Tra i navigatori “buoni” della rete, dall’Alaska alla Patagonia, vi fu grande entusiasmo, perché i giustizieri dell’etere avevano finalmente messo in fila tutti quelli che (a vario titolo) erano ritenuti i malvagi della Terra: con il faccione messo di fronte e di profilo, come previsto dalle schede segnaletiche, erano lì, in rigoroso ordine alfabetico, compreso quel cagnetto rompicoglioni del terzo piano. Potenza d’internet: una strisciata lunga come la circonferenza del pianeta, alla maniera delle figurine Panini, ed eccoli lì gli approfittatori da bastonare. Il layout era esplicito: “O vi pentite (e se è il caso restituite il malloppo alla svelta) e sparite da soli, oppure ci pensiamo noi”.

Per ragioni inversamente proporzionali al gaudio delle masse popolari, si stracciava le vesti per la delusione il signor Fabrizio, impiegato sportellista alle Poste, più volte segnalato dagli utenti come micidiale elemento terminale del potere burocratico. Gravissime le sue colpe: “All’orario prestabilito da contratto chiudeva lo sportello ignorando le richieste delle masse ancora accalcate.” Insomma, per farla breve, teneva fede all’originale derivazione latina del suo nome di battesimo (fabbro) e con la stessa sensibilità che distingue l’onorata categoria artigianale, all’ora segnata dal destino menava un gran colpo di timbro e abbassava la tendina dell’oblò, che recava impressa la temuta parola: “Chiuso”. Si inebriava dei vapori carichi d’odio e di sudore che s’innalzavano fulminei al di là della barriera e quando ne era finalmente saturo azzannava il solito panino con la mortadella sorridendo soddisfatto al soffitto. Va detto inoltre che a seguito delle camionate di minacce ricevute, variava quotidianamente gli itinerari da e per l’abitazione, il cui indirizzo era noto soltanto ad alcuni suoi superiori, loro sì, cazzo, inseriti nell’elenco dei cattivi.

Sussultante in dolorosi spasmi psico-somatici per il torto subito, quella sera affrontò la principale e ancora affollata arteria cittadina, corso Umberto I, incurante di parolacce, sputi e spintoni: però non sempre è lunga la strada verso la conversione e Damasco stava là sul fondo, appena prima del distributore di benzina. Divenne buono, ma talmente buono da interessare i frati francescani, che gli offrirono ospitalità spirituale.

Del malvagio impiegato postale si perse traccia, ma non per la leggenda. Si narra infatti che il Padre superiore, se da un lato chiuse un occhio sulle le ragioni del pentimento, dall’altro intuì che nell’animo del “fabbro” permaneva un substrato di aggressività che non la fede ma, forse, solo la psicologia avrebbe potuto risolvere. Da uomo saggio e pratico decise di risolvere il problema accollandosi qualche penitenza in più: assecondare in termini minimi una natura maldisposta per mistero divino. Fabrizio venne autorizzato a scacciare, cacciare e schiacciare le mosche presenti nel refettorio.

 Beppe Cerutti

 

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