Short story, qui da noi si parla così

Short story, qui da noi si parla così

Qui da noi, come altrove, con sempre maggiore frequenza si parla di turismo intelligente e non sto a menarla. Chi lo fa sa di cosa sto parlando e non ha bisogno di spiegazioni; chi è intenzionato a farlo sappia che non è una cosa da viaggio organizzato. In altre parole, zaino in spalla e camminare, guardare, ascoltare: ci si deve immergere nella vita quotidiana delle genti, per cercare di capirne usi e costumi. E anche il linguaggio.

Hans, olandese e ai tempi suoi studente di storia dell’arte con una approssimativa conoscenza della lingua italiana, racconta che un giorno dubitò di quanto aveva studiato fino ad allora: “Per colpa di uno starnuto pensai di dovermene tornare a casa. Eppure vivevo in Italia da parecchie settimane e qualche cosa pensavo di averla capita.”

Il nostro amico, oggi insigne cattedratico con la barba bianca,  si trovò a transitare per Crema e non mancò di visitare, dentro e fuori, quanto di bello offre la città. Racconta: “Lo starnuto, in se, non mi colpì più di tanto. In fondo la cattedrale è pur sempre un luogo fresco rispetto all’esterno. Fuori fa caldo, entri in chiesa e lo sbalzo di temperatura s’avverte. Uno starnuto, quindi, non avrebbe dovuto stupirmi.”

Hans chiese di poter essere guidato, ma in quel momento non vi era personale disponibile.  Si affidò a una signora lì per lì appena entrata per le devozioni, la quale si mostrò ben disposta, anzi orgogliosa. Il suo starnuto deflagrò alla seconda cappella.

Mi scusi tanto giovanotto, ma “ostis-me-sbrisiava-el-nas”. Alcune persone raccolte in preghiera sobbalzarono.

“In quel momento”, aggiunse Hans con un sorriso, “pensai che in Olanda le facoltà di lingue straniere valessero proprio un cazzo.”

Beppe Cerutti

 

 

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