Intervista inedita a Ombra di Beppe (scrittore autonominatosi “alter ego” del giornalista Beppe Severgnini), autore del romanzo popolare FACCIA DA CLINT-Storia di una italia minore, pubblicato in prima edizione in Ticino nel 2016 e in seconda edizione in Italia nel 2017 (Edizioni Gruppo Albatros).

Come vede lei, Ombra di Beppe, l’attuale pandemia?

La vedo come il tentativo della Natura, di correggere se stessa attraverso una auto-epurazione del suo ospite più dannoso e della sua più ingombrante creatura, per salvaguardare l’ equilibrio planetario. D’altra parte si tratta di una catastrofe annunciata.

Questa “peste contemporanea”, ben rappresentata dal Covid-19, non avrebbe potuto attecchire in modo così virale senza un terreno ormai globale particolarmente favorevole alla sua diffusione.

Non si tratta di una crisi, ma di diverse crisi che si sono concentrate e favorite a vicenda. Quella biologica che stiamo vivendo è stata preceduta da altre preparatorie, già esistenti a livello economico e socio-culturale, politico. Non si tratta di uno scontro di civiltà, ma di una cristi delle civiltà attuali, che in realtà sono regressive anziché evolutive.

Una crisi multipla, massiva e globale, che si potrebbe definire antropologica.

Ha potuto riflettere sulle cause della situazione attuale?

Non mi ha meravigliato ciò che è accaduto e sta accadendo, diversi scienziati e scrittori l’avevano profetizzata con molta precisione.

Io mi sono solo limitato, alcuni anni fa, a descrivere nel romanzo la progressiva degenerazione

di un tessuto sociale, ambientale, rurale, nel quale la natura era ancora in gran parte protagonista e i suoi effluvi vitali nutrivano un vigore ed un “animismo popolare” che non si rintraccia più nelle mode urbane, nelle abitudini metropolitane, nella cultura cittadina o “colta”, disanimata dalla tecnologia e dalla standardizzazione consumistica.

Vi sono ricerche scientifiche che dimostrano la relazione tra inquinamento dell’aria e diffusione del virus. Era del resto intuitivo che i gas venefici che si respirano in Lombardia, una delle aree più inquinate d’Europa, potessero avere un ruolo negativo sulla salute in generale e sulla funzione respiratoria in particolare. A questo ha contribuito sia una industrializzazione selvaggia che una agricoltura snaturata, che per esempio libera ammonica in eccesso a causa degli allevamenti intensivi, e così via. E’ un quadro tragico dal quale non penso si uscirà mai perché le logiche del profitto hanno minato il futuro. Altro che agricoltura 4.0 o green economy!

Dovrebbero cambiare i comportamenti, a partire da quelli alimentari. Mangiare meno carne, ad esempio. Non per una questione solo morale, ma per la sopravvivenza ambientale, quindi nostra. Vedo il buio oltre la siepe perché l’economia passata e attuale è basata sul terricidio, ha dis-animato la vitalità dei sistemi viventi, ecologici. Desertificazione e abbattimento delle aree verdi del pianeta non sono solo fenomeni ambientali, a queste distruzioni segue la desertificazione culturale e colturale.

Quali sono le altre “pesti” che ha descritto nel suo romanzo?

Nel romanzo, ispirato alle cronache di un piccolo paese della lombardia, primo epicentro della attuale pandemia in occidente, vengono descritte 7 forme di “peste” che hanno anticipato quella del Covid, che è la “Ottava Peste”. Eccole:

-Prima peste: i soldi, il dio denaro la finanziarizzazione dell’economia, il desiderio smodato di profitto;

-La seconda peste è rappresentata dalla meccanizzazione selvaggia, che ha causato l’aumento vertiginoso dei veicoli a motore, un traffico che ha scatenato un inquinamento massiccio e incontrollato, facendo della lombardia e di vaste zone del nord-italia, prima rurali, aree industriali che producono particolato, ammoniaca, rumori, cementificazione;

-Terza peste: il cinematografo, inteso come un insieme di universi immaginari prefabbricati che suggestionano la psiche degli abitanti, stimolando la loro fantasia e libido in modo artificiale, sostituendosi al vuoto generativo dal quale nascevano invece, prima, le ispirazioni dettate da simbolismi della natura, da vicende pratiche, da una quotidianità spicciola e autarchica; questa terza peste è identificabile oggi nei media che governano non solo le informazioni ma il mood della popolazione, il consenso politico, una ipnosi di massa anziché un risveglio della responsabilità; il cinematografo ha imposto miti alieni rispetto alla cultura contadina, svuotando di significato le culture territoriali e standardizzando il “sentire” collettivo, abbattendo l’immaginazione delle giovani generazioni, incatenando ad un immaginario uniforme;

-Quarta peste: la droga, che dalla fine degli anni ’60 invade e pervade le abitudini delle giovani generazioni, con modalità sia soft (le “canne”) che hard (cocaina, eroina); le sostanze psichedeliche fiaccano e frustrano i desideri e le volontà di cambiamento; una piaga questa, che insieme all’alcool e alle droghe artificiali, nel frattempo si è estesa a diversi strati sociali ed ha arricchito le mafie che sono entrate nei circuiti economici di tutto il paese e a livello internazionale;

-Quinta peste: la televisione; l’immaginario entra con la TV in tutte le case, colonizzando l’attenzione della gente, orientandola, attirando sguardi, nuovi interessi e linguaggi; il dialetto e le tradizioni popolari si perdono a favore di un immaginario nazional-popolare; la TV diventa uno strumento di “distrazione di massa” e la politica lo capisce al volo, per cui viene lottizzata dai partiti per instaurare le loro strategie focalizzate non alla crescita sociale ma alla segmentazione culturale e alla produzione del consenso;

-Peste sesta: la sudditanza politica alla dominazione ecclesiastica; si rinsaldano alleanze tra potere politico e istituzione ecclesiastica, a tutti i livelli (nazionale, regionale, comunale); la politica cede sovranità pur di avere l’appoggio dei vertici della Chiesa cattolica, i Cardinali puntano a chiedere in cambio che ciò che si ritiene “peccato” diventi reato; si baratta e si disincentiva la ricerca spirituale

a favore di un credo religione, una teologia, una organizzazione che antepone i dogmi alle responsabilità della coscienza:

-Peste settima: la “farmacite acuta”, intesa quale medicalizzazione della salute, perdita dello spirito vitale e animico, del legame con le forze della terra, dei suoli, delle acque, della salubrità alimentare e ambientale; diffusione di abusi (e nascita dei corrispettivi “marchi” di farmaci eletti a totem) farmacologici e conseguenti dipendenze incentivate da Big Pharma.

Lei si ritiene un esponente del così detto “animismo contemporaneo”. Nel suo ultimo lavoro “Il Senso del Miracolo”*, troviamo non solo brevi racconti, pagine letterarie, ma riflessioni intorno a questo “animismo” che forse lei tenta di resuscitare. Crede di riuscirci?

Assolutamente no. Il mio tentativo sarebbe troppo ambizioso. Ha un carattere poetico più che filosofico. E’ una forma di resistenza naif allo strapotere dell’industria culturale.

Quel che si può fare, io penso, è di riscoprire aspetti “occulti” della cultura popolare, quasi una archeologia antropologica. La cultura popolare è intrisa di simbologia cristiana che ha soppiantato quella pagana. “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi presenta solo la parte cristiana, edulcorata.

A me interessano le radici più lontane e arcaiche, paganeggianti, naturalistiche, paniche, appunto. La connessione con queste radici e la loro energia, con la biodiversità culturale e colturale, con la vitalità intrinseca dei territori e delle persone non addomesticate o rimbambite dai media e dal mercato, fa parte di una strategia di sopravvivenza ma riguarda evidentemente quei pochi che ancora ne accettano il fascino.

stefano mauri

(Visited 133 times, 2 visits today)