Short story, prendere

Short story, prendere

Quando ci conoscemmo vibrarono i vetri delle abitazioni circostanti. Intendiamoci, nessun clamore manifesto all’esterno, solo una tale intensità di pensiero convergente che ci lasciò nudi prima ancora di aprire bocca. Le puntai la pistola alla tempia e dissi, senza preamboli: A go vœûia de ti. Mi premette alla gola una lama sottile, breve e affilata: Anca mì, màlnàtt. Nel corso degli anni che seguirono dovemmo ricorrere, parecchie volte, alle cure dei medici per farci ricucire le ferite, ma quando i servizi sociali ci inviarono un giovane psicologo di sostegno gli puntammo contro le nostre primigenie armi d’assalto: “Figliolo, in amore non bisogna mai dispiacersi di nulla.”  Si mise a piangere e finimmo con l’adottarlo, ma siamo consapevoli che non è come noi. È disarmato e fin troppo ben educato, almeno per i nostri gusti: lui non prende, chiede.

Beppe Cerutti

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