Quanto siamo strani (e un po stronzi) noi cremaschi

Siamo gente strana davvero noi cremaschi, lo diceva anche Renato Crotti in un libro. Ci crediamo superiori a tutti, in particolare ai cremonesi e fa niente se per fare calcio a un certo livello poi è arrivato un grande cremonese rock come Fogliazza e ha salvato la Pergolettese coronando così, un suo progetto ambizioso partito a tempo debito.
Ma siamo veramente strani visto che confondiamo una musalla per una moschea e, generalizzando o peggio confondendo l’Islam al terrorismo riempiamo (giustamente) gli aerei per andare in vacanza in Egitto a Sharm o in altri posti ove l’Islam è sana religione (mi raccomando scegliete l’agenzia e il tour operator giusti, altrimenti è un casino, ndr).
Si siamo provincialotti e strani al punto che, dinanzi al Dio Tortello (in giro per l’Italia però ancora lo confondono con i ravioli di zucca virgiliani), anziché unire gli intenti beh ci dividiamo addirittura in due Tortellate.
Siamo strani assai visto che ci innamoriamo, periodicamente (un po’ come i nostri concittadini italiani ad onor del vero) di sport e beneficienza: ora è il turno della corsa e del podismo, ieri toccava al ciclismo, dopodomani chissà.
Già siamo stranissimi, persino cattivi, invidiosi perché ci crediamo più furbi degli altri e se uno di noi arriva, anziché applaudirlo sinceramente beh fingiamo ammirazione e dietro rosichiamo pensando che questi sia arrivato solo grazie alle conoscenze, noi che senza i giri giusti, fatichiamo ad arrivare a San Donato Milanese.
Iniziato anni fa con la chiusura dell’Olivetti (stortura italica che meriterebbe approfondimenti), il declino della Repubblica del Tortello (onore ad Antonio Grassi che, intelligente e lungimirante coniò tale titolo tanti anni fa) pare inarrestabile al punto che attuali servizi (ospedale ma non solo), presto potrebbero subire drastici ridimensionamenti.
Come provare a uscire dal guado? Ma, mettere finalmente da parte la politica del campanile e iniziare, concretamente, sul Serio a fare sistema che la politica dell’orticello paga gli astuti ma non appaga la collettività, ecco potrebbe essere un modo per voltare pagina: gli altri corrono, noi siamo fermi al Barbarossa. Ah quasi me ne dimenticavo. Anziché, fingendo distacco, strizzare l’occhio a quanti, parlo di chi riveste ruoli istituzionali (magari gli stessi esponenti di quella politica, che dinanzi a precariato esasperato e allo “sfinimento” di certi “commessi” e lavoratori stressati da ritmi infernali e malpagati si girano dall’altra parte) faremmo meglio a ricordare che senza di esse, l’economia del territorio piangerebbe assai.
Dulcis in fundo, fortunatamente in quest’estate 2015, la microeconomia autoctona vive e guarda al mondo attraverso il settore florido della cosmesi. Cosa aspettiamo a convocare un tavolo con Renato Ancorotti e tutti gli altri attori protagonisti di questo filone per fare in modo che il comparto goda di ampio, lungo, vitale e universale respiro?
Stefano Mauri