Messaggi di violenza da dal Corano o dalla Bibbia, una serata con Paolo Branca

Messaggi di violenza da dal Corano o dalla Bibbia, una serata con Paolo Branca

Vi sono messaggi di violenza nel Corano? È vero, come del resto sono presenti nella Bibbia (vi è una ricca letteratura sul tema). Vi sono stati musulmani che hanno fatto, in nome di Allah, la guerra agli infedeli? Di sicuro e ve ne sono anche oggi (e gli “infedeli” sono, in primo luogo, gli stessi musulmani sciiti e i sunniti traditori). È altrettanto vero, comunque, che anche nella storia cristiana non sono mancati fanatici (da Thomas Müntzer a Giovanni di Leida) che si sono proposti di instaurare il Regno di Dio col terrore, che hanno applicato lo stesso rito della decapitazione (il classico rito dei jihadisti di oggi), che hanno teorizzato che i peccatori vanno ricondotti sulla retta via e se si oppongono, vanno uccisi senza pietà.

Fanatici musulmani e fanatici cristiani, che si sono eretti ad angeli sterminatori, a “figli della Luce” venuti sulla terra per punire e redimere, per distruggere e purificare, che si sono sentiti il dovere di sacrificarsi per il riscatto dell’umanità (vedi il sociologo Alessandro Orsini).

Ma… un conto è la Parola di Dio (o di Allah, che altro non è che il nome in arabo di Dio) e un conto sono le interpretazioni dei credenti. Siamo in presenza, quindi, di un problema di esegesi dei testi sacri: l’errore sta nell’isolare dei passi dal loro “contesto” e dallo stesso “contesto storico” (un conto, ad esempio, sono le sure del profeta Maometto e un conto quelle relative alla sua fase politico-guerriera) .

Il prossimo relatore del “Percorso di educazione alla cittadinanza”, prof. Paolo Branca, lo scrive in modo chiaro: la ragione per cui certe sure ci fanno paura è perché le decontestualizziamo (come rischiamo di decontestualizzare quei passi della Bibbia – quando li isoliamo – che raccontano efferatezze perpetrate in nome di Dio e che esortano ad uccidere chi, fosse pure un fratello, istighi a servire altri dèi).

È vero, ad esempio, che in un passo del Corano si invita ad uccidere gli idolatri, passo che, tuttavia, così conclude: “se poi si pentono, eseguono l’orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore e misericordioso”.

Accanto, inoltre, a passi inneggianti alla violenza (un numero esiguo rispetto alla totalità dei versetti che parlano degli infedeli), ne troviamo altri in cui si afferma che “non c’è costrizione nella religione””, in cui si invita a respingere il male con il perdono che è di gran lunga più meritevole della vendetta e in cui si dichiara apertamente che chiunque uccide una persona (che non abbia a sua volta ucciso un’altra o non abbia corrotto la terra) “è come se avesse ucciso l’intera umanità”: non cogliamo qui un preciso riconoscimento del “valore assoluto” della persona umana “in quanto l’individuo rispecchia l’intera umanità” (Hans Küng), un valore comune a cristiani e musulmani?

Certamente non basterà la relazione del prof. Paolo BRANCA, uno dei massimi islamisti in Italia, del 10 ottobre (sempre presso il Centro Giovanile San Luigi, alle ore 20,45) a liberarci da tutte le nostre paure, dubbi, inquietudini, ma magari ci indicherà una strada da percorrere.

Ne abbiamo bisogno tutti, a prescindere dai nostri orientamenti culturali e politici.

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