Carlo Cottarelli alla Scuola di formazione politica ed economica, la sintesi dell’intervento

Carlo Cottarelli alla Scuola di formazione politica ed economica, la sintesi dell’intervento

SCUOLA DI FORMAZIONE POLITICA ED ECONOMICA

ANNO 2022

UN MONDO DA RICOSTRUIRE

 

Martedì  26 aprile

RELATORE: CARLO COTTARELLI

TEMA:

IL PNRR: UN’OCCASIONE PREZIOSA PER DARE AL NOSTRO PAESE UNA SVOLTA E POSSIBILI RISCHI

(a cura di CremAscolta blog)

 

Al 172esimo posto su 180!

 

Un Paese malato.

Malato di burocrazia, di tasse elevate, di giustizia lenta (tutti ostacoli agli investimenti, sia interni che esterni). Malato di evasione fiscale, di lavoro sommerso, di scarsa produttività. Un Paese con un esercito crescente di giovani che né studiano né lavorano (i cosiddetti NEET) e di giovani che scappano all’estero dove trovano migliori opportunità (ben 250.000 nell’ultimo decennio!). Un Paese schiacciato da un debito pubblico gigantesco (un vero e proprio macigno) che gli impedisce di respirare. Un Paese che si trova al 172esimo posto in una graduatoria di 180 in termini di tasso di crescita e con un reddito medio che nel 2019 risultava fermo, in quanto al potere di acquisto, al 1999. Un Paese ingessato, paralizzato, che non riesce a trovare la giusta terapia per guarire. Un Paese che è stato colpito più degli altri partner europei dal ciclone del Covid (che ha provocato un crollo del Pil di quasi il 9%, il livello più basso dalla seconda guerra mondiale). E ora la guerra in Ucraina che complicherà tutto.

 

Un fiume di denaro a disposizione: ben 550 miliardi!

 

Un Paese destinato al declino? Per fortuna l’Europa c’è. E c’è non col suo volto arcigno (attenta allo zero virgola). Un’Europa generosa come non è mai stata: 350 miliardi di euro in due anni (2020-2021) messi a disposizione dalla Bce e quasi 200 miliardi in cinque anni e mezzo dalla Ue con il Piano Next Generation Eu.

Cifre imponenti. La Bce ha effettuato acquisti massicci di titoli di Stato italiani, offrendoci in altre parole un prestito ingente a tasso praticamente zero (senza il quale i mercati finanziari ci avrebbero strangolato). L’Ue, a sua volta, sembra proprio che abbia elaborato il Piano su misura dell’Italia: non solo questa riceve di più, in rapporto al Pil, rispetto agli altri partner, ma, dopo la rinuncia di alcuni Paesi ad accedere ai prestiti Ue (quelli che possono permettersi di indebitarsi a tassi bassissimi presso i mercati finanziari) risulta avere ben un terzo dell’intero ammontare (quasi 200 miliardi su 600). Sarà questo fiume di denaro sufficiente a salvarci dal baratro? Di sicuro, no perché le risorse della Ue vengono erogate solo a determinate “condizioni” (ben 527!) – riforme  e stato di avanzamento degli investimenti. E, poi, ad eccezione di 80 miliardi a fondo perduto, si tratta di prestiti che pur in tempi lunghissimi dovranno essere restituiti e che quindi accresceranno il nostro debito pubblico.

 

La variante elezioni politiche 2023

 

Sono risorse che stiamo meritando? Il nostro Piano (il Pnrr – la declinazione italiana del Next Generation Eu) elaborato dai governi Conte e Draghi è nel complesso buono. Qualcosa, è vero, non risponde alle aspettative del Paese, a partire da un eccesso di finanziamenti destinato a delle “cose” rispetto alle “persone” (80 contro 20 per cento) – pensiamo, ad esempio, che solo 1 miliardo è destinato ogni anno al cosiddetto Piano Amalfi per la ricerca contro i 5 miliardi necessari; nel piano poi c’è troppa carne al fuoco e quindi il rischio è quello di fare tante cose e male; un terzo delle risorse, infine, sarà gestito dagli enti locali i quali non sempre e non in ogni area del Paese hanno dimostrato di essere adeguati a tale compito. Ecco perché è legittimo sollevare dubbi sull’applicazione. Non dimentichiamo che il super-bonus del 110 per cento ha incentivato sprechi. Non troviamo pressoché nulla per il contrasto all’evasione fiscale e al lavoro sommerso. Va aggiunto, tuttavia, che l’incidenza del Pnrr sulla spesa pubblica annuale è minima (30-35 miliardi ogni anno su una spesa pubblica di 930 miliardi circa: c’è spazio quindi per programmare interventi che non rientrano strettamente nel Piano in questione.

Tutt’altro che irrilevante, inoltre, è la variante elezioni politiche del 2023: il nuovo governo considererà ancora il Pnrr come una priorità, oppure, per soddisfare settori di opinione pubblica, prenderà provvedimenti sulla scia di quota 100 e del reddito di cittadinanza?

E, infine, di fronte a una decrescita demografica (che è partita nel 2015) e quindi alla necessità di aumentare la produttività pro-capite, riusciremo a invertire la rotta e ad allinearci con i Paesi più avanzati? È il caso, tra l’altro, di ricordare che l’Italia non ha una strategia né per affrontare il problema demografico in generale, né il problema di un’immigrazione regolare.

 

 

 

 

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