Caritas, la pandemia ha accentuato le povertà: +175% di richieste a Crema, la maggioranza sono italiani

Caritas, la pandemia ha accentuato le povertà: +175% di richieste a Crema, la maggioranza sono italiani

La pandemia ha accresciuto anche nel nostro territorio le situazioni di povertà. Nel corso del 2020 il numero dei nuclei familiari che si sono rivolti al Centro di ascolto della Caritas diocesana per accedere ai servizi – emergenza alimentare, fondo famiglie solidali e fondo San Giuseppe lavoratore – è salito a 562 (+175%) rispetto ai 204 dell’anno precedente.

“Di questi – fa osservare il direttore Claudio Dagheti – solo il 47,69% sono stranieri: un dato in linea con il trend degli ultimi anni, che registra a livello nazionale un aumento degli italiani che si rivolgono ai servizi Caritas. Le problematiche maggiori sono economiche (47,23%) e lavorative (43,31%), che vanno di pari passo, anche se c’è una percentuale che ha solo difficoltà economiche per un lavoro non sufficientemente retribuito o con contratti poco tutelanti. Il 23,69% sono persone singole, con o senza figli: dato che attesta che affrontare una difficoltà economico lavorativa in coppia è sicuramente meno complesso, rispetto che da soli, magari anche con figli a carico.”

Ai singoli e nuclei che si sono rivolti al Centro di ascolto di viale Europa vanno aggiunti quelli delle Caritas parrocchiali, che pure si attestano intorno ai 600, rispetto ai 400 del 2019.

“Il servizio mensa – riferisce ancora Dagheti – nel 2020 ha sostenuto 40 persone senza dimora, erogando una media di 20 pasti al giorno. Il dormitorio Rifugio San Martino, gestito da 25 volontari, da novembre ad aprile ha accolto 59 persone per un totale di 1.872 pernottamenti e altrettanti colazioni. Mentre nei 25 posti letto a disposizione alla Casa di accoglienza di via Toffetti sono state ospitate nel corso dell’anno 50 persone. In prevalenza uomini soli, con un’età media che è passata dai 40 anni di qualche anno fa ai 59, non ancora in pensione ma con gravi problemi di salute e non riqualificabili professionalmente.”

Nel maggio dello scorso anno, per espressa volontà del vescovo Daniele, la diocesi ha costituito il Fondo Chiesaconvoi-San Giuseppe lavoratore. Alla dotazione iniziale di 130 mila euro – 50.000 della diocesi derivanti in gran parte dall’8 per mille, 10.000 del vescovo, 20.000 della Bcc di Caravaggio e Cremasco, 10.000 della Banca Cremasca e Mantovana e 40.000 dell’associazione Uniti per la Provincia – si sono aggiunte le donazioni di cittadini, preti e comunità parrocchiali, incrementate nell’Avvento di Carità che ha portato la raccolta a 389.176 euro.

“Un importo – tiene a rimarcare il direttore Caritas – che conferma la generosità dei cremaschi e che ha permesso all’apposita commissione designata dal Vescovo di esaminare, in 36 riunioni, 352 domande pervenute, di cui 169 da Crema, in cui del resto risiede circa la metà della popolazione della diocesi, ammettendone 232.”

“Di queste – aggiunge – 44 hanno avuto accesso al 2° trimestre, 3 delle quali, per le particolari difficoltà, addirittura al 3°, con erogazioni complessive di 272 mila euro; con un tempo medio di risposta di 20 giorni di calendario, che attesta l’efficacia degli interventi.”

In quasi un anno è cambiata la tipologia di chi persone e nuclei familiari che presentano domanda di sostegno nel pagamento di affitto, utenze, mutui, sostegno alla spesa…

“All’inizio – spiega Dagheti – erano molti di più i cosiddetti nuovi poveri, sconosciuti ai servizi Caritas, andati in difficoltà proprio a causa dell’emergenza Covid 19, che pian piano, in parallelo con l’attivazione degli ammortizzatori sociali, hanno lasciato posto a chi aveva situazioni già critiche per lavori precari o perso, che sono rimasti in carico.”

“Molti sono fermi con il lavoro e molti non rientreranno più al loro posto – fa osservare – ponendo il grande tema della riqualificazione. Perché, ad esempio, se uno ha fatto per 30 anni il manutentore in un’azienda che produceva cavi elettrici e lavorava solo con l’export e che ora chiude, quale altra attività potrà andare a svolgere? Ecco perché diventa necessario immaginarsi nuovi percorsi e nuove prospettive, perché allo sblocco dei licenziamenti e degli sfratti il rischio è di trovarci di fronte a una situazione peggiore di quella del 2019.”

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