La politica provinciale è sul  Titanic, ma chi è deputato a porre rimedio all’emergenza,  continua a far suonare l’orchestra

La politica provinciale è sul  Titanic, ma chi è deputato a porre rimedio all’emergenza,  continua a far suonare l’orchestra

L’andamento della seconda elezione del presidente della  Provincia, a circa tre mesi dalla prima, è l’iceberg  che l’ha colpita. Questi i numeri:  totale elettori 1.305,  votanti 291, elettori non pervenuti 1.014, voti assegnati al neopresidente 281.

Come possa essere rappresentativo un presidente eletto  con queste cifre dovrebbero spiegarlo le segreterie di partito che hanno  portato al risultato.  Invece, garantito al limone,  continueranno a suonare l’orchestra e ci aggiungeranno anche la grancassa. Diranno che con questa votazione si è usciti da un stallo istituzionale pericoloso. Intenzione nobile, ma  dovrebbero anche precisare che lo stallo blocca nomine in enti e commissioni di competenza dell’amministrazione provinciale.

La politica non è l’esibizione di muscoli e  neppure l’arroganza di pseudo maschi alfa.  E’ l’arte della mediazione, della capacità di trovare soluzioni a situazioni complesse. E’ l’abilità di negoziazione. E’ la volontà  di cercare un accordo che soddisfi le parti in causa. In ultima analisi, di trovare  intese  favorevoli ai cittadini. In questa circostanza tutto questo non è avvenuto. La politica ha fallito.

Ad essere pignoli, i cittadini hanno subito un danno: dovranno pagare le spese della seconda chiamata alle urne. Nella prima adunata le segreterie di partito hanno presentato un candidato ineleggibile, che è stato eletto. Si è dimesso e di conseguenza si è ritornati alle urne. Al luna park o al mercato direbbero altro giro, altro regalo.

Se si esamina la situazione senza ipocrisie del politicamente corretto, ma si dice pane al pane e vino al vino, non si può negare che la classe politica provinciale non  è eccelsa. Per carità, non scarsa, più banalmente non da Champion  League. Forse neanche da serie A.  Probabilmente da serie B. Per i più caustici, è una dirigenza  di dilettanti allo sbaraglio. Ma è ingiusto.  Cremona e la sua provincia meritano almeno la serie A.

Cremonesi, cremaschi e casalaschi  hanno la necessità di rappresentanti che non intendano la politica uno scontro, ma un dialogo. Che ai bicipiti preferiscano il cervello. Che utilizzino la dialettica invece che i social. Non si pretende degli Aldo Moro con le convergenze parallele e neppure suoi ologrammi o brutte copie. Basterebbero delle bozze.

C’è un altro dato che merita una riflessione.

Alle urne si è recato  il 17,74 per cento degli aventi diritto al voto degli 85 Comuni fino a 3000 abitanti. La percentuale sale al 60,34 per cento per i due  Comuni sopra i 30.000:  Cremona e Crema.

Il voto ponderato allarga la forbice.  Il neo presidente è stato eletto con 33.840 voti. Le due corazzate hanno portato 17 mila consensi. Il resto del contado  16.840.

Per il presidente eletto hanno votato 281 elettori.  Di questi,  34 sono amministratori di Cremona e Crema e 247 amministratori  del contado. Deduzione: Cremona e Crema hanno deciso. Hanno seppellito il contado.  È la legge Delrio, bellezza! Ma è anche la teoria del Marchese del Grillo. «Mi dispiace, ma io sono io e voi non siete un cazzo».  Non sta scritto da nessuna parte  che non si possa cambiare.

Piccolo può essere bello, essere portaborracce e servi della gleba un po’ meno. Una riflessione su questo tema e sulla politica in provincia di Cremona sarebbe auspicabile. Indispensabile per ritrovare una unità del territorio. Per crescere. Altrettanto augurabile sarebbe che i manovratori del Titanic abbandonino l’uso di steroidi e passino alla camomilla. O, come si usava un tempo, all’Acutil fosforo.

È il momento degli stati generali della politica provinciale. Del passo indietro dei partiti, della valorizzazione dei piccoli Comuni e del civismo. E’ una proposta.  Un tentativo per salvare il Titanic.

 

Antonio Grassi

 

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