Possiamo disturbarla?
“Ma certo. Sempre a disposizione per i giovani che hanno sete di sapere. Ditemi pure”
Insomma giovani. Siamo oramai oltre ai 40. Lei è morto a soli 46 anni.
“Ma si erano altri tempi. La mia salute era cagionevole. E oggi poi la sanità ha fatto passi da gigante. Insomma io mi trascinai per un anno una malattia non ben identificata presa a Firenze e portata a termine a Roma”.
Insomma Vailati, possiamo parlare d’altro? Di filosofia ad esempio. Lei sosteneva una cosa particolare: che il filosofo dovrebbe evitare l’uso di un linguaggio tecnico specialistico, ma dovrebbe usare il linguaggio che la filosofia adotta in quelle aree in cui è interessata.
“Ma si è inutile avvoltolarsi su dei paroloni tecnici se non si riesce a parlare al cuore delle persone. Presumo che oggi tutti i filosofi usino questo stratagemma per le loro lezioni”.
Insomma tra sanità e filosofia vedo che il panorama moderno le sfugge.
“Ma no. Mi creda. Vedo benissimo quelli che amano affogarsi nelle parole per nascondere il nulla. Anche nella mia città che crede. Ad esempio…”.
No fermo li che mi crea il caso diplomatico. Lo sa che nella Città Giocattolo tutti devono parlare bene di tutti. Tutto è bello, tutto è perfetto.
“Insomma. Non lo era nel 1900 non lo è oggi mi lasci dire. La cultura cosiddetta alta è lascata in mano a tromboni inamidati che glieli raccomando. Ad esempio…”.
Vailati faccia il bravo, vuole davvero farmi litigare con qualcuno.
“Ma mio giovane amico. Dovrebbe sapere che io, pur se con grande tatto, ho sempre cercato di distinguere tra significato e verità. Qui cito me stesso:la questione di determinare che cosa vogliamo dire quando enunciamo una data proposizione, non solo è una questione affatto distinta da quella di decidere se essa sia vera o falsa”.
E va bene. Ma dopo essere arrivato a questa enunciazione lei sviluppò un un pensiero positivista moderato, sia nella scienza che nella filosofia. Si vuole togliere tutti i sassolini dalle scarpe adesso?
“Posso citare ancora me stesso?”.
Prego, faccia pure.
“La tattica adottata dai pragmatisti in questa loro guerra contro l’abuso delle astrazioni e delle unificazioni consiste, come è noto, nel proporre che, anche nelle questioni filosofiche, come si fa sempre in quelle scientifiche, si esiga, da chiunque avanzi una tesi, che egli sia in grado di indicare quali siano i fatti che, nel caso che essa fosse vera, dovrebbero, secondo lui, succedere (o esser successi), e in che cosa essi differiscano dagli altri fatti che, secondo lui, dovrebbero succedere (o essere successi) nel caso che la tesi non fosse vera”.
Non ho capito.
“Ma come? Avete così imbarbarito il linguaggio. Da una parte gli articolacci di cronaca nera dall’altra i filosofi che pontificano. Voglio dire che ho tutti i dati per sostenere la mia tesi: che la mia città oggi sia in mano a pochi nomi, sempre i soliti, e che ci sia un immobilismo socio culturale pauroso”.
Che fa ammicca? Lei sta ricominciando. Cambiamo discorso. E’ soddisfatto della via che le hanno dedicato? Bottesini che abbiamo incontrato prima di lei mica tanto.
“Ma si. E’ carina e ombreggiata. E poi ci sono talmente tanti Vailati nella Città Giocattolo, la chiamate così vero…”
Che centra con la via.
“No divagavo. Si a me va bene. Mi dimenticarono per anni dopo la morte che avere una piccola via nella mia città mi sembra già una gran cosa. Sa che ho scritto in vita 200 saggi e non ho pubblicato nulla?”.
Lo so putroppo. Ci sarebbe voluto il self publishing che oggi permette a tutti di pubblicare.
“Ecco lei mi provoca. Nella nostra piccola città quanti scrittori inutili ci sono? Gente che non ha nulla da dire e scrive libri su libri. Come ad esempio…”
Ad esempio Mandelli?
“Ma si anche lui. Ma come alla fine il nome lo fa lei?”
Eh va beh ma al massimo questo se si incazza scrive boiate in rete.
“Ma si ma oltre lui soprattutto…”
Vailati arrivederci è stato un piacere.