Short Story, alla maniera di Guccini

Short Story, alla maniera di Guccini

La generalessa ebbe un sussulto ma si mantenne salda: “Cazzo!”

 

Professor Werther Malabrocca

Ripara cristalli di Boemia

 

Carta intestata, di grana fine. E di seguito, in bella calligrafia: “Vorrei poterti ribaciare, dagli occhi fino alla più intima natura. Tuo Werther, per sempre.”

Controllava la corrispondenza della sue figliole fin dal periodo dell’adolescenza ché lì, ben lo sapeva, il passaggio dalla platonicità infantile ai primi pruriti puberali era cosa seria.

“Screanzati!”

Iniziò ad analizzare la questione. Werther, innanzi tutto: un porco! Come tutti, del resto, anche se travestito da filosofo. Accomodato sulla “bergère” del salotto, si schermiva: “Finalmente liberi da se stessi perché l’età insegna, o almeno dovrebbe insegnare, potrebbero dire e fare quello che vogliono. Ma gli uomini timidi non cambiano: sognatori velleitari che si rodono l’anima per non essere stati capaci di guardare negli occhi una donna. Le donne timide, forse, abbassano gli occhi per amore.”

“Bastardo!”

Ma che la primogenita si concedesse a simili volgarità… Ciò era intollerabile! S’impose di esaminare l’argomento con la massima freddezza e con una visione delle cose a 360 gradi, compresi eventuali fattori ereditari paterni.

Il caso volle che mentre si apprestava a simile riflessione, sotto le finestre del palazzo passasse un stornellatore impertinente che reclamizzava la fiera mercato di San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna.

Accordo di chitarra e voce:

“Anca mè, quand’a l’era giuv’nassa,

oilì  oilà…
A’ n’ò ciapé di bi pzulon , com’ eren béii, com’ eren bòn
A’ n’ò ciapé di bi pzulon , com’ eren béii, com’ eren bòn…”

La generalessa arrossì, perché una inattesa certezza le aveva trafitto la mente: aveva capito come si riparano i cristalli di Boemia!

Beppe Cerutti

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