Si avvicina con la stessa serietà del manico di una scopa usata, si guarda in giro con aria circospetta, quasi da cospiratore, e mi chiede: “Perché non entri nella nostra lista?”

Anch’io volgo lo sguardo intorno e serio come una lampadina fulminata rispondo: “D’accordo, però voglio fare il sindaco.”

Colto in contropiede l’interlocutore vacilla e mi fissa per un tempo che sembra interminabile, simile al catalogo dell’Ikea ancora intonso. Ne approfitto e incalzo: “Altrimenti non se ne fa un bel niente.”

Appare sconsolato: “Mi dispiace, quello già l’abbiamo.”

Non mollo la presa: “Lo dimettete.”

Ormai è in preda al panico: “Impossibile, è la nostra carta vincente.”

“Carta per carta”, aggiungo con arroganza, “io sono il vostro asso nella manica.”

Vedo che un poco si rianima: “Noi non giochiamo con un mazzo truccato.”

Sorrido perché sto per vincere la partita: “Io invece sì.”

“Ti faremo sapere…” e si allontana veloce come se fosse sui pattini a rotelle.

La morale? Anch’io ho la mia carta vincente per allontanare i rompiballe.

 

Ps. Il meccanismo funziona anche nei confronti dell’insistenza dei Call Center.

Squilla il telefono, il numero sul display risulta sconosciuto.

Pronto

Parlo con il signor Calvo Pe… Pàsh?

No, purtroppo il signor Calvo in questo momento non c’è.

Grazie, riproverò più tardi…

Signorina, molto più tardi, perché il Pepàsh è in ospedale tra la vita e la morte e mi ha lasciato il telefono per eventuali chiamate urgenti. Con chi parlo?

Non ha importanza e le chiedo scusa per il disturbo.

Dopo una decina di giorni il numero di telefonate giornaliere si è sensibilmente ridotto.

Calvo Pepash

 

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