Tarantasio, il mostro del Lago Gerungo diventa un Consorzio di Pro Loco

Tarantasio, il mostro del Lago Gerungo diventa un Consorzio di Pro Loco

Si chiamerà Consorzio Tarantasio la nuova associazione nata dall’unione delle forze delle Pro Loco della Gera d’Adda e dell’Alto Cremasco. Una realtà che unirà le associazioni operanti in diversi comuni del cremasco: Palazzo Pignano, Pandino, Rivolta, Spino d’Adda e Agnadello.

Ma chi era Tarantasio? Del nostro draghetto  re dei loghi  abbiamo gia parlato, racocntando che ha ispirato ad esempio il logo dell?Agip. Ma qual’è davvero la storia del mostro del Lago Gerundo? La troviamo raccontata in maniera egregia su www.cicap.org.

 

Che cosa si nascondeva veramente nelle acque di questo lago lombardo oggi scomparso? Benché al giorno d’oggi non ne esista più alcuna traccia, se non nella storia dei sedimenti geologici e nelle antiche toponimie, il territorio lombardo attualmente compreso tra la parte meridionale di Bergamo e il nord di Cremona era in passato il bacino di una vastissima area acquitrinosa formata dalle esondazioni dei fiumi Adda, Oglio, Serio, Lambro e Silero, conosciuta con il nome di lago (o mare) Gerundo. Le testimonianze storiche più antiche circa la sua esistenza sembrano risalire all’epoca romana, tramite alcuni accenni contenuti nelle opere di Plinio il Vecchio, ma le informazioni più significative sono datate al 1110 d.C. e provengono dal monaco Sabbio, che parla di torri dotate di anelli per l’ormeggio delle barche, le cui rovine sono sopravvissute sino ai nostri giorni. Particolarmente interessanti da un punto di vista criptozoologico risultano essere le numerose testimonianze e aneddoti inerenti a misteriose creature che ne infestavano le acque, alle quali la tradizione popolare diede il nome di “draghi”. Generalmente descritti come grandi animali serpentiformi dall’alito pestifero, erano sicuramente considerati ben più di una leggenda dalle popolazioni che abitavano le coste del Gerundo, basti considerare che gli abitanti di Calvenzano eressero delle mura alte tre metri e lunghe quindici chilometri per proteggersi dalle sortite del mostro lacustre che si credeva vivesse in quella zona e che la contrada principale del paese, a ricordo della vicenda, era chiamata “via della biscia”.

 

Qui tutta la storia

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