La notizia più interessante di questi giorni, balenata nelle home page dei giornali e poi presto sparita, è quella del sequestro di tonnellate di panettoni contraffatti da botteghe e pasticcerie un po’ di tutto il paese. Cremona e provincia compresa. Sette tonnellate e mezzo di roba, quasi 2000 tra panettoni e pandori. In pratica le pasticcerie acquistavano dei panettoni industriali, staccavano la bolla, li ri-confezionavano e li vendevano come artigianali e autoprodotti. Tecnicamente, una truffa. Ma secondo me una truffa necessaria e rivelatrice.

Rivela, ad esempio, il grande fattore psicologico da cui dipende la propensione alla spesa del consumatore medio. Faccio spesso l’esempio delle macellerie. Molte delle macellerie delle grandi città si approvvigionano dalla stessa filiera da cui acquistano anche i supermercati. Stessi allevamenti, stesse bestie, stessa qualità. Eppure quante volte avete sentito dire ‘ah, questa è il pollo del mio macellaio di fiducia, tutta un’altra cosa rispetto al supermercato’. Questo vuol dire che, a parità di gusto e consistenza, un prodotto acquistato da un ‘piccolo’ viene percepito migliore di uno acquistato da un ‘grande’.

Per il panettone è la stessa cosa, evidentemente. Un panettone industriale da pochi euro, ma impacchettato nella carta scintillante della prestigiosa pasticceria del centro storico, acquisisce subito un sapore più buono, un aroma più fragrante, la vaniglia in pasta sembra quasi semi di Bourbon e quei venti euro in più subito diventano ben spesi. Le criticità evidenziate da questa notizia sono due, e sono molto illuminanti.

La prima è che il palato è sopravvalutato. A parte pochissimi eletti, di cui non mi fregio di far parte, sopra a un certo livello di qualità le distinzioni diventano difficili, se non impossibili. Vi ricordo a proposito della volta in cui Oscar Farinetti, messo di fronte a due fette di mortadella, una prestigiosa di Eataly, e una del discount, non seppe riconoscere la sua. Cito proprio lui perché è una persona estremamente preparata, uno che in vita ha assaggiato qualsiasi cosa per lavoro e per piacere, eppure anche lui fallibile. L’analisi sensoriale è una disciplina difficile, riservata a pochi eletti e in un certo senso la predisposizione è un fattore fondamentale, un po’ come l’orecchio assoluto. Oltre un certo livello non puoi allenarlo, o ce l’hai o non ce l’hai.
>> La seconda è che, certo, ci sono i gusti. Ma il fattore psicologico, per come la vedo io, conta di più. Il fascino del grande nome, della bella storia, del pacchetto perfetto. Su questo non si può intervenire e quindi continuerà a esercitare la sua influenza determinante. Al fattore psicologico, però, contribuisce anche quel ‘patto di fiducia’ stipulato sulla carta con l’artigiano del caso. Basato su cosa? Molto spesso sulla storia, sull’affezione, sulle parole che, come una carta argentata da pandoro, impacchettano questo o quel prodotto come eccellente, signora mia.

Ma l’oste vi dirà mai che il vino non è buono? Non lo farà mai. Quindi alla fine di cosa ci stiamo fidando, del palato o delle parole? Se il primo è fallibile, e le seconde sono suadenti, cadremo sempre nella trappola, ma convinti di no. E finché i Nas non sequestreranno la prossima partita di panettoni, di pesce, di pomodoro contraffatto, resteremo ancora i più grandi connaisseur.

Così postò via social lo Chef, Blogger, viaggiatore e scrittore, Lorenzo Biagiarelli da Cremona. E nella fattispecie, tutti i torti, Lorenzo non ha. Ah … Biagiarelli scrive spesso concetti fuori dal coro, squarcianti e illuminanti, merita attenzione, per farla breve, per ciò che è, non perché è il compagno della famosa Selvaggia Lucarelli. Leggerlo per … credere.

stfano mauri

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