Le canzoni del cuore di chi Sanremo lo ama a prescindere

Le canzoni del cuore di chi Sanremo lo ama a prescindere

Non solo le poltroncine dell’Ariston sono vuote quest’anno, ma anche quelle dei salotti cremaschi o dei tavolini di qualche locale, che si prestavano ogni volta a diventare i luoghi di ritrovo degli ormai storici gruppi d’ascolto nostrani.

Chiudo quindi il viaggio, tra il musicale e il proustiano, tra le canzoni di Sanremo più vive nel cuore e nei ricordi dei nostri concittadini, con coloro che il Festival lo amano sempre e a prescindere, probabilmente quest’anno più che mai.

Iniziamo con i ricordi outsider (quelli più noti li trovate nella nostra prima puntata ndr) di Emanuele Mandelli: “Per i Festival di cui sono stato spettatore diretto cito due outake ‘Oppio’ (1983) di Sibilla e “Campid’atterraggio’ (1987) dei Chiari e Forti. Pezzi mitici di Sanremo, di cui invece sono stato ascoltatore a posteriori ‘Gianna’ di Rino gaetano, ‘Barbara’ di Enzo carella, ‘A me mi piace vivere alla grande’ di Franco Faragliulo e ‘Contessa’ dei Decibel. Per le edizioni di prima che nascessi sarebbero troppi i brani mitici per citarne solo alcuni”.

Proseguiamo con tre ricordi al femminile: Giovanna Mantica, ironica animatrice dei salotti social sul Festival e, ricordiamolo sempre, ideatrice del nome Sussurrandom, resta fedele alla vera essenza storica e simbolica di Sanremo: “Sarebbero mille le “mie” canzoni da citare, ma ti dico ‘Volare- Nel blu dipinto di blu’ (1958) di Domenico Modugno, perché è una canzone senza tempo, senza età e regala una leggerezza bella e rara di cui tutti abbiamo bisogno”.

Altra grande animatrice dei gruppi social in tema, Michela Mombelli, in arte Mimì, non mostra indecisioni: “Non ci devo pensare nemmeno un secondo, la mia preferita è senza dubbio ‘Almeno tu nell’universo’ (1989), perché è oggettivamente la più bella che si sia mai sentita in 70 anni sul palco del Festival, dolce e delicata, come solo il cuore di una grande donna può essere. Potendo nominare anche il mio personale secondo posto, scelgo ‘Chiamami ancora amore’ (2011) del grande prof Roberto Vecchioni”

Non potevamo farci mancare il pensiero di colei, che più di tutti, il Festival da anni lo vive dal vivo, nelle magiche atmosfere della cittadina ligure vestita a festa e che quest’anno è costretta a goderselo dal divano, ma non per questo meno entusiasta e appassionata: “D’istinto direi ‘Storie di tutti i giorni’(1982) di Riccardo fogli, perché è stato il primissimo Festival che ho seguito da bambina e, affascinata da questo evento, poi non ho più smesso! Attraverso anche (fedele al mio animo romantico) tutti i brani “strappacore”, da ‘Perdere l’amore’ di Massimo Ranieri a ‘Chiamami ancora amore’ di Roberto Vecchioni, alla recentissima “Fai rumore’ di Diodato, e li cito anche in perfetta rima festivaliera! Se però devo fare una scelta sola, ti dico ‘Occidentali’s karma’ (2019) di Francesco Gabbani, perché la sera della finalissima di quell’anno, ho realizzato il sogno di essere non solo a Sanremo, ma dentro l’Ariston. E poi è un brano che nel suo significato mi si addice” Con i ricordi della giornalista sportiva Federica Daverio, terminiamo il nostro racconto che, grazie a tutti voi, ha mostrato ancora una volta  come il Festival sia musica e costume, ma anche, fortemente, tradizione e società e soprattutto emozioni.

Mi permetto solo, in un personalismo finale, di citare quella che è la mia canzone del cuore del Festival, ‘Fiumi di parole’ (19979 dei Jalisse, di cui sentii la proclamazione di vittoria via radio, mentre in auto percorrevo una dei viali a me più cari, quello che costeggia il mare della Versilia. E poi, oltre il piacere del ricordo di quel momento giovanile perfetto, perché il primo posto di ‘Fiumi di parole’ ci insegna che possiamo avere trionfi inaspettati, ma da soli non serviranno mai a cambiare le nostre vite.

Grazie a tutti, ci vediamo il prossimo anno!

barbara locatelli

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