Tornare a messa, la lettera alla diocesi del vescovo daniele Gianotti

Tornare a messa, la lettera alla diocesi del vescovo daniele Gianotti

TORNARE A MESSA: UN BELL’IMPEGNO Le􀄴era alla diocesi per la ripresa delle Messe con i fedeli Carissimi fratelli e sorelle, a partire da lunedì 18 maggio 2020, come sapete, potremo riprendere la celebrazione della Messa con la presenza dei fedeli, dopo un’interruzione di quasi tre mesi; un’interruzione tanto più «pesante» da sopportare, in quanto ha coinvolto l’intera Quaresima, la Se􀄴imana santa, la festa di Pasqua e quasi tu􀄴o il tempo pasquale. Tornare a celebrare l’Eucaristia con tu􀄴a la comunità cristiana è un dono grande e bello: ne ringrazio Dio, perché anche se la luce dell’Eucaristia non si è mai spenta, nelle se􀄴imane scorse, però, la mancanza «fisica», visibile, della comunità dei credenti riunita intorno al Signore presente nella Parola e nel Pane e nel Calice dell’altare pesava come un’ombra su questa luce. E non bastava neppure la possibilità – peraltro apprezzabile, e di cui pure si deve essere grati – di trasme􀄴ere le celebrazioni nelle nostre case, come in molte parrocchie si è potuto fare (e come converrà anche continuare a fare, se possibile, sopra􀄴utto per quelli che non possono venire in chiesa, specialmente anziani e ammalati).

Tornare a Messa: riconoscenza e interrogativi «Torniamo a Messa»: tu􀄴o bene, dunque. O forse no? Nei giorni scorsi, mentre da una parte cercavo anch’io di capire meglio le condizioni e a􀄴enzioni pratiche che dovremo rispe􀄴are (e sulle quali non entrerò in questa mia le􀄴era, se non marginalmente), dall’altra mi chiedevo: sì, torniamo a Messa, ma in che modo, con che spirito, «per farne che»? 2 D. G􀑖􀑎􀑛􀑜􀑡􀑡􀑖, Tornare a Messa: un bell’impegno Naturalmente non dimentico il dono grandissimo che è l’Eucaristia, il suo valore per così dire «assoluto». Non dipende da noi, stabilire che cosa è questo dono: lo ha stabilito il Signore Gesù, quando ha dato ai suoi discepoli questo sacramento, quando ha voluto che quella Cena fosse il memoriale perpetuo della sua Pasqua, della sua vita e morte offerte per noi e per la nostra salvezza, e l’anticipazione del banche􀄴o eterno del cielo. Tu􀄴o questo noi semplicemente lo «riceviamo». E però vale sempre il vecchio principio per cui si riceve a misura e secondo le capacità e le condizioni di chi riceve. Ed è su questo che vorrei rifle􀄴ere brevemente con voi, perché anche nel nostro «tornare a Messa» possiamo portare almeno qualcosa di ciò che abbiamo vissuto nei mesi scorsi; e perché, in questo modo, possiamo anche rivedere qualche consuetudine, porci qualche domanda, far sì che il nostro sia un «tornare a Messa» capace di accogliere in modo rinnovato il dono di sempre. A Messa, in minoranza Torniamo a Messa, non dimentichiamolo, so􀄴o l’ombra di polemiche e discussioni. Qualcuno pensa che non avremmo mai dovuto smettere di celebrare la Messa con i fedeli, qualcun altro dice che è ancora presto per riprendere a celebrare…

E, in mezzo, ci sono state e probabilmente ancora ci sono posizioni diverse, a volte anche tensioni, discussioni ora più pacate, ora più accese. Una cosa è assai probabile: torneremo a Messa e saremo, nella migliore delle ipotesi, la minoranza che eravamo anche prima del lockdown. Alla Messa domenicale partecipa regolarmente, a essere molto o􀄴imisti, un quarto dei ba􀄴ezzati: il 20 %, forse, della popolazione italiana. L’emergenza sanitaria, con tu􀄴e le sue tribolazioni, ha ricondo􀄴o qualcuno alla fede: potremmo vedere in chiesa qualche volto inaspettato. Qualcuno, ancora timoroso, aspe􀄴erà ancora un po’ di tempo, prima di farsi rivedere in chiesa: rispe􀄴iamo anche questo sentimento. Di certo non vedremo più i volti amati di tanti nostri anziani, che sono state tra le vi􀄴ime più numerose dell’epidemia. Credo che nell’insieme rimarremo, con qualche variazione, quella minoranza che già eravamo. Qualcuno (anche noi vescovi…) si è lamentato, anche rumorosamente, quando a fine aprile si è parlato di riapertura di centri sportivi, centri massaggio e simili… e per la Messa?

Ah, non ci abbiamo pensato, bisognerà a􀄴endere… È stato forse anche giusto lamentarsi di questa disa􀄴enzione, ma dobbiamo essere onesti: Le􀄴era alla diocesi per la ripresa delle Messe con i fedeli 3 alla maggior parte degli italiani, ba􀄴ezzati compresi, la Messa non è la cosa che interessa di più! Ci vorrebbe troppo spazio, per entrare nelle ragioni per le quali la Messa interessa solo una minoranza: neppure saprei individuarle tutte, queste ragioni. Però mi chiedo se non c’entri anche il fa􀄴o che noi che ci andiamo facciamo poi molta fatica a mostrare, a􀄴raverso la nostra vita di credenti, perché si dovrebbe «andare a Messa». Facciamo fatica a mostrare quella forza trasformante dell’Eucaristia, di cui parlano molti testi liturgici, che spesso sentiamo (anch’io, vescovo…) un po’ distra􀄴amente. Trasformàti in Gesù Cristo

La partecipazione all’Eucaristia – cito a caso solo qualche riga dei testi di questi giorni del tempo pasquale – dovrebbe essere «fonte di perenne letizia»; dovrebbe spingerci a cercare «Dio sopra ogni cosa»; a portare in noi «l’immagine del Cristo crocifisso e risorto»; dovrebbe farci cercare «con tu􀄴e le forze il regno dei cieli» e renderci annunciatori dell’amore di Dio nel mondo; dovrebbe trasformarci in «autentici testimoni del Signore risorto», fare di noi degli «operatori della pace che Cristo ci ha lasciato come suo dono»; dovrebbe «farci cooperare nella libertà e nella concordia» al regno di giustizia e di pace che viene da Dio, farci camminare «nella via della giustizia e della pace»… Si potrebbe continuare, ma penso che l’idea si chiara. «Andare a Messa» significa lasciarsi raggiungere dalla forza trasformante dell’amore di Dio, che ci è rivelato in particolare nella Pasqua del Signore Gesù, ci è «consegnato» nell’Eucaristia e diventa operante in noi per la forza dello Spirito. L’espressione più sintetica di questo dinamismo la trovo in una delle orazioni del Messale che si dicono dopo la comunione: «La comunione a questo sacramento sazi la nostra fame e sete di te, o Padre, e ci trasformi nel Cristo tuo Figlio, che vive e regna nei secoli dei secoli». «Trasformarci in Cristo»: a questo punta, né più né meno, il nostro «andare a Messa».

E trasformarci in modo che traspaia in noi anche il suo agire, il suo operare, testimoniato in tu􀄴i i Vangeli. Trasformarci in modo che di ciascuno di noi che è stato a Messa si possa dire che è «un altro Cristo», alter Christus, perché «Cristo vive in me» (cf. Gal 2, 20). Basterebbe questo, per far «tornare a Messa» anche tu􀄴i gli altri, la grande massa dei ba􀄴ezzati, o per convertire qualcuno? Non è un problema di cui dobbiamo preoccuparci. Ma lasciarci a􀄴raversare sul serio dalla forza trasformante dell’Eucaristia, perché si formi in noi il Cristo 4 D. G􀑖􀑎􀑛􀑜􀑡􀑡􀑖, Tornare a Messa: un bell’impegno (cf. Gal 4, 19) – o, per lo meno, si formi in ciascuno di noi un autentico suo discepolo – questo sì, dovrebbe preoccuparci. Qualche domanda per rifle􀄴ere Nella nostra concreta situazione, quali potrebbero essere alcune espressioni di questa a􀄴enzione, di questa disponibilità a entrare nella «trasfigurazione» che l’Eucaristia vorrebbe operare in noi? Provo a indicare qualche pista un po’ più concreta, anche se offrirò domande su cui rifle􀄴ere, più che risposte pronte all’uso. – «Tornare a Messa» ci chiederà di so􀄴ostare ad alcune limitazioni, di osservare alcune precauzioni, forse anche un po’ fastidiose. Cosa succederà se in chiesa possono trovare posto cinquanta persone, e se ne presentano sessanta, se􀄴anta? Dovremo litigare per la precedenza, creare fra di noi livori e amarezza?

O sapremo dar prova di quella carità reciproca, di quella sopportazione vicendevole, di quel cercare l’interesse dell’altro prima che il mio, che sono i segni della carità di Cristo, che appunto l’Eucaristia vuol far crescere in noi, e in questo spirito collaborare tu􀄴i insieme alla ricerca della soluzione migliore? – Torneremo a Messa per ascoltare insieme quella Parola di Dio che (forse) nei mesi scorsi abbiamo imparato ad ascoltare un po’ di più nelle nostre case, in famiglia. Il ritorno alla Messa ci aiuterà a non disperdere ciò che abbiamo ricevuto nelle passate se􀄴imane? A custodire l’ascolto della Parola e la preghiera in famiglia e personalmente? E, naturalmente, a essere non solo ascoltatori di questa Parola, ma credenti che cercano di praticarla, per non illudere noi stessi (cf. Gc 1, 22)? – Celebrando la Messa, presenteremo a Dio il pane e il vino, «fru􀄴i della terra e del lavoro dell’uomo», perché ce li restituisca, ma trasfigurati nella pienezza del dono di Cristo. E come potremo allora, uscendo dall’Eucaristia, offrire ai nostri contemporanei, nella crisi che ancora stiamo a􀄴raversando, una parola sommessa ma convincente su modi nuovi di vivere il nostro tempo, di affrontare l’impegno del lavoro e le sfide dell’economia, di rispe􀄴are la terra e l’ambiente, di praticare il riposo e la festa…? – Torniamo a Messa, perché quello è anche il «luogo» privilegiato in cui affidare a Dio i nostri cari che hanno a􀄴raversato la soglia della morte, pensando ai tanti ai quali non abbiamo potuto offrire che un rapido saluto di affe􀄴o e di preghiera…

Ma con quale orizzonte di speranza lo faremo? Con quale a􀄴esa di una «vita eterna», più forte della morte? E come potremo fare per testimoniare che noi, per il presente e per il futuro, «non siamo tristi come gli altri che non hanno speranza» (1Ts 4,13)? Le􀄴era alla diocesi per la ripresa delle Messe con i fedeli 5 – A Messa potremo ancora una volta, con sguardo di fede, «riconoscere il Corpo di Cristo» (cf. 1Cor 11,29) nell’Eucaristia, adorarlo, nutrircene… Ma saremo capaci di fare, al tempo stesso, quell’altro indispensabile «riconoscimento», quello che ci fa vedere e «toccare» il Cristo nella «carne» del fratello, del malato, dell’indigente, del carcerato, dello straniero (cf. Mt 25,31e ss.)? Noi che condividiamo il pane del cielo, sapremo anche condividere il pane di questa terra e i beni di cui disponiamo, pensando anche alla crisi drammatica che la nostra società sta a􀄴raversando? – Torniamo a Messa per partecipare del Corpo di Cristo a􀄴raverso la comunione sacramentale. Ma rischiamo sempre di fermarci a una dimensione troppo individualistica e devozionale di questa partecipazione. Sapremo ricordarci che al Corpo eucaristico di Cristo corrisponde quel suo Corpo che è la Chiesa?

E che l’Eucaristia ci è data per edificare il Corpo di Cristo, con la varietà dei doni dello Spirito? E che per fare questo l’a􀄴enzione deve volgersi prima di tu􀄴o a quei membri che sembrano i più insignificanti, i più ai margini, i più trascurati (cf. 1Cor 12, 22-26)? Tornare a Messa: un bell’impegno Potrei continuare, ma credo di avervi dato un’idea di ciò che mi sta a cuore. È un invito a capovolgere, almeno un po’, l’approccio. A non pensare soltanto: «Finalmente possiamo tornare a Messa!»; ma a pensare: «Torniamo a Messa… è un bell’impegno!». E non tanto per quell’ora scarsa che passeremo in chiesa, osservando tu􀄴e le necessarie precauzioni: ma perché la partecipazione alla Messa ci impegna alla conformità con il Signore Gesù Cristo, e con la sua vita offerta al Padre per la salvezza del mondo. Ma è un bell’impegno: un impegno bello, perché ci fa entrare – prima di tu􀄴o grazie al dono di Dio – in ciò che dà senso alla vita, perché la rende partecipe del dinamismo dell’amore di Dio che crea, redime, perdona e salva, l’amore del Dio che è il Vivente e senza pentimento dà la vita. Arrivederci a Messa, dunque: lieti e riconoscenti per il dono di Dio, aperti e disponibili a lasciarci seriamente trasformare da questo dono, perché Cristo viva in noi e il suo Spirito rinnovi noi e tu􀄴o il mondo. Crema, 14 maggio 2020

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