Percordo di educazione alla cittadinanza, relazione sull’incontro del 10 ottobre con Paolo Branca

Percordo di educazione alla cittadinanza, relazione sull’incontro del 10 ottobre con Paolo Branca

PERCORSO DI EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA

EDIZIONE AUTUNNO 2018

Incontro del 10 ottobre presso il Centro Giovanile San Luigi

Relatore: prof. PAOLO BRANCA, islamista, docente di Lingua e Letteratura araba

 

IL FONDAMENTALISMO CRISTIANO E ISLAMICO COME REAZIONE ALLA MODERNITÀ

 

Posizioni entrambe sbagliate

Dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 le opinioni sull’islam si sono pressoché polarizzate:

  • da un lato vi è chi sostiene che l’islam non c’entra nulla perché è una religione che predica la pace e la misericordia,
  • dall’altro chi (tra gli altri, lo stesso Magdì Allam) afferma al contrario che è proprio la violenza la vera natura dell’islam.

Si tratta di due posizioni estreme entrambe sbagliate: come non possiamo dire che l’islam non c’entra (c’entra, eccome!), così non possiamo condannare una intera civiltà  che abbraccia un miliardo e duecento milioni di persone, molte delle quali sono da noi sconosciute (pensiamo ai musulmani dell’Indonesia, della Malesia, dell’India, della Cina…): l’universo islam è estremamente variegato e non possiamo etichettarlo con un giudizio tranchant, facendoci trascinare dalla moda del nostro tempo che ci chiede sempre, su tutto, se siamo favorevoli o contrari.

 

La sfida della modernità

Il tema in questione è molto serio e non riguarda solo l’islam, ma tutte le religioni che sono andate in crisi a contatto con la modernità.

Un dato è certo: la modernità è stata una vera e propria sfida a tutte le religioni istituzionalizzate.

Pensiamo alla religiosità praticata dai nostri genitori e nonni e confrontiamola con quella vissuta dai nostri giovani: vi è una distanza abissale.

La modernità ha cambiato profondamente ciò che per secoli era considerato intoccabile (sconvolgente è stato il viaggio in una piccola città del Colorado, negli Usa, del futuro ideologo del fondamentalismo moderno, l’egiziano Sayyd Qutb, inviato in America per studiare il sistema educativo, rimasto scandalizzato dalla promiscuità uomo-donna e dal crollo dei valori religiosi).

Il fondamentalismo, chiamato anche integralismo o radicalizzazione religiosa (si tratta, tutti, di termini ambigui) ha a che vedere anche con i cattolici, i protestanti e gli stessi ebrei (quelli ultra-ortodossi).

Non si tratta, a dire il vero, di un fenomeno del tutto nuovo perché ha radici nel passato: ciò che invece è nuovo nel mondo musulmano è la sua capillare diffusione, il proliferare di gruppi di ispirazione fondamentalista, ciò che a fatica riusciamo a ritrovare nel passato.

Siamo in presenza di un fondamentalismo che, in certi gruppi, si manifesta anche con la lotta armata di cui sono molti degli stessi musulmani le vittime perché ritenuti non musulmani autentici.

 

Lo scandalo dell’approccio storico-critico ai Testi sacri

Il termine fondamentalismo non è musulmano, ma nasce nel 1905 negli Stati Uniti durante un convegno promosso dagli evangelici che fissano i punti indiscutibili della fede tra cui, in primo luogo, il principio secondo cui quanto è scritto nella Bibbia (e come è scritto) è Parola di Dio, vale a dire la Verità (tra cui la stessa creazione diretta da parte di Dio di Adamo ed Eva: non è un caso che ancora oggi in alcuni Stati del Sud l’insegnamento di Darwin sia proibito nelle scuole).

Una posizione da cui hanno preso le distanze i tanti biblisti cristiani che hanno fatto proprio, mutuandolo dalla modernità, l’approccio storico-critico.

Un approccio, questo, a cui oggi si stanno accostando anche alcuni studiosi musulmani che per lo più  vivono in Occidente, ma è un fatto che la maggioranza dei musulmani è convinta che la Parola di Dio sia tutto quanto è scritto nel Corano.

Da questo punto di vista non possiamo etichettare come fondamentalisti solo i musulmani che hanno optato per la violenza, ma tutti i musulmani perché tutti (o, almeno, la stragrande maggioranza di loro) leggono il Corano alla lettera (una visione in qualche misura presente in quella versione chiamata integralismo cattolico che ha registrato una fioritura verso la fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento, un integralismo crollato con la fine degli Imperi di ispirazione religiosa e con la nascita, al termine della Grande guerra, degli Stati nazionali laici).

Se oggi il wahabbismo (fondato nel ‘700 da al-Wahhab), una concezione radicale, è tanto diffuso  è perché l’Arabia Saudita è nata da un patto di alleanza tra la famiglia dei Sauditi (il braccio armato) e il gruppo wahabita (la fonte della ideologia): è da qui che si è irradiato in Occidente il wahabbismo grazie ai petrodollari con cui sono state finanziate moschee, imam e pubblicazioni propagandistiche.

 

L’anno della svolta

È il 1979, l’anno in cui la rivoluzione khomeinista rovescia un regime asservito all’Occidente, erede di un impero plurimillenario e che dà origine alla repubblica islamista dell’Iran: un segnale forte per il mondo musulmano che dimostra la forza politica che può avere la religione.

È pure l’anno della invasione sovietica dell’Afghanistan e dell’inizio di un processo di secolarizzazione (viene proibito, ad esempio, il burqa), un’invasione che provoca una forte reazione islamica che ha come effetto una vera e propria guerra civile (e che richiamerà gruppi dell’estremismo musulmano da altri Paesi islamici).

Nello stesso anno un gruppo di terroristi islamici occupa il luogo più sacro dell’islam, il suo cuore-simbolo, la Moschea della Mecca come protesta contro un regime – quello saudito – succube degli Stati Uniti.

 

L’insensatezza dell’Occidente

Gli occidentali non si limitano a sposare la causa dell’Arabia Saudita contro l’Iran sciita (una decisione politica insensata perché se gli Usa intendono controllare il continente asiatico, è in Iran che dovrebbero giocare le proprie carte, non nell’Arabia Saudita), ma si propongono anche l’obiettivo di frenare l’espansione sovietica in Afghanistan: da qui la lotta che gli Usa conducono contro il governo comunista sovietico insediato a Kabul facendo leva sui grupi islamici più radicali fatti venire dal Medio Oriente, allevando così… serpenti come Bin Laden e al Qaeda.

Una volta questi gruppi radicali hanno sconfitto i sovietici, se ne vanno in Algeria dove un governo islamista legittimamente eletto viene abbattuto dai militari (nota è la guerra civile che si è s catenata e che ha prodotto centinaia di migliaia di vittime).

L’Isis, poi, nasce in seguito alla sconsiderata scelta degli Usa di lasciare troppo in fretta l’Iraq lasciando così un vuoto politico che viene occupato dall’Isis che si è formato intorno alla figura carismatica di al-Baghdadi.

È opportuno, quindi, che gli occidentali prendano consapevolezza degli errori compiuti, errori che hanno avuto come effetto non solo un flusso imponente di richiedenti asilo, ma anche un fiume di odio nonché attentati in Occidente contro Paesi governati da alleati dei regimi musulmani corrotti.

 

Giustizia sociale e lotta alle disuguaglianze: i temi del possibile dialogo

Alcune puntualizzazioni.

  • Anche l’islam coniuga, come il cristianesimo, la fede e le opere: un uomo di fede non può non fare opere buone.
  • Non dobbiamo confondere il popolo iraniano (che ama l’arte, la musica, la letteratura e che si sente superiore agli “arabi” che considera beduini) con la cricca islamista che è al potere.
  • Con i musulmani che vivono in Occidente (che hanno in stragrande maggioranza in odio l’Arabia saudita) si può e si deve dialogare puntando su battagle comuni: la giustizia sociale e la lotta alle disuguaglianze.
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