nei fiumi che interessano il territorio a dimostrazione del fatto che il lago era navigabile. Uno degli esemplari più belli e meglio conservati è visibile nel cortile del Museo di Crema, restaurato con sostanze speciali che ne hanno arrestato il processo di dissoluzione.
E ancora alcuni reperti come le colonne per gli ormeggi delle navi (ad Arzago d’Adda, Pandino, Rivolta d’Adda, Casirate d’Adda, Truccazzano) e la toponomastica di alcune città (Brignano Gera d’Adda, Fara Gera d’Adda, Misano di Gera d’Adda etc.).
Secondo le leggende popolari, il lago Gerundo sarebbe stato abitato da un drago chiamato Tarànto o più comunemente conosciuto come Tarantasio, un velenoso e mostruoso serpente, che col solo alito pestifero infestava l’aria; per cui molti dal pessimo puzzo ammorbati, morivano. In ogni leggenda di origine popolare c’è sempre del vero e sicuramente le acque paludose erano causa di febbri malariche e altre malattie di palude. Cominciando dall’inizio, dalla nascita del Tarantasio a Soncino il “Padre” della leggendaria bestia sarebbe
Ezzelino da Romano, vicario imperiale e genero di Federico III, signore di un territorio che comprendeva gran parte del Veneto e Brescia. Un condottiero tanto feroce che papa Innocenzo IV lo scomunicò e bandì una crociata contro di lui nel 1254, affidandone il comando ad Azzo VII d’Este. A Cassano d’Adda, nel 1259, Ezzelino fu sconfitto e mortalmente ferito.
Secondo la tradizione sarebbe stato sepolto proprio a Soncino.
Proprio in quel sepolcro, riferisce la credenza popolare, era nato il drago Tarantasio, come una specie di reincarnazione malefica del crudele signore. Tracce di carattere più “scientifico” erano, e sono, custodite in alcune chiese del territorio, sotto forma di ossa gigantesche rinvenute in quelli che un tempo erano i fondali del lago.
Un osso gigantesco, e precisamente una costola di drago del Gerundo, è ancora oggi visibile appesa al soffitto della sacrestia della chiesa di San Bassiano a Pizzighettone. In realtà la costola, probabilmente, appartiene a una balena fossile o a un elefante.
Proprio da questa mitologica creatura prenderebbero il nome Taranta, frazione di Cassano d’Adda, così come le numerose ‘vie della Biscia’ site nei paesi che all’epoca si ritrovavano lungo le coste del lago (per quanto oggi molte di queste strade abbiano mutato nome).
Ma una testimonianza ancor più tangibile, in tutti i sensi, la si aveva a Calvenzano, dove gli abitanti del luogo avevano eretto un muro alto tre metri per difendersi dagli attacchi del mostro. Sono sorte poi numerose leggende riguardo al drago, le quali sono tutte accomunate dalla concomitanza tra l’uccisione di Tarànto e il prosciugamento del lago.
Alcune fonti popolari attribuiscono il prosciugamento e la bonifica del lago a san Cristoforo, che avrebbe sconfitto il drago, o a Federico Barbarossa. La più suggestiva riguarda l’uccisione del drago da parte del capostipite dei Visconti, il quale avrebbe poi adottato come simbolo la creatura sconfitta.
Tarantasio è poi noto a livello internazionale, anche se pochi lo sanno, perché l’Eni avrebbe preso spunto da Tarantasio per disegnare il cane a sei zampe dell’Agip, visto che il primo giacimento di metano venne scoperto nel 1944 a Caviaga, frazione di Cavenago d’Adda, nel Lodigiano, in piena zona Gerundo. Anche l’alito pestilenziale del drago ha una spiegazione scientifica: era dato dalla presenza di gas naturali dovuti al terreno formato da depositi alluvionali stratificati, costituiti da sedimento paludoso molle con residui fossili.
È proprio qui che nel 1952 l’AGIP trova dei grossissimi giacimenti di gas metano e l’ENI si inventa come logo il famoso cane a sei zampe che non è altro che il nostro fantastico drago Tarantasio”.
Ebbene, come Al Tarantasio Stube, il GastroPub di Graziano Pavesi a Crespiatica, si fa pure cultura di territorio: “C’è qualcosa che ci portiamo dentro, qualcosa che è incancellabile, unico e privato come il codice genetico: si chiama ricordo – scrive Gabriele Moroni nella prefazione al nuovo libro dell’amico e collega Fabio Conti… E appunto Fabio non ha dimenticato i racconti del nonno: li ha portati con sé racchiusi nello scrigno prezioso della memoria. Diventato adulto, con il piglio del cronista abituato all’inseguimento quotidiano dei fatti e insieme con il rigore dello storico che risale alle fonti primarie, si è dedicato alle ricerche sul lago Gerundo, immenso specchio d’acqua che nell’antichità si estendeva fra Bergamasca, Cremasco, Lodigiano, fino a lambire le porte di Milano. Il drago Tarantasio, suo abitatore, secondo la leggenda ammorbava e uccideva i malcapitati che capitavano a tiro del suo mefitico fiato e la sua fama ha traversato il tempo, avendo la forza di arrivare fino a noi anche tramite una sorprendente serie di raffigurazioni, dal simbolo araldico di Visconti e Sforza (il Biscione) al logo dell’ENI (il cosiddetto cane a sei zampe)”…
Questa, direttamente dal sito della casa editrice Meravigli, la descrizione del nuovo libro di Fabio Conti intitolato “Tarantasio, il drago del lago Gerundo”. Questo volume è acquistabile pure al GastroPub Pizzeria Tarantasio Stube di Crespiatica, il posticino del cuore di Graziano Pavesi dove mangiare, beh è sempre una straordinaria esperienza che profuma di tradizione e territorio. Particolare non indifferente: all’ingresso del locale lodigiano (ma è comunque a un soffio da Monte Cremasco), in via Nino Dall’Oro 24, (infoline: 339 711 1829) fa bella mostra una bellissima statua del Tarantasio in legno (che beve birra!) realizzata dallo scultore bergamasco Giampaolo PasiniChapeau!

stefano mauri

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