Con due celebri casi relativi alla circolazione di liquori, ma la questione si è ripresentata, ad esempio, nello stesso modo per il cioccolato e per la birra, il principio del “mutuo riconoscimento” è divenuto un punto fermo del sistema della sicurezza alimentare nell’Unione Europea. Ad esso, infatti, bisogna far ricorso per evidenziare le caratteristiche proprie del mercato comune, la cui realizzazione ha avuto da sempre un ruolo centrale nel processo di integrazione europea.

La giurisprudenza cui ci si riferisce è quella rappresentata dalle Sentenze Dassonville e Cassis de Dijon, in cui si afferma proprio il principio secondo il quale gli Stati membri devono accettare i prodotti legalmente fabbricati in un altro Stato membro sulla base di prescrizioni tecniche diverse da quelle nazionali.

Secondo la giurisprudenza successiva al caso Cassis de Dijon, infatti, spetta agli Stati membri, nei casi in cui manchi una disciplina comunitaria, emanare, ciascuno per il proprio territorio, tutte le disposizioni relative alla fabbricazione e alla commercializzazione di un prodotto. Gli ostacoli alla circolazione infracomunitaria derivanti da disparità delle legislazioni nazionali, relative al commercio dei prodotti di cui trattasi, vanno accettati qualora tali prescrizioni possano ammettersi come necessarie per rispondere ad esigenze imperative, attinenti, in particolare, all’efficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute pubblica, alla lealtà dei negozi commerciali e alla difesa dei consumatori. Tuttavia, si devono accettare soltanto quegli ostacoli agli scambi con i quali si persegue una finalità di interesse generale che prevalga sull’esigenza della libera circolazione delle merci, che rappresenta uno dei princìpi del diritto comunitario.

Vi è, altresì, un altro strumento, ossia quello dell’attuazione di una politica di trasparenza e di controllo, che si concilia con il principio del mutuo riconoscimento per la realizzazione e il buon funzionamento del mercato interno.

Per fornire un quadro di riferimento più preciso in caso di allarmi alla sicurezza degli alimenti che hanno scosso l’opinione pubblica, in particolare nell’ultimo decennio, con il verificarsi del caso più eclatante rappresentato dalla diffusione del morbo dell’encefalopatia spongiforme bovina, la Commissione europea ha provveduto alla compilazione di due importanti documenti programmatici, il “Libro verde sui princìpi generali della legislazione alimentare nell’Unione Europea” del 1997 e il “Libro bianco sulla sicurezza alimentare” del 2000.

Ed è stato proprio a partire da quest’ultimo, infatti, che è emersa l’incalzante necessità di istituire una Autorità alimentare europea indipendente con responsabilità particolari sia nel campo della valutazione del rischio sia della comunicazione sulle tematiche relative alla sicurezza degli alimenti.

In Italia la sicurezza alimentare è stata per lungo tempo considerata una categoria specifica, per lo più di natura penalistica, del più ampio diritto alla salute e all’igiene pubblica: esistono, infatti, divieti e norme sanzionatorie tese a punire comportamenti fraudolenti o nocivi e dirette ad assicurare, in via indiretta, la salubrità degli alimenti.

Oggi la sicurezza alimentare non può essere limitata alle sole norme di polizia sanitaria perché non riguarda meri controlli ed ispezioni per verificare l’igiene e la corretta conservazione dei beni: essa è materia propria del diritto pubblico dell’economia.

Invero, allo stato, non esiste un’univoca e puntuale definizione giuridica di sicurezza alimentare.

Per tentare di circoscrivere il campo della mia ricerca, un sostanziale ausilio può essere rappresentato dall’art. 1 del Regolamento n. 178 del 2002, che recita:

“Il presente Regolamento costituisce la base per garantire un livello elevato di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori in relazione agli alimenti, tenendo conto in particolare della diversità dell’offerta di alimenti, compresi i prodotti tradizionali, garantendo al contempo l’efficace funzionamento del mercato interno. Esso stabilisce princìpi comuni e competenze, i mezzi per assicurare un solido fondamento scientifico, procedure e meccanismi organizzativi efficienti a sostegno dell’attività decisionale nel campo della sicurezza degli alimenti e dei mangimi”.

La materia della sicurezza alimentare può avere ad oggetto “le sostanze o i prodotti, trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati, destinati all’assunzione da parte dell’uomo”, fatta eccezione per alcune sostanze, quali il tabacco o i medicinali.

Le principali finalità che attengono alla disciplina amministrativa nell’àmbito della sicurezza alimentare sono almeno cinque e possono sembrare fra loro potenzialmente in conflitto:

  1. assicurare un elevato livello di tutela della salute in generale;
  2. tutelare gli interessi dei consumatori;
  3. garantire la libera circolazione degli alimenti e dei mangimi;
  4. rafforzare l’integrazione e l’armonizzazione normativa fra gli Stati membri mediante una base comune per le misure che disciplinano i prodotti alimentari;
  5. consentire agli Stati membri di contribuire direttamente alla legislazione e all’amministrazione, nonché poter disporre di un’adeguata discrezionalità nel disciplinare tale settore a livello nazionale nel rispetto del principio di sussidiarietà.

Per quanto riguarda la legislazione alimentare si può, senza dubbio, affermare che, per un verso, assume importanza l’intera catena di produzione alimentare e, per un altro, rilevano tutti gli aspetti che abbiano, in qualche modo, incidenza diretta e/o indiretta sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi, laddove per aspetti di incidenza indiretta devono intendersi, ad esempio, l’armonizzazione delle legislazioni e lo sviluppo del mercato unico.

Tali molteplici finalità sono rinvenibili sia in numerose disposizioni del Trattato CE, che costituiscono il pilastro costituzionale della sicurezza alimentare, come anche alcuni peculiari Trattati Internazionali, quali l’Accordo SPS, sia in determinati testi normativi che regolano il settore de quo, quali il Regolamento CE n. 178/2002 o alcune discipline cc.dd. “verticali”, di dettaglio, come la Direttiva n. 1829/2003, riguardante l’autorizzazione al commercio di alimenti geneticamente modificati.

La disciplina concernente il commercio, la produzione e il consumo di beni alimentari è stata, e lo è tuttora, studiata e regolata dalle scienze giuridiche civilistiche, attraverso strumenti privatistici, precipuamente, del diritto agrario.

Ciononostante, nel tempo, tanto le norme igienico-sanitarie quanto la disciplina privatistica e la contrattazione fra privati si sono rivelate insufficienti.

Inoltre, in sèguito ai numerosi recenti progressi tecnologici, lo sviluppo agro-industriale, l’europeizzazione e la globalizzazione del commercio dei prodotti alimentari hanno avvertito la necessità di una regolazione pubblica maggiormente incisiva, diretta a stabilire princìpi e regole comuni, a contemperare i diversi interessi coinvolti e ad evitare conseguenze da market-failures.

È d’uopo avvertire fin da ora, però, che la regolamentazione di questo settore non avviene allo stesso modo nei diversi livelli di governance.

In tale genere di regolamentazione, infatti, si assiste all’intervento di soggetti pubblici e privati, nazionali e ultrastatali, che mettono in atto un’attività ad effetto di governo, generalmente definita “governance”, che può, in sèguito, caratterizzarsi per avvenire a livello globale, comunitario, nazionale o misto.

Recentemente si fa riferimento alla governance per indicare, in particolare, un nuovo stile di governo, differente da quello di controllo gerarchico, perché caratterizzato da un elevato grado di cooperazione ed interazione fra lo Stato e attori non-statuali e all’interno di reti decisionali miste pubblico/private.

L’amministrazione della sicurezza alimentare non riguarda il Governo o le diverse giunte regionali di ciascuno Stato membro, ma coinvolge molteplici poteri: pubblici, nazionali, internazionali e comunitari, che condividono o esercitano congiuntamente le funzioni tipiche del governo di un settore.

La sicurezza alimentare nella politica dell’Unione Europea costituisce una priorità assoluta. Le norme dell’Unione sono state ulteriormente rafforzate e rese più rigorose dopo il 2000, in sèguito alla crisi provocata dalla cosiddetta “mucca pazza” con l’obiettivo di rendere il cibo destinato ai cittadini europei del tutto sicuro.

Il nuovo approccio è integrato: cibo e mangimi sono seguìti passo passo “dai campi alla tavola” attraverso una tracciabilità del prodotto che è imposta dalla regolamentazione e può facilitare il controllo che deve essere esercitato dalle autorità dei diversi Paesi. Le istituzioni comunitarie hanno adottato sistemi che consentono una valutazione dei rischi e si avvalgono della consulenza scientifica di esperti prima di bandire o consentire prodotti, ingredienti, additivi o OGM. Ciò vale per ogni alimento, umano e animale, che proviene dall’interno o dall’esterno della UE. Sicurezza non significa uniformità.

L’UE promuove la diversità basata sulla qualità. La legislazione europea tutela gli alimenti tradizionali e le provenienze geografiche e mette i consumatori nella condizione di poter distinguere i singoli prodotti e di scegliere liberamente tra diverse proposte. L’UE incoraggia gli agricoltori a concentrarsi sulla qualità non solo degli alimenti, ma anche dell’ambiente rurale. Negli ultimi anni l’Unione Europea ha dedicato notevole attenzione al diritto dei consumatori. Le linee guida di questa politica rispondono all’esigenza di consentire al consumatore finale di compiere, di volta in volta, nella selezione dei prodotti, delle scelte consapevoli e di qualità. L’Unione ha proposto alcune tutele per garantire l’origine dei prodotti, ha imposto etichette di identificazione del prodotto, ha pubblicato Pareri scientifici, ha sostenuto le organizzazioni dei consumatori e promosso forme di partecipazione all’elaborazione delle politiche di sostegno al consumo.

La sicurezza alimentare rappresenta uno dei fattori decisivi per il consolidamento stesso dell’Unione. Il solo sospetto che dalla liberalizzazione e dall’estensione dei mercati possa derivare un danno al consumatore, in particolare, per tutto quanto riguarda la sua salute, potrebbe riuscire di notevole ostacolo sia per il successo delle politiche comunitarie sia per il consenso attorno all’idea stessa di Europa, messo in crisi dalle vicende politiche degli ultimi tempi.

Il Regolamento CE n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 stabilisce i princìpi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e fissa le procedure nel campo della sicurezza alimentare.

Il “Libro bianco” sulla sicurezza alimentare sottolinea la necessità di una politica europea che poggi su solide basi scientifiche e si avvalga di un quadro legislativo chiaro e completo. Le istituzioni comunitarie nel proporre una rielaborazione generale della legislazione alimentare intendevano riconquistare la fiducia dei consumatori, scossa dalle ripetute crisi del settore alimentare, associando al processo tutte le parti in causa: il pubblico, le organizzazioni non governative, le associazioni professionali, i partners commerciali e le organizzazioni del commercio internazionale.

La libera circolazione di prodotti alimentari sicuri e sani è un principio essenziale per il buon funzionamento del mercato interno. Le differenze tra le legislazioni del settore alimentare negli Stati membri, talvolta, ostacolano la libera circolazione dei prodotti; pertanto, è necessario definire, a livello comunitario, una base comune per le misure che disciplinano i prodotti alimentari e i mangimi per animali. Per adottare un’impostazione globale e integrata “dai campi alla tavola” la legislazione deve prendere in considerazione tutti gli aspetti della catena di produzione alimentare: a partire dalla produzione, dalla trasformazione, dal trasporto, dalla distribuzione e fino alla fornitura dei prodotti alimentari o degli alimenti per animali. In tutte le fasi di questa catena la responsabilità giuridica del controllo della sicurezza dei prodotti alimentari ricade sull’esercente. Un sistema analogo deve applicarsi agli esercenti del settore dell’alimentazione animale.

La costituzione dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) rafforza l’attuale sistema di supporto scientifico e tecnico. Il suo còmpito essenziale è quello di fornire un aiuto e Pareri scientifici indipendenti e creare una rete in vista di una stretta cooperazione con analoghi enti a livello degli Stati membri.

La legislazione alimentare si prefigge i seguenti obiettivi:

  • protezione della vita e della salute dei cittadini, protezione degli interessi dei consumatori, tenendo conto della protezione della salute e del benessere degli animali, della salute delle piante e dell’ambiente;
  • realizzazione della libera circolazione nella Comunità dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali;
  • presa in considerazione delle norme internazionali esistenti o in fase di elaborazione.

La legislazione alimentare si basa essenzialmente sull’analisi dei rischi, fondata sulle prove scientifiche disponibili. In virtù del principio di precauzione gli Stati membri e la Commissione possono adottare misure provvisorie e adeguate di gestione del rischio, allorquando una valutazione riveli la probabilità che si possano verificare effetti nocivi per la salute o nei casi di incertezza scientifica.

I cittadini devono essere consultati in modo trasparente, direttamente o per mezzo di organismi rappresentativi, nella fase di elaborazione, valutazione e revisione della legislazione alimentare. Quando un prodotto alimentare o un alimento per animali può presentare un rischio le Autorità pubbliche sono tenute ad informare tempestivamente la popolazione circa la natura del rischio per la salute umana o animale.

In sèguito ad allarmanti fenomeni di crisi alimentari, fra cui la diffusione dell’encefalopatia spongiforme bovina, e in rapporto ai timori circa la capacità della legislazione e delle strutture amministrative europee di raggiungere efficacemente gli obiettivi di assicurare un’elevata tutela della salute nel settore del consumo di alimenti e bevande, il 30 aprile 1997 la Commissione europea ha adottato il “Libro verde sui princìpi generali della legislazione alimentare nell’Unione europea”.

Successivamente alla consultazione promossa con il “Libro verde” la Commissione ha adottato il “Libro bianco sulla sicurezza alimentare”, nel 2000, contenente una raccolta ufficiale di proposte di azione comunitaria nel settore alimentare, nonché l’indicazione degli strumenti necessari alla loro realizzazione.

In sèguito a tale consultazione la Commissione ha adottato il Regolamento CE n. 178 del 2002. Tale Regolamento non solo costituisce la principale normativa generale recante princìpi e regole a carattere orizzontale nel campo della legislazione alimentare, ma rappresenta, altresì, la principale fonte legislativa ordinaria, da cui derivano finalità, funzioni, organizzazione e attività dell’amministrazione nel settore de quo.

Il Sistema di allarme rapido viene esteso all’insieme dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali.

Fanno parte di questa rete gli Stati membri, la Commissione che ne cura la gestione e l’Autorità stessa in qualità di membro di tale rete.

Con tale Sistema gli Stati membri trasmettono le informazioni ritenute necessarie alla Commissione, la quale le divulga immediatamente tramite la rete. Tali informazioni possono riguardare:

  • qualsiasi misura mirante a limitare l’immissione sul mercato o ad imporre il ritiro di prodotti alimentari o alimenti per animali;
  • qualsiasi intervento compiuto con esperti del settore, che abbia come obiettivo impedire o regolamentare l’utilizzazione di prodotti alimentari o alimenti per animali;
  • qualsiasi caso in cui un luogo di frontiera dell’Unione Europea abbia respinto una partita di prodotti alimentari o alimenti per animali.

Se riguardano un rischio alimentare le informazioni diffuse nell’àmbito della rete di allarme rapido devono essere messe anche a disposizione del pubblico.

(7-continua)

Donatella Colangione

Laureata in Giurisprudenza ad indirizzo specialistico in Dir. Internazionale a Bari e Dottore di ricerca in Dir. Pubblico a Pavia con borsa di studio sulla sicurezza agroalimentare.

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Info: donatella.colangione@unipv.it

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