Progetto “corridoi umanitari” Cei-Caritas Presentati domenica i 7 rifugiati accolti nell’Unità pastorale San Giacomo-S. Bartolomeo

Progetto “corridoi umanitari” Cei-Caritas  Presentati domenica i 7 rifugiati accolti nell’Unità pastorale  San Giacomo-S. Bartolomeo

Domenica mattina i 7 profughi arrivati in città tre settimane fa grazie al progetto Corridoi umanitari della Cei attraverso la Caritas, sono stati presentati alla comunità. Si tratta di una famiglia somala, composta da papà Ibrahim, mamma Nima e i piccoli Abdigani e Abdul-Karim; e tre giovani, tra i 25 e i 30 anni: Hissein e Mahamat provenienti dal Ciad e Hubert dal Camerun.

A dar loro il benvenuto, dopo la Santa Messa presieduta dal vescovo Daniele e concelebrata dal parroco don Michele Nufi e da don Mario Piantelli – da cui sono stati esentati, per rispetto, in quanto musulmani – oltre a una folta rappresentanza del gruppo di 25 volontari dell’Unità pastorale San Giacomo-San Bartolomeo che li hanno “adottati”, ai responsabili e operatori della Caritas e a diversi parrocchiani,  anche la sindaca Stefania Bonaldi, insieme all’assessore al welfare Michele Gennuso, essendo l’amministrazione comunale cittadina partecipe del progetto.

Don Michele nella breve introduzione alla celebrazione e più diffusamente poi il Vescovo nell’omelia hanno evidenziato il significato di fondo dell’accoglienza, attingendo al brano di Marco: vedendo la gran folla ad attenderlo al di là del lago, Gesù “ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore”; ovvero, ha spiegato, prova un “fremito di emozioni”, perché in Palestina, non essendoci acqua ed erba, senza la guida del pastore un gregge è destinato a perire. E nel ribadire che “stare con Gesù vuol quindi dire fare spazio all’altro perché possa vivere”, ha richiamato quanto asserito da san Paolo nella 2a lettura: “con il suo sacrificio sulla croce Cristo ha abbattuto tutti i muri di separazione dei vari cortili del tempio tra ebrei e non ebrei”. Per essere suoi discepoli, ha quindi concluso, “va accolto l’altro, perché Gesù ha tolto l’inimicizia, per una umanità riconciliata nell’amore di Dio”.

In apertura di presentazione i convenuti hanno ascoltato, in piedi, gli inni nazionali di Somalia, Ciad, Camerun e quello italiano.

Il vescovo Daniele, dando loro il benvenuto, ha auspicato “vi possiate sentire a casa, anche se lontani dalle vostre e dal vostro Paese, e trovare nuove possibilità di vita”. E nel dirsi contento che “anche la nostra  diocesi abbia potuto fare qualcosa per i corridoi umanitari,”, ricordando d’aver accolto da parroco, nella sua Unità pastorale, un primo gruppo di rifugiati siriani attraverso il  medesimo strumento della Cei, ha messo in guardia i volontari: “Vi siete presi un bel impegno con questa esperienza di accoglienza, che richiede costanza perché si protrarrà nel tempo, ma che farà crescere nel tirar giù i muri divisori, come ci invita a fare anche papa Francesco. Grazie e buon cammino!”.

Da parte sua la sindaca, porgendo il saluto come comunità civile, li ha voluti chiamare per nome, “per rendere l’accoglienza più vera, non generalizzata”. E ha confermato l’impegno dell’amministrazione “per realizzare questa solidarietà” dei corridoi umanitari: “una via pulita, seria, responsabile”, l’ha definita, che consente alle persone costrette a fuggire dai rispettivi Paesi di trovare un futuro migliore. Criticando “fortemente – ha detto esplicita – il rifinanziamento della guardia costiera libica deciso nei giorni scorsi dal nostro Governo”.

Il direttore della Caritas diocesana, Claudio Dagheti, nell’esprimere la gratitudine alla comunità di San Giacomo per la disponibilità all’accoglienza, insieme agli operatori e ai volontari, le ha fatto eco augurandosi che soddisfazione che “lo strumento dei corridoi umanitari sia assunto come privilegiato anche dal Governo per la gestione dei flussi migratori”. Evidenziando come dal 2011 siano già arrivati nel nostro territorio, in modo sicuro e regolare, circa 500 profughi.

Chiudendo il momento, don Michele ha detto di aver “fretta che questi nostri amici possano essere integrati e promossi nella loro autonomia, perché dietro c’è la fila”, ha precisato. Riferendo inoltre che proprio il girono prima è stato aperto un corridoio anche con l’Etiopia, Paese con cui l’Unità pastorale ha un legame speciale.

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