“Azer l’impronta di Dio. Un monastero nel cuore della Siria” – Centro Culturale Cremasco Stefan Wyszynski

“Azer l’impronta di Dio. Un monastero nel cuore della Siria” – Centro Culturale Cremasco Stefan Wyszynski

Domenica 3 marzo 2024 alle ore 17.30 presso la Sala Alessandrini di Crema il Centro Culturale Cremasco Stefan Wyszynski organizza l’incontro “Azer l’impronta di Dio. Un monastero nel cuore della Siria”. Interverranno Marco Pippione, curatore della mostra presentata al Meeting di Rimini 2023, e Alberto Mazzucchelli, progettista del monastero di Azer.

Un piccolo segno che rimanda a una grande Presenza. Un monastero abitato da cinque suore trappiste e intitolato a Maria, fonte della pace. Sorge sulla collina di Azer, in Siria, vicino al confine con il Libano, in una zona rurale abitata da sunniti e sciiti con due piccoli villaggi cristiani. Nel 2005 sono arrivate in quattro – tutte italiane- dal monastero cistercense di Valserena (Pisa) per raccogliere l’eredità dei confratelli di Tibhirine, rapiti e uccisi nel 1996 in Algeria, e tenere vivo il carisma cistercense in terra araba. Nel 2017 le ha raggiunte una quinta consorella, angolana. La costruzione del complesso, avviata nel 2008, dovrebbe concludersi definitivamente alla fine di quest’anno, ma il luogo è diventato da tempo un’oasi di pace e di bellezza in un Paese martoriato.

Sono stati anni difficili, questi: la guerra in Siria dal 2011 è costata più di 500 mila morti, enormi devastazioni e l’esodo di milioni di persone; nel 2020 è arrivato il Covid, nel 2022 un’epidemia di colera, l’anno scorso il terremoto. C’era più di un motivo per andarsene, ma le monache non sono mai venute meno alla loro vocazione di presenza orante e operosa, testimoniando il Vangelo e tessendo legami di amicizia con la popolazione, fatta di musulmani e cristiani. Con l’aiuto delle maestranze locali hanno continuato a costruire il monastero, trasformando una collina incolta in un piccolo paradiso fiorito e coltivato, hanno scavato un pozzo e installato pannelli solari per dare acqua ed energia ai villaggi intorno: per la gente del posto sono ormai «le nostre suore».

 

 

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