Nelle due giornate d’incontro dei Vescovi lombardi al santuario di Caravaggio, il 9-10 gennaio scorsi – alle quali ha partecipato anche  il presidente della CEI, cardinale Gualtiero Bassetti – uno dei temi affrontati è stato il fenomeno migratorio, con l’insieme di problemi che comporta, in particolare a seguito del recente Decreto Sicurezza, convertito in Legge il 1 dicembre scorso, che tende a ridurre questa emergenza a una semplice questione di ordine pubblico.

Al riguardo particolarmente utile ad approfondire la riflessione è risultata la relazione delle Caritas diocesane lombarde, presentata dal delegato regionale Luciano Gualzetti, nella quale viene evidenziato come il tema delle migrazioni non possa essere ridotto al solo aspetto della sicurezza e dell’ordine pubblico.

“L’accoglienza dei profughi – è stato ribadito – aiuta a promuovere comunità accoglienti, che devono essere sensibilizzate al dovere di accoglienza, ma anche a conoscere le cause del fenomeno migratorio e educarsi alla responsabilità di rimuovere le situazioni di ingiustizia e a operare per creare le condizioni per non partire e per poter ritornare nel proprio paese.”

E i Vescovi lombardi, pertanto, nell’invitare “tutti i fedeli a riflettere e a superare reazioni emotive”, incoraggiano le Caritas diocesane a “continuare, in sintonia con la Cei e il magistero di papa Francesco, a sostenere con generosità quegli interventi di integrazione già in atto, tesi alla promozione della giustizia e della dignità di ogni persona”.

Le Caritas lombarde, riferisce Claudio Dagheti vicedirettore di quella di Crema, hanno confermato la necessità di promuovere “opere segno”, che puntino sulla qualità e sulla profezia, come il Progetto di Caritas Italiana Protetto a casa mia, prendendosi a carico i problemi di coloro che sono più fragili ed esclusi dal sistema statale; ma anche di fare scelte profetiche, quale per esempio quella di “ospitare i cristiani perseguitati d’Oriente, come segno di fratellanza e di sostegno a chi ha perso tutto a causa della fede”.

Con specifico riferimento al Decreto Sicurezza hanno sostenuto che “occorre pronunciarsi con una forte critica alla nuova impostazione, che smonta la buona accoglienza”. Assicurando al contempo continuità – anche al di fuori da accordi convenzionali pubblici, fa osservare ancora Dagheti – all’impegno finora assolto con la stessa qualità, integrando con fondi propri i servizi non richiesti ma ritenuti necessari.

L’esperienza conferma l’efficacia dell’ospitalità diffusa, scelta dalla Chiesa, che ora viene smontata dal Decreto.

La nuova emergenza rilevata dalle Caritas diocesane è “l’accoglienza degli scarti di questo sistema: gli allontanati e gli irregolari”.

Ribadiscono pertanto la necessità come Chiesa di “privilegiare l’ospitalità capillare per promuovere nuove relazioni”.

Concretamente, sulla posizione da tenere circa l’ospitalità e la partecipazione degli enti gestori promossi dalle Caritas diocesane ai prossimi bandi, i Vescovi hanno condiviso il criterio di “non allontanare dai posti in convenzione coloro che non hanno più i requisiti: sia regolari – in possesso di permessi umanitari o nuovi permessi speciali – sia irregolari, magari offrendo posti alternativi per non incorrere a inadempimenti della convenzione sottoscritta; continuando a sostenere a proprie spese quegli interventi di integrazione già in atto, tesi alla promozione della giustizia e della dignità di ogni persona”.

Secondo le rilevazioni  “le persone ospitate dalle Caritas e i loro Enti gestori a rischio di perdere il posto nel sistema di accoglienza prefettizio a causa dell’applicazione del Decreto Sicurezza potrebbero essere almeno 500”.

D’altro canto, in ordine alla partecipazione ai nuovi bandi – la cui impostazione prevede un’assistenza essenziale, trascurando di fatto interventi di integrazione e di accompagnamento – le Caritas ritengono indispensabile “valutare se accettare di essere coinvolti in un sistema che assegna all’ente gestore un ruolo che non ci appartiene: di mero controllo e custodia. E che tende, anzi, a espellere o mortificare i percorsi virtuosi come l’ospitalità diffusa, già di per sé più onerosa, richiedendo tali e tanti adempimenti burocratici che renderà impossibile sostenere i relativi costi”. Anche a fronte, sottolinea Dagheti, della “forte riduzione degli importi economici previsti dai nuovi capitolati che passano dai 35 euro – che prima coprivano i costi per: strutture, operatori, pulizia, vitto, beni di prima necessità (lenzuola, vestiti…), servizi di mediazione linguistica e culturale, assistenza sociale, giuridica e sanitaria, corsi di italiano, una tessera di ricarica telefonica all’arrivo, pocket money di 2,50 euro al giorno per il migrante – a 21,35 euro, contando sulla generosità delle comunità locali”.

“A fronte di una situazione sociale incerta e frammentata, dove è più facile coltivare solitudine e angoscia – si legge nel documento diffuso al termine della due giorni caravaggina – i Vescovi lombardi invitano i fedeli delle loro Chiese a essere testimoni di speranza, capaci di segnare questo nostro tempo con significative scelte di profezia evangelica.”

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