Quell’aria da Fast food del renzismo della Festa dell’Unità di quest’anno

Quell’aria da Fast food del renzismo della Festa dell’Unità di quest’anno

Quando è partito il primo botto dei fuochi di artificio segnale di chiusura della Festa dell’Unità e dell’estate cremasca stavo sonnecchiando nel mio letto con un vinile dei Fairport Convenction acquistato una delle due sere che quest’anno mi sono recato ad Ombrianello. Si due sere su 13.

L’anno scorso erano state due sere per malattia, mi era venuta una fastidiosa labirintite, quest’anno per scelta. Il progressivo impoverimento che ha colpito la kermesse del Pd parte da molto lontano. Una volta era l’evento irrinunciabile di fine estate. L’ultima occasione per vedere alcune persone, l’unica occasione dell’anno di vedere concerti e spettacoli di un certo livello a Crema.

C’erano angoli dove arrivavano le 3 di notte e manco te ne accorgevi tra una chiacchiera e un grappino, decine di storie da ascoltare e poi raccontare. Poi piano piano: via il cabaret, via alcuni stand storici che facevano aggregazione e dentro tanti ristoranti locali che fanno commerciale, via dalla Birroteca come luogo aggregante della mia generazione (sono invecchiato, si) e anche perché l’ultimo concerto che mi ha fatto andare volentieri è stato quello dei Rats, tipo 4 anni fa, da li in poi troppe cose che non conosco più, che mi lasciano indifferente.

Scusate sarò vecchio ma a Ghemon il rapper preferisco un the verde nel mio letto e un gracchiante disco. Beh allora dici che hai da criticare, sei diventato vecchio e reazionario, cazzi tuoi. Invece non è vero. Ad esempio alla festa di Rifondazione di luglio ci vado e ci sto volentieri tutta la sera, anche a sentire il compagno Bettenzoli che fa cabaret con la tombola. Ci trovo il vecchio spirito da festa popolare alla buona. Con Renato che fa i tortelli conditi col sudore e la brace del suo sigaro.

Quest’anno ho mangiato una volta al Ristorante centrale e ho visto che pure il menù si è adattato al fighettismo renziano. Ecco quest’anno ho annusato definitivamente l’aria di plastica renziana, si è recuperato il vecchio nome Festa dell’Unità, che Festa Democratica faceva davvero orrore, ma lo si è recuperato a mo’ di brand. Un marchio da esportare. Dopo il Made in Italy il Made in Pd. E allora pare di essere ad una fiera.

Il giro obbligato, dalla scelta di chiudere un braccio della cascina di Ombrianello col palco, che ti costringe a passare tra le bancarelle di frittelle o di idee (o boiate) geniali e irrinunciabili. Ci manca solo la voce del banditore che piazza il geniale ritrovato per farti crescere i capelli, o scopare meglio.

Ho cenato al Centrale come ho detto. E c’è quell’aria da Fast Food. Appena finito di mangiare ti viene da alzarti ed andartene, mica le chiacchierate di tre ore sui massimi sistemi. Ha perso l’anima popolare questa festa, ed è diventata una vetrina commerciale, ed anche uno spazio di lite. Una volta per le auto posteggiate in doppia fila, una volta per gli scontrini emessi o non emessi, una volta per il pubblico sottratto ai bar del centro.

Nelle due volte che sono andato ho incrociato dello stato maggiore del Pd cremasco solo Agostino Alloni. Uscivo dalla festa con una pigna di vinili usati e con orgoglio ci ha tenuto a dirmi che l’hobbista del banchetto, un distinto e competentissimo ometto dall’aria buffa e dalle mille conoscenze, l’aveva voluto lui a sostituire degnamente un’altra istituzione della festa che è decaduta. Ma mi pareva un po’ stanco anche Agostino, uno che bisogna dire ci ha sempre creduto al suo lavoro, alla sua passione politica. E si è preso negli anni, oltre che soddisfazioni, anche tante tranvate, come vedersi superare a destra dal renzismo dilagante su cui sono saltati anche a Crema in tanti, come la sindachessa.

In una delle due sere che sono passato la Festa è stata flagellata da un temporale. Fuggi fuggi. Ero li che guardavo la pista del latino americano flagellata dall’acqua (come da foto) e con le luci che disegnavano un mesto tricolore a terra, attorno due tre coppie che aspettavano il panino del bar mangiucchiando tacos e con le borse degli acquisti riparate dell’acqua. Mi sono sentito a disagio in quella perfetta metafora della nostra povera patria. Come mai mi era successo in 30 anni e passa di frequentazioni delle feste.

Rimane la purezza di spirito dei tanti volontari che magari rinunciano alle ferie per servire il partito. Tanto di cappello, ma si sa sono sempre stati i Piero della salamella a salvarci il culo.

Dove è finito il bambino che come ricordo affogato nella memoria ha quello di un concerto di Edoardo Bennato alla festa quando era agli Stalloni? E l’adolescente che passava la sera in Birroteca al Bonaldi sognando rock? E il ragazzo che alla Pierina intesseva le prime relazioni personali serie? Sono cambiato io o sono cambiati loro?

 

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