Alcune problematiche evidenti della globalizzazione del diritto pubblico sono:
- la “multidimensionalità” o “multifinalità” della sicurezza alimentare può produrre uno “sconfinamento”, meglio definito, come un effetto di spill-over da un interesse all’altro;
- l’indirizzo politico spesso, per determinate materie, è stabilito a livello internazionale da funzionari governativi che non rispondono né direttamente ad un Parlamento né, tanto meno, ad una collettività di cittadini;
- l’ordinamento globale o internazionale, pur presentando istituti e princìpi unitari, risulta ancora frammentato e frammentario in alcuni settori. Si affermano, ad esempio, princìpi comuni con riferimento al giusto procedimento e alle garanzie formali cui sono tenute le amministrazioni, ma, de facto, questi si esplicano con modalità attuative anche molto differenti a seconda del diverso regime di riferimento. Il regime che l’Accordo SPS impone agli Stati membri, per esempio, non coincide con quello cui è tenuto il Codex;
- il nuovo rule of law o principio di legalità, che comprende il diritto extra-nazionale e le valutazioni tecniche, può, pertanto, risultare inadeguato nei riguardi di una inefficiente o imparziale regolazione di determinati settori o per l’insufficienza e l’incertezza della tecnica o per la rigidità del diritto;
- l’accrescere delle esigenze di uniformità e di armonizzazione può provocare soltanto mere rotture e/o sovrapposizioni, in taluni casi, senza operare una reale integrazione. Infatti, a fronte di un’armonizzazione delle regole non corrisponde un’armonizzazione della società, soprattutto, perché princìpi e diritti di valore costituzionale non sono condivisi dai governati.
LA SICUREZZA ALIMENTARE: COMPARAZIONE FRA STATI UNITI, FRANCIA E SPAGNA
La sicurezza alimentare è un argomento di enorme importanza sanitaria, sociale ed economica che interessa tutti i cittadini, nessuno escluso, perché tutti (adulti, bambini, anziani, persone in buona salute, malati, immunocompromessi), tutti i giorni, sono consumatori di alimenti e bevande.
Le numerose e purtroppo ricorrenti emergenze sanitarie che in questi ultimi anni hanno interessato il settore alimentare sono molteplici: dalla encefalopatia spongiforme bovina, più nota come “mucca pazza”, ai “polli alla diossina”, dall’influenza aviaria ai microrganismi patogeni quali, ad esempio, la salmonella e la listeria monocytogenes, più volte riscontrati in alcuni alimenti di utilizzo comune, fino ai più recenti casi di trichinellosi e tossine ad azione paralizzante nei mitili, solo per citarne alcuni tra i più noti.
Tali emergenze hanno creato allarme fra i consumatori e fortemente diminuito il loro livello di fiducia nella sicurezza degli alimenti presenti nei circuiti commerciali e sull’efficacia delle attività di prevenzione e controllo effettuate dalle aziende alimentari sui propri prodotti e dalle stesse Autorità sanitarie di controllo con ovvie e pesanti ripercussioni negative sul mercato dei consumi.
Nel nostro Paese l’obiettivo di garantire al consumatore alimenti sicuri è sempre stato presente nei programmi degli organismi della sanità pubblica di controllo e delle stesse aziende alimentari e se oggi, nonostante l’aumento delle garanzie offerte, si parla così spesso di “sicurezza alimentare” è certamente perché è maggiore, rispetto al passato, la sensibilità dei consumatori su questo tema.
I consumatori, tuttavia, devono essere responsabilmente e correttamente informati sul fatto che, analogamente a quasi tutte le altre attività umane, anche in questo settore non esiste il “rischio zero” e che, nonostante l’attuazione di tutte le misure di prevenzione poste in essere da parte delle aziende alimentari e delle attività di controllo sanitario preventivo e repressivo, operate dalle Autorità sanitarie a tutela della salute dei cittadini, anche il consumo di alimenti comporta un certo livello di rischio, ossia un certo grado di probabilità per quanto solitamente basso grazie alle attività di prevenzione, che determinati rischi – generalmente rappresentati da contaminanti di natura biologica, quali: batteri e loro tossine, virus, parassiti, contaminanti chimici o ambientali rintracciabili negli alimenti – possano concretamente manifestarsi e provocare un danno alla salute del consumatore nella forma di malattie di origine alimentare.
La stessa globalizzazione dei mercati alimentari, che consente alle aziende di importare materie prime, semilavorati e alimenti pronti per il consumo da Paesi comunitari o extracomunitari, può costituire di per sé un fattore di rischio in assenza di adeguate garanzie sanitarie fornite all’origine.
Sicurezza alimentare non significa garantire l’assenza di rischi, ma porre responsabilmente in atto tutte quelle azioni necessarie a ridurne l’impatto sui consumatori non solum attraverso modifiche e controlli accurati dei processi di produzione degli alimenti sia da parte delle aziende alimentari sia delle Autorità sanitarie competenti, sed etiam mediante una informazione corretta e trasparente che metta il consumatore nella condizione di compiere scelte consapevoli e, allo stesso tempo, finalizzata anche a modificare i comportamenti non cònsoni dei consumatori stessi relativi tanto alla manipolazione e conservazione domestica dei cibi quanto agli stili alimentari.
Autorevoli fonti bibliografiche concordano, infatti, nell’indicare che nell’ambiente domestico si produce quasi la metà degli eventi epidemici di tossinfezioni alimentari.
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