Rotary, Pierantonio Frare ha onorato il bicentenario della morte di Napoleone con una lezione sul Cinque Maggio

Rotary, Pierantonio Frare ha onorato il bicentenario della morte di Napoleone con una lezione sul Cinque Maggio

Non sono sfuggiti al Rotary Club Crema il bicentenario della morte di Napoleone e quello della scrittura de “Il Cinque Maggio”, da parte di Alessandro Manzoni (1821-2021). A ricordare la vicenda storica e l’opera letteraria è stato chiamato il Prof. Pierantonio Frare, Docente di Letteratura italiana all’Università Cattolica di Milano, che è riuscito, mirabilmente, a riappassionare i soci all’’ode manzoniana, studiata in un tempo, ahimè, ormai, lontano.

> Napoleone muore il 05 Maggio e Manzoni scrive l’ode tra il 16 e il 18 Luglio; la notizia, infatti, viene pubblicata sulla Gazzetta di Milano – che la riprende da un giornale inglese – il 16 Luglio: quello intercorso è il tempo impiegato dalla nave, salpata da Sant’Elena, ad approdare in Inghilterra. Inoltre, il 16 Luglio, Manzoni non era a Milano ma a Brusuglio, quindi ne viene a conoscenza il giorno dopo. Dalla Gazzetta di Milano ricava alcune interessanti notizie: l’imperatore aveva chiesto – prima di morire – di avere presso di sé “un dotto teologo, in stato di discutere punti di religione, di rispondere alle Sue domande, di togliere i Suoi dubbi, di leggere con Lui la Sacra Scrittura… Non stava tanto male per chiamare i soccorsi della Chiesa ma ricordava che Voltaire stesso, nei Suoi ultimi momenti, si gettò nelle braccia della religione”. Questa notizia circa la “morte cristiana” di Napoleone non poteva non colpire il Manzoni: Napoleone era colui che aveva, di fatto, imprigionato il Papa e, specie all’inizio, proibito la religione cattolica; era stato un forte anticlericale, poi aveva ammorbidito la Sua posizione ma aveva sempre voluto assoggettare la religione all’Impero. E Manzoni pare aver scritto quest’ode in uno stato di esaltazione – pregando la moglie di suonare continuamente al pianoforte mentre scriveva – e fu rapidissimo – la compose in tre giorni -, Lui che era uso correggere molto, scrivere e riscrivere. Vi era, tuttavia, un problema: nei domini austriaci era vietatissimo parlare di Napoleone, vigeva una censura ferrea. Manzoni stesso racconta a un Suo amico: “sono ricorso a un artificio. Prevedendo la proibizione da parte della censura austriaca, ho fatto fare due copie (de ‘Il Cinque Maggio’) dal mio fattore…e le ho presentate tutte e due alla censura, giacché vi era un’antica legge – mandata in disuso – la quale disponeva che si dovessero presentare due copie di ogni manoscritto da pubblicare; ho sperato – come infatti avvenne – che una delle due mi venisse restituita con divieto di pubblicazione e l’altra sarebbe rimasta in mano a qualche impiegato della censura che l’avrebbe fatta vedere”. Andò così e il manoscritto de “Il Cinque Maggio” girò per tutta Europa. A Manzoni fu rifiutata la pubblicazione ma Lui risultò non responsabile perché non era la Sua copia a essere girata. La prima stampa avvenne in Germania ed ebbe un successo straordinario in tutta Europa: a fine 1822, in traduzione a opera niente meno che di Goethe; il massimo intellettuale al mondo di allora, prende l’ode del Manzoni, se la traduce e la pubblica sulla Sua rivista. Poi, nel 1823, fu pubblicata anche in Italia, a Torino, nello Stato sabaudo dove, a differenza dell’Austria, si poteva…e poi altrove.

Venendo all’ode, il problema che si pone è quello di quale giudizio da il Manzoni di Napoleone – positivo o negativo? -, perché nell’ode sembra che Lo esalti, ma il giudizio era sempre stato negativo, da parte Sua. Qui – come per il Foscolo – è ambiguo, ambivalente: Napoleone è un tiranno, ha fatto morire milioni di persone, però ha spazzato via i vecchi regimi, quindi Manzoni Gli è grato perché ha rinnovato l’assetto sociale italiano e consentito che nascessero i primi germi di ciò che stava da sempre a cuore a Manzoni: libertà, indipendenza e unità d’Italia. Poi, però, ha impedito tutto ciò, mettendosi a governare l’Italia, diventando un tiranno e massacrando molta gente. A questo punto, come si può scrivere un’ode su Napoleone? A chiarirlo è la lettura proprio de “Il Cinque Maggio”: c’è la Fede che arriva e si colloca sul Suo letto e Lo accompagna; anzi è Cristo stesso che scende dalla Croce e si posa sul letto di Napoleone, il che significa che – nell’intenzione di Manzoni – Napoleone è salvo. Ma allora il giudizio sulla Sua vicenda storica è positivo? E i milioni di morti da Lui causati, e l’invasione della Spagna, e la tirannia in Italia, e la campagna di Russia, e la morte di mezzo milione di francesi…non hanno peso? È ancora la lettura dell’ode che aiuta a capire. Napoleone ricorda tutte le Sue belle avventure, la meraviglia, la bellezza della guerra. Ma la guerra è bella? Per Manzoni no. Ed ecco che Napoleone – che cerca di ricordare gli aspetti della guerra bella, vittoriosa, splendida, veloce, senza sangue, fango, morte, dolore – non ce la fa, Gli si presenta davanti il dolore che aveva accantonato e cade straziato, “disperò”. La disperazione spesso è l’anticamera del suicidio. C’è in Napoleone l’idea del suicidio; ma trova la forza di non farlo perché, dopo la disperazione, viene forte, valida una mano dal cielo. Lo strazio, la disperazione inducono in Napoleone una riflessione che Lo porta a pentirsi. Tutta l’ode è piena di riferimenti, di rimandi alla Divina Commedia, al Canto XI del Purgatorio, in cui si parla dei superbi, ma dei superbi pentiti. Napoleone è un superbo, perché ha voluto essere come Dio: “Ei si nomo’” … Ma è un superbo pentito. A questo punto, proprio per il fatto di essersi pentito, per Manzoni può essere perdonato, tant’è che si rivolge alla Fede così: “rallegraTi, perché mai un’altezza più superba di Lui si inchinò al disonore della Croce”. AccogliLo, quindi: il più superbo di tutti si è inchinato alla Croce. Da ultimo, una considerazione: a dare il titolo all’ode è una data (Il Cinque Maggio), come per altro, sempre in Manzoni, in ‘Marzo 1821’. Il 05 Maggio è la data in cui muore Napoleone. Ma, nella teologia cristiana dei Santi, la data della morte è la data in cui si festeggia la nascita a una nuova vita. Quindi, non si tratta di un’ode in morte, di un epicedio, ma di un’ode in nascita, di un genetliaco. Il senso è che persino un peccatore come Napoleone può essere salvato dalla misericordia di Dio, se si pente.

Napoleone, in quest’ode, diventa il primo dei grandi convertiti di Manzoni. Si pensi all’Innominato, ai canti XX e XXI de ‘I Promessi Sposi’. Napoleone e l’Innominato sono uguali: forti, energici, violenti, superbi, senza vie di mezzo, desiderosi di comandare, di essere sopra tutti;

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